Diciotti, i migranti fuggiti restano da noi. La distribuzione? Una favoletta
I migranti resteranno da noi. Misteriosi e irraggiungibili
La favola della distribuzione fra CEI, Irlanda e Albania dei 144 "naufraghi" della Diciotti aveva, come le bugie, le gambe corte. Anzi cortissime. È già inciampata nella scomparsa - guai a chiamarla fuga, per carità! - di una cinquantina di loro. I primi. Altri seguiranno.
Fuga per dove? I distributori di favole, quali troppo spesso sembrano i giornali e le tivù di regime, fanfalucano di desiderio di andare a ricongiungersi con i parenti in Germania. Ma l'ipotesi non è credibile. Per andare in Germania bisogna passare per la frontiera austriaca o quella slovena, attraverso le quali filtrano solo i migranti con status di "rifugiato politico" già riconosciuto e certificato. Non è il caso di questi desaparecidos, che l'asilo lo hanno richiesto, forse, ma non ancora ottenuto.
Dunque resteranno da noi. Misteriosi e irraggiungibili. Stamattina, a Milano, sul tram numero 1 un giovanotto nero, altissimo, magrissimo, con pizzetto nero, rassomigliante tanto alla figura tipica dell'eritreo, con uno scarsi inglese ma ben vestito, mi ha chiesto dove fosse piazza Firenze. Mi è venuto un sospetto. Ma me lo son tenuto per me. Non c'è nulla di più confuso, illogico, autolesionistico della normativa migranti in Italia. Pazzesco avventurarvisi. Si può finire nel faldone di qualche procuratore.
La scomodissima verità è che questi disperati finti naufraghi, finti rifugiati, finti derelitti, fanno benissimo il loro mestiere. Affamati e malati, torturati e miseri, dolenti e preganti finché non mettono piede a terra: terra italiana, ovviamente. Dopo di ché, trascorsi tre o quattro giorni, si tolgono la maschera e non si presentano, anzi spariscono, ben forniti di soldi, ben equipaggiati di smatphones, perfino ben vestiti. Un tempo eravamo noi maestri nell'arte del finto mendicante. Ora i giovani africani ci hanno rubato il mestiere. Complimenti per come lo esercitano. Onore all'arte.
Siamo invece noi a non saper fare il mestiere di italiani, come per esempio i francesi fanno quelli di francesi, gli austriaci di austriaci, i tedeschi di tedeschi. Siamo noi che tergiversiamo in eterno pur di non mettere subito leggi, norme, regole chiare e univoche. Regole pensate non per fare beneficenza all'universo mondo, ma per difendere con reale efficacia gli interessi e la vita dell'Italia e degli italiani: per esempio riducendo stupri, spaccio, rapine.
Siamo noi che, ridicolmente divisi fra buonisti e cattivisti, stolidamente incaprettati dalle nostre stesse leggi - che diventano strumenti di propaganda politica e di esercizio ideologico in mano a politici, sociologhi, magistrati, opinionisti - ci facciamo tutte le volte infinocchiare. E invece di prendercela con chi ci ha ridotti e ci mantiene in queste condizioni, ce la prendiamo - sbagliando - con chi fa i propri interessi benissimo, da consumati attori, senza sbagliare una mossa o una battuta. Come gli agonizzanti "naufraghi" della Diciotti.
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