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Cronache
Escort per clienti fidati nell'azienda del sesso: 50 ragazze a disposizione

Con il loro sistema avevano portato il modello Carinzia nel Veneto Orientale: una struttura aziendale basata sul sesso a pagamento. Minacce, costrizioni e abusi, qui, non avevano nulla a che fare, a differenza di quanto accade nel mondo della prostituzione da strada. Le ragazze che lavoravano in questi due club di San Donà e Quarto d'Altino, l'Arabesque e il Game Over, erano parte integrante dell'impresa.

Dipendenti (perché loro un contratto regolare di assunzione, pur ovviamente sulla carta per altre mansioni, ce l'avevano) con delle provvigioni in base al loro successo sul campo (ovvero: quanto piacevano e quanto erano richieste dai clienti) che permetteva loro di arrivare a stipendi intorno ai 7/8mila euro al mese. C'è una piccola differenza, però: in Austria si può, in Italia no, come stabilisce la legge Merlin. E così, la squadra mobile di Venezia, ha eseguito ieri cinque ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip David Calabria su richiesta del pm Federica Baccaglini per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione nei confronti degli organizzatori e gestori delle due case a luci rosse. Per le ragazze, invece, nessun provvedimento dal momento che la prostituzione in sé non è reato. In carcere sono finiti due fratelli di Jesolo, Matteo e Federico Vendramello, 40 e 44 anni. Ai domiciliari Michaela Hobila, romena di 35 anni, addetta alla logistica per le giovani prostitute, Lorenzo Borga, 70 anni di San Donà e Ugo Bozza, 66 anni di Portogruaro, a renderlo noto è IlGazzettino.it

VECCHIO VIZIO 

Il Gazzettino.it nel far luce luce sulla vicendea sottolinea come alcuni di loro, Matteo Vendramello e Borga, sono una vecchia conoscenza delle forze dell'ordine, Dieci anni fa, nel 2009, i carabinieri del nucleo investigativo li avevano arrestati per gli stessi reati. Identico il copione, identiche le accuse. Non solo: persino uno dei due locali, il Game Over, è lo stesso di dieci anni fa (solo che allora aveva un altro nome, Cikala Club).

A distanza di due lustri, quindi, avevano deciso di riprovarci. Il gruppo gestiva una cinquantina di ragazze (tutte romene tra i 18 e i 35 anni) che a turno frequentavano i due locali. Due night club, sulla carta. All'interno, però, si poteva andare ben oltre il balletto o lo spogliarello. L'INDAGINE Gli uomini della seconda sezione della squadra mobile ci hanno lavorato per alcuni mesi. Ad avviare l'inchiesta, un esposto anonimo che segnalava una presunta attività illecita. Stando a quanto accertato dalla polizia, i circoli erano frequentati da persone di ogni età e fascia sociale. Durante la perquisizione, ieri mattina, gli agenti hanno trovato anche una corposa scorta di preservativi, ennesima riprova (già confermata comunque dagli appostamenti e dalle intercettazioni telefoniche dei mesi scorsi) che in quei due club il sesso fosse la principale occupazione.

Funzionava così: il cliente contattava il titolare, come spiega Ilgazzettino.it, o all'ingresso o, se era uno della schiera dei fedelissimi con una telefonata. A quel punto, prenotava ragazza e prestazione, che principalmente era legata al tempo. Mezz'ora, 150 euro, e a salire fino a due ore. Ben inteso: le ragazze potevano rifiutare l'incontro con il cliente. Se non volevano intrattenerlo, nessuno le costringeva a proseguire. In ogni caso, i titolari (i Vendramello, il più delle volte) cercavano di convincerle a portare a casa il lavoro. Le modalità di prostituzione erano tre: o all'interno del locale, nel privè, in albergo o a domicilio (del cliente). I ricavi venivano poi suddivisi, quindi, tra la squillo e il gestore, che intascava una percentuale tra il 50 e il 70 per cento. «Proprio per questo motivo tra i reati contestati non c'è solo il favoreggiamento ma anche lo sfruttamento della prostituzione - spiega il capo della squadra mobile di Venezia, Giorgio di Munno - un'indagine sviluppata sia con i metodi tradizionali, osservazione e appostamento, e un'attività tecnica di intercettazioni che ha permesso di blindare le accuse che hanno portato alle ordinanze di custodia cautelare. Le ragazze? Erano tutte d'accordo, l'obiettivo comune era il profitto. E i guadagni, considerando il volume d'affari, erano decisamente elevati». 

