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Cronache
Il corpo, il nudo, la politica. Di un processo sommario e frammentario

Di Armando Verdiglione

L’incipit del congresso di Tokio del 1984: “Il 1984 non è l’anno di Orwell, ma è l’anno del secondo rinascimento”. Ma il tribunale di Orwell non si conclude nel 1984. E l’anno del secondo rinascimento non inizia e non si conclude nel 1984.
George Orwell. Il suo tribunale. O’Brien si rivolge a Winston: “Tu sei un’imperfezione del sistema, Winston, sei una macchia che va cancellata. Non ho forse appena finito di dire che noi siamo diversi dai persecutori del passato?”.
L’eretico dell’Inquisizione – dice O’Brien – è un “martire”, un testimone. Sarebbe dovuto essere soltanto una vittima, ma non è una vittima: è un testimone, che viene poi celebrato, un testimone che non confessa, nonostante la delazione e la tortura (così descrive un capitolo forte, sostanziale e mentale, del Malleus maleficarum). La strega non confessa.
Ma poi vengono i regimi totalitari, viene lo stalinismo. E qui la confessione è necessaria: tortura su tortura fino alla confessione di ciò che non è mai avvenuto! Ma anche chi è colpito dal tribunale dei regimi totalitari, sarebbe una vittima, poi risulta un “martire”, un testimone.
Il tribunale di Orwell è ben altro tribunale: è il tribunale del Grande Fratello, dove non c’è posto per il “martirio”, per la testimonianza. “La prima cosa che devi capire è che qui non c’è posto per i martiri … Non possiamo tollerare che un pensiero sbagliato esista in una parte qualsiasi del mondo, per quanto innocuo e recondito possa essere. … Il comandamento dei dispotismi di una volta e del tribunale dell’Inquisizione  era: ‘Tu non devi!’. Il comandamento dei totalitari era: ‘Tu devi!’. Il nostro è: ‘Tu sei!’. Nessuno di quelli che portiamo qui riesce a resisterci. Tutti vengono mondati. Quei tre miserabili traditori, Jones, Aaronson e Rutherford, nella cui innocenza tu un tempo hai creduto, alla fine siamo riusciti a piegare anche loro. Io stesso ho preso parte all’interrogatorio. Li ho visti fiaccarsi a poco a poco, li ho visti strisciare, frignare, piangere. Alla fine non erano più lacrime di dolore ma di espiazione. Quando abbiamo finito con loro, erano dei gusci d’uomini, che dentro di sé ospitavano solo dolore per quello che avevano fatto”, e non avevano fatto nulla!, “e amore per il Grande Fratello”, erano convinti dell’errore, della devianza!, “Era commovente vedere quanto lo amavano. Chiesero di essere passati per le armi subito, in modo da poter morire con la mente ancora pura”. Il tribunale della purezza. Il tribunale della morte. Il tribunale del nudo.
Con il tribunale del Grande Fratello, nel suo romanzo, George Orwell realizza il tribunale indicato da “Socrate”, personaggio di Platone.

