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Cronache
Dossieraggi, Veneziani: "Il potere non ha un nome. In passato aveva un volto"

Cosa nasconde il caso dossieraggi: una riflessione sul potere e sulla nostra "falsa democrazia"

Dopo le tante ore di audizione dei procuratori Melillo e Cantone in Commissione Antimafia e al Copasir, Affaritaliani intervista Marcello Veneziani, scrittore, filosofo e giornalista, autore tra gli altri dello splendido Vico dei miracoli. Vita oscura e tormentata del più grande pensatore italiano.

Vico che nel luogo comune sarebbe il filosofo dei corsi e ricorsi storici, degli avvenimenti che in forme diverse ciclicamente si ripresentano. Sembra di essere piombati nell’attualità

Dossieraggi, le propongo un ragionamento sul potere, oggi

Non possiamo entrare nella vicenda

Mi sembra che nel nostro tempo il potere abbia molte teste…

Sì, con molte teste, ma in realtà non sappiamo, sono congetture

Perché?

Perché se crediamo di avere la soluzione siamo complottisti (ride). Se non crediamo, neanche a parlarne. In ogni caso brancoliamo nel buio. Sono diventato un po' refrattario ad affrontare il tema

Voglio dire: il potere ha sempre spiato gli uomini importanti del proprio tempo. La storia ne è piena. Richelieu spiava i potenti del suo tempo. Anche Roma spiava i propri senatori. Ma che potere è questo?

Il problema è che non sappiamo che tipo di potere sia.

Mi sembra un potere senza una testa di comando, di vertice intendo

Non sappiamo se è un contropotere, se è un potere economico, se è solo un potere giudiziario

Ogni tanto ne esce una...

Stiamo davvero brancolando nel buio. Vediamo, col delinearsi del caso, se si riesce a capire...

Anche in passato abbiamo sentito di vicende simili, ricordo la cronaca del Sifar, Pio Pompa e altre storie di dossieraggi

Solo che all'epoca forse c'era una precisa delineazione dei poteri, diciamo così.

Pensatore del nostro tempo, più volte Veneziani si è interrogato sul potere. Di recente ha aperto sul quotidiano La Verità una riflessione su quello contemporaneo, mettendo a confronto il trattamento inferto a Navalny con quello al creatore di Wikileaks Assange.

Veneziani: “Da una parte c’è una vera autocrazia, dall’altra parte c’è una falsa democrazia. La morte di Alexei Navalny e la vicenda di Julian Assange possono essere sintetizzate in questo modo un po’ brutale. Da una parte un regime autoritario, erede della storia sovietica e zarista, viene accusato della morte di un dissidente, detenuto nelle sue prigioni e verosimilmente ucciso. Dall’altra, una democrazia liberale, che ha tanti scheletri nell’armadio, perseguita un giornalista, in carcere da anni, che ha portato alla luce pagine vergognose della storia americana, crimini di cui dovrebbe vergognarsi un Paese che fa la predica umanitaria al mondo”. Ma le contraddizioni del regime putiniano così come quelle del sistema Occidentale dovrebbero aprire una riflessione sull’Europa come una propria cultura, non egemonizzata da quella statunitense.

Veneziani: “Con la stessa franchezza però dico: se critico l’Occidente, non vivrei mai sotto un regime come quello russo. O cinese, o islamico. Tanto per chiarirci. Preferisco denunciare a vuoto le miserie dell’Occidente, ma restare qui, piuttosto che patire i regimi autocratici e dispotici dell’Asia o del Medio Oriente. E ringrazio la sorte di essere italiano e di vivere in Italia, pur avendo un giudizio assai critico sul nostro Paese. Dovrebbero avere l’onestà di dirlo tutti i critici radicali dell’Occidente e del nostro Paese”. E ancora: “I crimini americani denunciati da Assange dimostrano che esiste ancora un giornalismo libero di cui l’Occidente dovrebbe essere orgoglioso. Intanto accontentiamoci di rilevare, che benché incarcerato e ricercato, perlomeno Assange è vivo e invece Navalny è morto. Ma poi dobbiamo affrontare tutto il resto”.

In tutto il resto oggi c’è anche un sistema di dossieraggi e spie in Italia, scenario inquietante che sembra condizionare nell'ombra la nostra “falsa democrazia” e la vita pubblica.

 

 

 

 

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