 

Alcuni clienti verranno ascoltati nei prossimi giorni per mettere la ceralacca sul giro di escort scoperto dalla squadra Mobile di Venezia, coordinata dal dirigente Giorgio Di Munno, nei club di San Donà e Quarto d’Altino, l’Arabesque e il Game Over. Altri, sempre clienti affezionati, sono già stati ascoltati prima del blitz che venerdì mattina ha portato in carcere gli organizzatori e gestori delle due case a luci rosse: più che preoccupati per il risvolto giuridico (nessuno di loro ha commesso reato, ndr) si sono mostrati tesi per la propria vita privata, quasi tutti hanno mogli o compagne stabili e all’oscuro di ogni cosa.

 

In tutto sono circa duecento gli uomini che hanno bussato alle porte dei locali di San Donà e Quarto D’Altino da marzo a oggi, da quando cioè l’Arabesque e il Game Over sono finiti nel mirino della procura e dell’inchiesta coordinata dal sostituto Federica Baccaglini aperta per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Perché quelli che dovevano essere dei club con (al massimo) lap dance e spogliarelli, in realtà erano luoghi nei quali il sesso era a pagamento. A carissimo prezzo e per una clientela che andava dal ragazzino alle prime armi, disposto a pagare fino a 150 euro per una prestazione all’interno dei locali, fino ai 1.500 pagati da imprenditori e professionisti del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. Per quel prezzo le ragazze venivano ospitate a casa del cliente e passavano da lui l’intera notte. Chi sceglieva una via di mezzo - ma era il target minore - si assicurava una notte di passione in hotel, versando dai 350 ai 500 euro ai gestori dei due club.

Fino a 1.500 euro per una ragazza dei night club Arabesque e Game-over

I PAGAMENTI CON IL POS

Pagare con la carta era l’ultima frontiera dell’innovazione trovata da parte dei gestori dei locali ed era riservata soltanto ai clienti più facoltosi, quelli che chiamavano anche giorni prima e si prenotavano - al sicuro nelle proprie mura di casa - una notte di sesso. A portare le ragazze a casa dei clienti era un autista dei locali ed era sempre lui a riscuotere con il Pos portatile la somma di 1.500 euro che veniva accreditata sul conto dei locali e da qui stornata: alle ragazze rimanevano quote dal 50 al 60% a prestazione, permettendosi così anche uno stipendio con punte da 7/8 mila euro al mese. Poi, era compito del cliente riaccompagnarla a casa la mattina successiva, con la propria auto. Un sistema che riguardava i clienti più facoltosi e quindi anche quelli più affezionati, dei quali i gestori dei due club non avevano agende, ma numeri registrati nella rubrica dei propri cellulari, intercettati dalla Mobile quando serviva soltanto la prova regina.

CINQUANTA RAGAZZE

E loro, i due fratelli di Jesolo, Matteo e Federico Vendramello, 40 e 44 anni, entrambi in carcere; Michaela Hobila, romena di 35 anni, addetta alla logistica per le giovani prostitute; Lorenzo Borga, 70 anni di San Donà e Ugo Bozza, 66 anni di Portogruaro (tutti e tre ai domiciliari) ai cellulari parlavano senza paura di essere ascoltati. Dicevano chiaramente alle ragazze - una cinquantina regolarmente assunte ma, sulla carta, con altre mansioni - chi le aveva contattate e con chi avrebbero dovuto passare la notte, ricevendo anche dei rifiuti se quel cliente non andava. I cinque verranno interrogati lunedì.

IL BUSINESS

Il fatturato dei due locali era aumentato negli ultimi mesi grazie alla chiusura di alcuni locali in Slovenia: la cosa aveva portato quel tipo di clientela, soprattutto del Veneto Orientale e del Friuli Venezia Giulia, a spostarsi su San Donà e Quarto. Almeno fino al blitz di venerdì, come ricostruito da IlGazzettino.it

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