Dissesto idrogeologico, Ispra: "La Campania tra le regioni più a rischio"
Sono Salerno e Genova le province italiane con il maggiore numero di edifici a rischio frane. Lombardi: "La politica stenta ad adottare interventi decisivi"
Non solo Veneto, Sicilia e Lazio, anche la Campania è tra le regioni più a rischio idrogeologico. I dati Ispra dell’ultimo monitoraggio di quest’anno sono infatti estremamente allarmanti: il 60,2% del territorio regionale campano è a rischio frana, contro una media nazionale del 19,9%. Il 19,6% presenta un livello di pericolosità da frana elevato o molto elevato (più del doppio della media nazionale: 8,4%). Un problema, dunque, che interessa 302.783 residenti, 116.115 famiglie, il 5,6% del totale. Soltanto la Val d’Aosta, in tutta la penisola, presenta livelli di pericolosità superiori (81,9%). E tra le province più “a rischio”, sempre secondo l’Ispra, Avellino e Salerno, con, rispettivamente, il 23,3% e il 22,5% del territorio. Salerno e Genova sono poi le province italiane che presentano il numero più elevato di edifici a rischio frane. Il quadro è davvero preoccupante: 90.789 edifici in Campania sono in zone a rischio molto elevato ed elevato (P3 e P4), l’8,6% del totale (dato Italia: 550.723 edifici 3,8% del totale). A Caserta il 5,7% (12.089), a Benevento l’11,2% (11.096), a Napoli 16.032 (13,1%) a Salerno 19.373 (12,8%). Eppure, secondo una denuncia di FederCepiCostruzioni, a fronte di una situazione così palesemente preoccupante, la politica stenta ad adottare interventi incisivi: rispetto al 2015, in Campania appena 11 km quadrati sono stati messi in sicurezza, con un miglioramento della rischiosità di appena lo 0,1%. Secondo l’organismo dei costruttori, “questi dati, ma anche gli ineluttabili costi di ripristino successivi agli eventi drammatici patiti, dovrebbero essere di monito ed insegnamento: negli ultimi dieci anni il Paese ha dovuto spendere oltre 40 miliardi di euro. Negli ultimi tre anni la media annua di spesa per il ripristino dei danni si è attestata a 7,5 miliardi l’anno. Tralasciando il dolorosissimo tributo in termini di vite umane, davvero pesante: trenta soltanto nell’ultimo anno”.
Per la Federazione nazionale delle costruzioni le opportunità per porre fine a questa “mattanza della natura, tutta imputabile all’incuria dell’uomo, al disinteresse, ma anche all’inefficienza della politica”, esistono e vanno sfruttate adeguatamente.
“Nella sola programmazione Por-Fesr 2014-2020 le risorse che, a vario titolo, possono essere appostate su interventi di mitigazione del rischio idrogeologico ammontano ad oltre 1,4 miliardi (tra Asse 10 per lo sviluppo urbano sostenibile, Asse 6 per la tutela e la valorizzazione del territorio, e Asse 5, specifico per la prevenzione dei rischi naturali ed antropici)”, afferma il presidente Antonio Lombardi. “Ma siamo ormai ben oltre la metà di quella che dovrebbe rappresentare la fase attuativa del programma. Ad appena due anni dalla scadenza, occorre una tempestiva e vigorosa accelerazione delle procedure affinché ai programmi ed ai progetti (ove esistenti) conseguano finalmente cantieri ed opere. Quanto accaduto in Veneto ed in Sicilia sia da monito in una regione come la Campania che presenta addirittura livelli di rischio superiore alle aree interessate dalle recenti calamità
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