Nel Gorgia (523a,b,c,d,e, 524a,b), il personaggio “Socrate” si rivolge a Callicle: “E allora, ascolta, come si dice, un gran bel racconto, che tu considererai un mito [mythos], credo, e che io, invece, considero un ragionamento [logos, discorso, discorso come causa finale]. Infatti, ti narrerò ciò che sto per narrarti come se fossero cose vere. Come racconta Omero, Zeus, Posidone e Plutone si spartirono il potere, dopo che l’ebbero ereditato dal padre”. Crono lascia il potere ai tre figli: Zeus, dio dell’Olimpo, Posidone, dio del mare, Plutone, dio dell’aldilà, più che dell’inferno, perché l’aldilà si suddivide in superno e inferno. Qui l’inferno non è la Geenna dell’ebraismo, ma è il Tartaro.
Nell’epoca di Crono (chrónos, il tempo, il taglio), vigeva un ordinamento: chi viveva in modo corretto e santo, morendo sarebbe vissuto felice nelle “Isole dei Beati” senza più il male, senza più il negativo, senza più l’impuro, il peccato, l’incesto. Chi, invece, fosse vissuto in modo scorretto e ateo sarebbe vissuto in un carcere, che è appunto il Tartaro, per espiare la pena. Ma la pena non è suddivisa in Purgatorio e Inferno (il concetto di Purgatorio è del secondo millennio d.C.).
Chi giudicava i vivi nel giorno della loro morte, quindi mentre erano ancora vivi, era un Tribunale. Ma c’era in questo ancora un’imperfezione, c’era una macchia, c’era ancora il corpo. Quindi i giudizi non erano ideali, severamente puri. “Allora Plutone e i guardiani delle Isole dei Beati andarono da Zeus a dire che arrivavano da loro, nell’uno e nell’altro luogo, uomini che non meritavano di essere mandati lì”. Questo giudizio non era puro, il tribunale non arrivava al nudo, non era il tribunale del nudo, della messa a nudo, del denudamento! Zeus prende subito un provvedimento, redige un decreto, che non viene sottoposto a nessuna assemblea: “Farò in modo che questo non accada più. Ora i giudizi sono andati male, perché coloro che vengono giudicati, sono giudicati vestiti vestiti del corpo!: vengono infatti giudicati da vivi. Molti, dunque, pur avendo anime cattive, indossano bei corpi, nobiltà e ricchezze e, quando si tiene il giudizio, vengono molti testimoni a deporre, in loro favore, che essi hanno vissuto nel rispetto della giustizia. I giudici, allora, si lasciano impressionare da queste cose, e giudicano a loro volta da vestiti, avendo l’anima coperta dagli occhi, dalle orecchie e dal resto del corpo”. I giudici non devono avere né occhi né orecchie né corpo, così le anime che devono essere giudicate. “E tutte queste cose sono loro d'intralcio, sia i loro abiti sia quelli di coloro che vengono giudicati. Come prima cosa, dunque, bisogna fare in modo che, d'ora in poi, non prevedano la propria morte, perché ora la prevedono. Ed è già stato dato ordine a Prometeo di far cessare questa loro preveggenza”. La previsione. “Poi, devono essere giudicati nudi di tutte queste cose: bisogna che siano giudicati dopo che siano morti. Anche il giudice dev'essere nudo, morto, e la sua anima deve contemplare l'anima di ognuno subito dopo la morte, da sola, senza tutta la sua parentela, e dopo che abbia lasciato sulla terra tutta quella ornamentazione, perché la sentenza sia giusta. Questo, o Callicle, è ciò che ho sentito dire, e ritengo che sia vero”.
Ritengo, penso che sia vero, dunque è vero. È un ragionamento, è un discorso. Cosa detta questo discorso? Che la morte non è altro che la separazione di due cose: l'anima psyche e il corpo. Allora il tribunale del nudo: il tribunale di Osiride, il tribunale di Platone. Per Platone (Gorgia, 493a) il corpo è segno, tomba. La libertà per Platone è la libertà dal corpo, è la libertà del nudo, è la libertà di morire. L'idea del nudo è l'idea di morte. Aristotele non ha bisogno di fare la separazione tra psiche e corpo. Il corpo dev'essere già severamente puro, purificato, e quindi propone il sistema, l'unità. Sta qui il dualismo psicofisico. Il sistema di Aristotele è il sistema morfologico-dinamico come sistema politico e sociale. È il sistema che presiede al tribunale del nudo. In tutta la sua genealogia.

