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Cronache
Droni ko. Piaggio Aerospace verso Leonardo? Ma è una soluzione industriale?

I droni italiani vanno ko ma qualcuno spera di salvarli con i soliti soldi pubblici.

Piaggio Aerospace, azienda di produzioni aeronautiche, a novembre ha presentato istanza al Ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) per accedere alla procedura di amministrazione straordinaria (la cosiddetta Legge Marzano), considerato lo stato di insolvenza della società.

 

Con l’aria di crisi nera alle porte (ci era già stato un salvataggio in precedenza) a dicembre sono comunque arrivati gli stipendi ai lavoratori che operano nelle sedi di Villanova d’Albenga (Savona) e Genova. Per i circa 1200 addetti di Piaggio Aerospace e il suo know how il Mise ha nominato Vincenzo Nicastro Commissario straordinario. La società è in stato di insolvenza su richiesta del fondo degli Emirati Arabi Uniti Mubadala che l’aveva acquisita nel 2014, interessata allo sviluppo di un aereo di pattugliamento leggero e di attacco. A Mubadala l’operazione è costata, dicono gli addetti ai lavori, circa 1 miliardo di euro fino a che gli arabi hanno deciso di chiudere i rubinetti. Ma ancora più rilevante è il debito che è rimasto alla società e che ammonta al 30 settembre a circa 618 milioni di euro. Il governo italiano aveva preso l’impegno informale ad acquistare da Piaggio Aerospace un nuovo modello di drone, per una commessa da 766 milioni di euro, l’operazione però non è andata buon fine. A fronte di questo acquisto, gli Emirati avrebbero comprato tanti mezzi, portando nelle casse di Piaggio 1,5 miliardi in varie trance. Ma il decreto che doveva avallare l’operazione si è inabissato portando poi Mubadala a decidere di non investire più capitali. Un tecnologia, secondo gli esperti, comunque non del tutto competitiva tanto da stare con le proprie gambe sul mercato, come quella americana e israeliana.

 

Così anche quando lo stato di crisi è diventato pubblico il governatore della Liguria Giovanni Toti ha scartato le sollecitazioni dei sindacati girando la palla a Roma dicendo: “Il tema è di Governo. Il ministro Di Maio e i Cinque Stelle ci devono dire se intendono confermare quell’investimento di oltre 750 milioni di euro su Piaggio o intendono ritirarlo assumendosene la responsabilità, le chiacchiere per il resto stanno a zero”.

 

Dopo l’interessamento del governo, visto che parliamo di un settore strategico e di circa 1200 famiglie coinvolte, è entrata in pista Leonardo, società ex Finmeccanica e che vanta nei confronti di Piaggio Aerospace crediti per 115 milioni di euro da poco ristrutturati.

 

Gira che ti rigira il futuro di Piaggio Aerospace dovrebbe garantirlo sempre lo Stato, prima con una commessa ora con Leonardo, l 'azienda italiana che si occupa di difesa, sicurezza e appunto aerospazio. 

L’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro ne è presidente, nominato dal governo Letta e confermato da Renzi e Gentiloni. L’Ad è Alessandro Profumo. Leonardo ha come principale azionista proprio il Mise che ne possiede il 30% delle quote, il dicastero al cui vertice c’è Luigi di Maio. Il resto delle azioni è detenuto da investitori privati ma istituzionali con una minima quota in mano a piccoli privati.

 

A giugno gli stabilimenti di Leonardo di Pomigliano D’Arco, città di Luigi Di Maio, ha potuto accogliere la visita del vicepremier grillino che ha visionato gli stabilimenti proprio con De Gennaro e Profumo. Ma al di là della prammatica in Leonardo la politica pesa ed ha pesato sempre, come lo si è notato anche ad ottobre con la nomina dell’ex magistrato ed ex presidente della Camera Luciano Violante a presiederne la neo costituita Fondazione. Compito: “raccontare la cultura industriale del Paese”.

 

Finmeccanica è cresciuta grazie alla privatizzazione e al suo piano industriale, così Leonardo, come ogni azienda di successo controllata dallo Stato. 

Per adesso non è noto quale sia il nuovo profilo industriale di Piaggio Aerospace, visto che quello delineato in precedenza si è dimostrato disastroso o fortemente condizionato dalle scelte politiche, né come la sinergia con Leonardo possa dare buoni frutti (né è nota l’eventuale ristrutturazione del piano industriale, se c’è).

Leonardo è anche quotata in Borsa e da novembre ad oggi ha visto il proprio titolo oscillare tendenzialmente verso basso. Una possibile acquisizione potrebbe dare ossigeno ai lavoratori sul breve periodo ma risultare un problema sul medio, soprattutto se ci si lancia in un salvataggio d'emblée, senza cioè immaginare profondi cambiamenti. C’è infatti da chiedersi quanto sia possibile che una società, seppur dal profilo strategico, che non è riuscita a stare sul mercato privato con le proprie gambe possa senza un piano industriale straordinario diventare competitiva. 

Oppure lo diventa semplicemente perché viene salvata dallo Stato?

 

 

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