Stalker perseguita un disabile, ma il suo diritto alla casa è sacro
Cortocircuito giustizia. Stalker e vittima, in sedia a rotelle, vivono a distanza di un piano. Non si può ledere il diritto di abitazione dello stalker
Il diritto all’abitazione in Italia è sacra. Lo dimostra un caso riguardate uno stalker, la nuova figura di molestatore asceso alla cronache negli ultimi anni. Parliamo di quei simpaticoni a volte un po' svitati che perseguitano ossessivamente altre persona con attenzioni indesiderate, molestie, minacce, pedinamenti, facendo avances improprie e ripetute, ecc…
Il caso in oggetto si sarebbe svolto nel bresciano. L’appartamento dello stalker o presunto tale, visto che in questa fase è solo indagato, e quello del soggetto perseguitato si trovano uno sopra l'altro nello stesso palazzo. Secondo l'accusa l'indagato ha minacciato, molestato e insultato la vittima anche a causa delle condizioni fisiche, ha l'amputazione di una gamba che lo costringe su una sedia a rotelle. In un caso lo avrebbe anche colpito con un pugno sul naso, arrecandogli lesioni fisiche. Vista la situazione e l’urgenza di evitare che la faccenda degeneri un giudice, il Gip, ha applicato una misura cautelare nei confronti dello stalker disponendo il suo divieto di avvicinamento alla vittima. Deve mantenersi alla distanza di 50 metri. Ma la decisioni lo costringe a cambiare casa. Visto che abitano a un piano di distanza dalla vittima.
L’avvocato difensore dell’indagato-stalker ricorre contro l'ordinanza del Gip, rivolgendosi alla Cassazione e spiega i suoi dubbi: i casi sarebbero accaduti senza la presenza di coinquilini del palazzo (i testimoni intervenuti sarebbero amici e conoscenti della vittima che essendo su una sedia a rotale ha ovvie limitazioni di movimento), la vittima in un altro giudizio è stata condanna per minacce nei confronti dello stesso stalker e, sempre la vittima, cercava occasioni, munito di registratore, per incontrare il proprio presunto persecutore. Lo stalker, che sarebbe affetto da disturbo bipolare, si limitava solo a reagire alle provocazioni.
Il difensore dell'indagato ritiene che il Gip abbia applicato una misura più pesante di quella richiesta dall’accusa, il Pubblico ministero, che si era invece limitato a chiedere il divieto di avvicinarsi alla vittima e a parlare con lui, visto che abitano così vicini. I due avrebbero due ingressi distinti e aree di parcheggio diversificate e questo faciliterebbe una “convivenza”.
Il caso non evidenzierebbe una gravità indiziaria tale da applicare una misura cautelare così restrittiva.
La Cassazione ha così deciso di annullare l'ordinanza del Gip, al fine di fare nuovi accertamenti e imporre all'indagato precisi limiti per evitare l’avvicinamento alla vittima, visto che l’atteggiamento prevaricatore dello stalker risulta ed è stato proprio questo modo di comportarsi a far ritenere necessarie delle misure restrizioni.
L'art 61 del codice di procedura penale estende all'indagato diritti, garanzie e ogni altra disposizione relativa a meno che non sia diversamente disposto (ma questo lo valuta sempre un giudice a seconda della gravità del caso).
Quindi, secondo la Cassazione (sentenza 1127/2019), il Gip avrebbe dovuto ordinare all'indagato stalker di non avvicinarsi all'abitazione della persona offesa ma senza imporgli la distanza di 50 metri. In questo modo ha violato il suo diritto all'uso della propria abitazione che esiste quando sussistono ragioni abitative o di lavoro.
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