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Cronache
La politica cavalca un dossieraggio che non esiste
MELILLO E CANTONE

Dossieraggio, la politica cavalca un'onda che non esiste. Ecco perchè

“Dossieraggio”, ma andando anche un po’ più in là con la fantasia si potrebbe parlare di “spionaggio”. Questa l’accusa gravissima mossa negli ultimi giorni in particolare al sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia Antonio Laudati e al tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano, che avrebbero sfruttato proprio le banche dati investigative per ottenere notizie riservate e informazioni su centinaia di persone, politici, vip, uomini dell’imprenditoria e non solo. Un elenco lunghissimo, si parla di oltre 800 accessi abusivi e di 300 profili “attenzionati”. 

LEGGI ANCHE: Dossieraggio: la procura di Roma indaga su presunte accuse mosse a Gravina

Ma siamo sicuri che si possa parlare di “dossieraggio”? Il termine è complesso, e descrive una raccolta di informazioni riservate fatta su commissione e a fini ricattatori. Tutti elementi che, allo stato dell’arte, risultano mancanti in quella che già viene ribattezzata “inchiesta di Perugia”. Manca, fino a prova contraria, una vera e propria “commissione”, un mandante in sostanza. Finora la procura non ha spiegato quali siano le motivazioni che hanno spinto all’azione Striano, che inviava le informazioni raccolte ad altre persone tra cui un investigatore privato, un amministratore di condominio e tre giornalisti del "Domani": Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine.

Dai primi accertamenti, inoltre, non sembra sia una questione di soldi, perché nessuno degli indagati è accusato di corruzione. Lo stesso procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, e il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, hanno accusato Striano, Laudati e i tre giornalisti a vario titolo “solo” di falso, accesso abusivo a sistema informatico e abuso d’ufficio. Un’altra cosa che non si sa è quanti siano effettivamente gli accessi al sistema informatico.

Se si passa, poi, all’analisi degli elementi conosciuti, anche in questo caso è improprio parlare di “dossieraggio”. È vero, infatti, che l’accesso sarebbe avvenuto senza i necessari presupposti investigativi o motivazioni tali da giustificare la ricerca di quelle informazioni, ma non basta. In primo luogo perché l’arco temporale dei presunti reati contestati, precisamente dal 2018 al 2022, depone in senso contrario a uno schema contingentato e, quantomeno, finalizzato a un ricatto degli attenzionati. E, anzi, pare dare adito alla tesi per cui il passaggio di informazioni fosse diretto a… informare, appunto, con la pubblicazione dei dati raccolti e non già il loro sfruttamento per altri scopi.

L’unico dossier, si legge oggi sui giornali, per colpire e incastrare qualcuno, sarebbe quello realizzato contro il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina. Un corposo documento inviato alla procura di Roma, che ha aperto un fascicolo. Ma dietro al presunto dossieraggio contro Gravina si sospetta, anche in questo caso, l’interesse del presidente della Lazio, Claudio Lotito, a mettere in cattiva luce il presidente della Federcalcio. Una vicenda, insomma, che poco si sposerebbe con il presunto “disegno criminoso” di sabotaggio del governo. Viene il sospetto, allora, che si tratti di un fuoco di paglia. Che però sta incendiando gli animi, a iniziare da quelli della politica: c’è chi parla di “dossieraggio da dittatura sudamericana”, chi evoca lo spettro di uno “spionaggio illegale di stampo sovietico”. Paroloni e proclami che hanno un effetto dirompente sull’opinione pubblica, ma che si pongono in contraddizione con quello spirito garantista professato in lungo e in largo relativamente a vicende personali.

C’è poi un ultimo, ma non meno importante aspetto, da considerare: i giornalisti del "Domani" sono accusati di accesso abusivo e rivelazione di segreto anche se la Costituzione e le leggi italiane garantiscono a giornali e giornalisti la possibilità di pubblicare qualsiasi informazione nell’esercizio del diritto di cronaca, purché questa sia vera, di interesse pubblico e presentata entro certi limiti di continenza formale (in relazione al modo in cui viene scritta). Il direttore del "Domani", Emiliano Fittipaldi, ha scritto che i suoi giornalisti sono tutti indagati per “una sola cosa: aver fatto bene il proprio lavoro, che è quello di trovare buone fonti, ottenere notizie segrete sui potenti di pubblico interesse, verificarle e infine pubblicarle”.

La storia è ancora tutta da scrivere. La parola nel frattempo passa al procuratore di Perugia Raffaele Cantone e il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, che hanno chiesto di essere ascoltati in merito a questa inchiesta dal CSM, dalla commissione nazionale antimafia e dal Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che ha il compito controllare dall’esterno le attività dei servizi di intelligence e di verificare che siano svolte nel rispetto delle leggi e degli interessi nazionali.

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