Il cardinale Bassetti: varare lo 'Jus soli'
"Salvaguardare i diritti di chi arriva"
Il cardinale Gualtiero Bassetti ha chiesto il varo dello "Jus soli", cioè l'approvazione della cittadinanza a chi nasce nello Stato Italiano. Lo ha fatto nella sua prima "Prolusione" al Consiglio Permanente della Cei che ha visto schierati in circolo 20 vescovi in rappresentanza dell'episcopato e delle regioni italiane. Il provvedimento è attualmente bloccato in Parlamento e se ne ignora la sorte. Il presule di Perugia, voluto a quel posto da Papa Francesco, ne ha richiamato le parole pronunciate al ritorno dalla Colombia per affrontare e risolvere "la questione migratoria con prudenza,integrazione e vicinanza umanitaria": Questo processo - ha rilevato Bassetti - "va affrontato con grande carità e con altrettanta grande responsabilità salvaguardando i diritti di chi arriva e i diritti di chi accoglie e porge la mano".
I termini latini - "JUS SOLI" - non sono pronunciati, ma risultano evidenti e inducono a "fronteggiare, da un punto di vista pastorale e culturale, la diffusione di una "cultura della paura" e il riemergere drammatico della xenofobia". Tuttavia - ha aggiunto - "come pastori non possiamo non essere vicini alle paure delle famiglie e del popolo. Enfatizzare e alimentare queste paure, non solo non è in alcun modo un comportamento cristiano, ma potrebbe essere la causa di una fratricida guerra tra i poveri nelle nostre periferie. Un'eventualità che va scongiurata in ogni modo". Bassetti con maggiore chiarezza chiede infine "il riconoscimento di una nuova cittadinanza, che favorisca la promozione della persona umana e la partecipazione alla vita pubblica di quegli uomini e donne che sono nati in Italia, che parlano la nostra lingua e assumono la nostra memoria storica, con i valori che porta con sé".
Su questo tema si svolgerà la battaglia dei vescovi italiani a cominciare dall'imminente Settimana sociale di Cagliari e delle altre iniziative religiose e sociali. Alla seduta - che riprenderà a porte chiuse fino a mercoledì, ha partecipato con i co-presidenti. anche il politico e polemico past-president Angelo Bagnasco, che aveva portato al Papa nei giorni precedenti il pensiero dei vescovi europei Tra i due non c'è stato un passaggio automatico delle consegne. Il neo-presidente ha sottolineato le "priorità irrinunciabili" di casa nostra. "A noi interessa - ha detto - che l'Italia diventi un Paese migliore. Bisogna perciò avere la forza, il coraggio e le idee per rimettere a tema l'Italia nella sua interezza: con la sua storia, il suo carattere, la sua vocazione. L'Italia è un Paese bellissimo, straordinariamente ricco di umanità e paesaggi, ma estremamente fragile: sia nel territorio che nei rapporti socio-politici. Ai cattolici dico che la politica, come scriveva La Pira, "non è una cosa brutta", ma una missione: è "un impegno di umanità e santità". La politica come affermava Paolo VI, è una delle più alte forme di carità. Papa Francesco ha più volte auspicato la necessità dei cattolici in politica". Non si tratta di formule, ma di "come portare in politica, in modo autentico, la cultura del bene comune. Non basta fare proclami".