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Cronache
Crollo ponte Genova, bufera Benetton: la Borsa e la rete condannano Autostrade

I Benetton nella bufera. Alla notizia del crollo del viadotto Morandi a Genova, il titolo Atlantia, ovvero la società di famiglia che controlla "Autostrade per l’Italia" è parallelamente crollato perdendo prima il 10 per cento, per poi chiudere a fine contrattazioni in ribasso del 5,39% a 23,54 euro, bruciando oltre 1,1 miliardi di capitalizzazione.

Conseguenze di una tempestività inquietante, dunque, malgrado dal luogo della disgrazia ancora non giungano notizie definitive sulla causa del cedimento né sul numero effettivo di vittime.

Ma se "Autostrade per l'Italia" finisce nell'occhio del ciclone finanziario e perde terreno in Borsa, la famiglia Benetton diventa al tempo stesso oggetto di un autentico linciaggio in rete.

Sui social network tiene banco infatti una vera e propria "rapsodia" di insulti e ingiurie ai danni dei Benetton, accusati da molti utenti di "aumentare le tariffe e i pedaggi", senza tuttavia "investire in manutenzione, con le sciagurate ripercussioni alle quali stiamo tutti tristemente assistendo".

Nel mirino, ovviamente, c'è anche la risposta data da Giovanni Castellucci, ad di "Autostrade per l'Italia", al Gr1 subito dopo il crollo del viadotto Morandi: "Non mi risulta che il ponte era pericoloso e che andava chiuso. Autostrade per l'Italia ha fatto e continua a fare investimenti". Al giornalista che insisteva facendo notare che da anni il ponte era considerato da chiudere in quanto ritenuto pericoloso, Castellucci ha rincarato: 'Non mi risulta ma se lei ha della documentazione me la mandi". Risposte che hanno soffiato sulle fiamme della già esacerbata indignazione sul web.

Molti invocano a gran voce la revoca della licenza, "prima che succedano altri disastri simili o ancor più gravi", altri si spingono oltre chiedendo che vengano "indagati per strage" o per "omicidio plurimo colposo".

I più ferrati in Storia, su Twitter o Facebook, chiamano in causa i personaggi politici "che li hanno favoriti", ovvero Romano Prodi e Massimo D'Alema, colpevoli delle "privatizzazioni selvagge che hanno distrutto l'Italia" in primis quella delle autostrade. 

Autostrade che, alla famiglia Benetton, hanno effettivamente portato molta fortuna. Da un articolo del Fatto Quotidiano scritto da Fiorina Capozzi nell'agosto 2017, apprendiamo infatti che "solo nel 2016, i ricavi da pedaggio di Atlantia sono ammontati a 4 miliardi. Per non parlare del fatto che, ogni anno, a gennaio arrivano puntualmente i rincari dei pedaggi in teoria giustificati dagli investimenti dei concessionari sulla rete autostradale. Negli anni, le autostrade si sono confermate una gallina dalle uova d’oro per i Benetton che le hanno acquistate a prezzi stracciati dallo Stato".

“Il caso della vendita in blocco della Società Autostrade" asseriva dal canto suo Niki Vendola in un'interrogazione parlamentare del 2003, "ha garantito ai nuovi proprietari (Benetton) un enorme potere di mercato e una posizione monopolistica grazie all’estensione ultradecennale della concessione”.

Una condizione privilegiata che, oggi, con il crollo malaugurato del ponte Morandi, è finita con la famiglia Benetton sul banco degli imputati allestito dalla rete e dei suoi inferociti utenti, ben più spietati del Mercato stesso, che l'ha prontamente (e fortemente) penalizzata.

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