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Cronache
Idomeni, la vergogna d'Europa. Il viaggio di Affari nel campo fantasma

di Lorenzo Lamperti
twitter11@LorenzoLamperti

Gli ultimi gruppetti di profughi salgono su una camionetta della Polizia. Non resta più nessuno tranne qualche volontario che smonta le strutture tenute in piedi dopo che le ruspe hanno buttato giù praticamente due terzi di campo. Il personale greco ammassa ciò che resta e butta via tutto. Signore e signori, benvenuti a Idomeni, sede dell'immenso campo profughi al confine con la Macedonia sgomberato da Atene pochi giorni fa. E simbolo del fallimento dell'Europa.

IDOMENI CITTA' FANTASMA

La strada che da Polykastro porta a Idomeni è praticamente vuota. Siamo a un centinaio di chilometri a Nord di Salonicco, nalla parte settentrionale della Grecia. Qui negli scorsi mesi si sono ammassati quasi 13 mila profughi, soprattutto siriani e iracheni, in fuga dalla guerra. Polykastro è l'ultima cittadina di Idomeni, (ex) paesino tranquillo di frontiera con la Macedonia. Dopo la chiusura del confine però, Idomeni è diventata una vera e propria città fatta però di fango, sofferenza, disillusione e condizioni di vita vergognose. Un poliziotto ci fa passare. "Oggi si può andare", dice scrutando i documenti. Già, oggi, perché negli scorsi giorni qui era vietato l'ingresso a troupe e reporter per non disturbare le operazioni di sgombero. Solamente giovedì le delegazioni di giornalisti sono state fatte entrare ma solo in un'area circoscritta. Venerdì il primo giorno di accesso libero dopo lo sgombero. Dentro al campo non c'è praticamente anima viva. Tutti i profughi sono scomparsi nel nulla. Le ruspe spianano il campo, di cui però una buona parte è ancora in piedi. Ci sono ancora tanti segni di vita. Le tende e poi le testimonianze di quella che appare quasi una fuga o comunque un allontanamento improvviso. Vestiti, coperte, giocattoli. Tutte cose preziose per chi non ha più nulla ma che evidentemente non c'è stato neppure il tempo di portare con sé mentre gli agenti dicevano di lasciare il campo e seguirli per una destinazione ignota. Una gigantesca scritta "Hope" campeggia beffarda al lato dei binari ferroviari sui quali in molti sono fuggiti.

LO SGOMBERO

Tutte le versioni ufficiali ascoltate finora hanno parlato di uno sgombero "completamente pacifico". Visitando Idomeni però si ha l'impressione, come detto, di una fuga improvvisa. In giro per gli altri campi si trovano anche profughi scalzi e dunque desta stupore che tutte quelle scarpe siano rimaste a Idomeni, inutilizzate e destinate all'immondizia. A taccuini chiusi, tra i volontari che operano nella zona e migranti c'è anche chi mette in dubbio la versione dello sgombero "completamente pacifico". Alcuni parlano solo per sentito dire, altri dicono di aver visto in prima persona che mostrerebbero momenti di grande tensione durante le operazioni. Altri volontari che sono ancora sul campo fantasma a recuperare oggetti e indumenti per provare e redistribuirli ai profughi spiegano che lo sgombero è cominciato alle 5 del mattino. Bimbi svegliati nel cuore della notte e costretti ancora una volta a lasciare quella che, seppur poco dignitosa, era diventata la loro casa.

TANTE PICCOLE IDOMENI

Ma quello che preoccupa maggiormente è lo scenario futuro. Le procedure di richiesta di asilo sono sempre bloccate, per non parlare del programma di redistribuzione stabilito da Bruxelles. Gli arrivi dalla Turchia sono notevolmente diminuiti ma intanto degli 8 mila migranti che si trovano nella zona di Idomeni non si sa che fare. Europa e Grecia non hanno ancora trovato nessuna soluzione permanente e così i profughi girano da un campo all'altro, maturando un atteggiamento di sempre maggiore sfiducia per militari e Polizia. "Siamo diventati già la notizia del giorno dopo", dice un ragazzo scappato dall'Iraq per trovare un futuro migliore in Europa. "Siamo dimenticati". Lo sgombero di Idomeni non ha certo risolto le cose come qualcuno potrebbe credere. Anzi. Senza una soluzione permanente all'orizzonte rischia di peggiorarle ancora di più. Nella zona stanno infatti sorgendo tanti nuovi campi, molti di essi militari senza possibilità di accesso per giornalisti e volontari. A Idomeni non ci sarà anche più nessuno. Ma tutto intorno stanno nascendo tante nuove piccole Idomeni.

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