Lo stesso Jean Paul Sartre: “Il corpo è l'oggetto psichico per eccellenza” (L'être et le néant).
Tutto ciò potete leggerlo negli scritti in merito all'Inquisizione, ma già nel Manuale dell'inquisitore del 1376, di frate Nicolas Eymerich, che precede di gran lunga il Malleus malleficarum.
In breve, il corpo è il corpo sacrificale, il corpo dell'homo mortalis/immortalis, il corpo che si elide a vantaggio del nudo, per ciò della purezza ideale. È il corpo stesso della tortura, lontano da ciò che dice Euripide, che pone una questione di vita o di morte, cioè la questione aperta, quando scrive: “Chi può sapere se vivere non sia morire, e se morire non sia vivere?”. Platone, nel Gorgia (492e), cita questo verso euripideo.
Il corpo della strega, il corpo del drogato, il corpo drogologico, il corpo psicofarmacologico, il corpo della ghigliottina. Quindi: tribunale della ghigliottina, tribunale della camera a gas, tribunale dello psicofarmaco.
Persino nella Pietà Rondanini, Ida Magli, antropologa, intravede che il corpo della donna è un corpo che cova la morte, il corpo che porta dentro di sé il segreto invincibile della morte (articolo su “Il Giorno”, 16 dicembre 1999). Il corpo della verità, il corpo della morte, l'idea del doppio nell'antico Egitto. Il cadavere imputridisce. Quindi la mummificazione. Quanto dura la mummia? Il basalto dura di più. Per ciò, la mummia più l'immagine che viene scolpita sulla mummia: è il doppio, un corpo di soccorso.
Per altro, il Genesi (3, 7): “Si aprirono gli occhi di tutti e due”, di Adamo e di Eva, “e si accorsero di essere nudi. Intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture”. La conoscenza stessa vale come denudamento. La gnosi, la messa a nudo come messa a morte, come purificazione.
Il giudizio ultimo è il giudizio proprio del tribunale del nudo: denudamento, smascheramento, scopertura. Scopertura della pentola a pressione, del vaso di Pandora, del computer del ragioniere morente.
Il concetto del nudo, la metafora del nudo, la metonimia del nudo, la ricerca del nudo. Il concetto dell'abito, del male dell'Altro, del peccato dell'Altro, dell'incesto dell'Altro.
Questo tribunale del nudo si estende per l'intero discorso occidentale, tra un filosofo e l'altro: Cartesio, Kant, Hegel, Heidegger. E così, Heidegger scrive in Essere e tempo (§ 74, La costituzione fondamentale della storicità): “La finitudine, una volta afferrata, sottrae l'esistenza alla molteplicità caotica delle possibilità che si offrono immediatamente (i comodi, le frivolezze e le superficialità)”, e lo abbiamo notato nella descrizione di Platone, “e porta l'esserci [Dasein] in cospetto della nudità del suo destino”. Ma come s'intende questa nudità? Come la morte in quanto possibilità incondizionata. Per Heidegger, la storicità autentica è l'essere per la morte come decisione anticipatrice, essa imbastisce l'esserci nella nudità del proprio destino.

L’irrisione di Friedrich Nietzsche: “Continuano ancora a esistere ingenui osservatori di sé”. L’osservazione di sé, l’osservazione dell'Altro. La cura di sé, la cura dell'Altro. Il rispetto di sé, il rispetto dell'Altro. Lo stupore di sé, lo stupore dell'Altro. E, addirittura, l'amore di sé, l'amore dell'Altro. “Continuano ancora a esistere ingenui osservatori di sé i quali credono che vi siano ‘certezze immediate’, per esempio, ‘io penso’, oppure, secondo la superstizione di Schopenhauer, ‘io voglio’, come se qui il conoscere potesse afferrare puro e nudo il suo oggetto”, Nietzsche sfata la gnosi, “quale ‘cosa in sé’ e non potesse aver luogo una falsificazione né da parte del soggetto né da parte dell'oggetto. E non mi stancherò di ripetere che ‘certezza immediata’ così come ‘assoluta conoscenza’ e ‘cosa in sé’ comportano una contradictio in adjecto. E ci si dovrebbe sbarazzare pure una buona volta della seduzione delle parole!”(Al di là del bene e del male, Parte prima, 16).
Sembra rivoluzionario Hegel, ma rimane platonico, quando scrive, nella Fenomenologia dello spirito, che il nudo del pensiero, il ragionamento, non è il nudo osso del cervello.
La metafora del nudo è metafora della morte, oppure è metafora della polvere e di ciò che farebbe parte della stessa impurità. La stessa polvere è impura. Infatti, che cosa fece Giobbe? “Giobbe si alzò e si stracciò le vesti, si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse: ‘Nudo sono uscito dal seno di mia madre e nudo tornerò in seno alla terra”.
Ma Platone, ogni tanto, ha qualcosa di differente, di contraddittorio. Così, per esempio, nel Simposio: “L'amore non ha né padre né madre. E nessuno, né in poesia né in prosa, glielo ha mai attribuito” (17, 8b).
Il nudo è inconcettuale. Nessuna metafora del nudo, nessuna metonimia del nudo, nessuna confisca del nudo a vantaggio del cannibalismo, a vantaggio dell'apoteosi del soggetto, del trionfo dell'ideale, a vantaggio del monopolio mondiale sulla pornografia.
Il nudo è proprietà della “cosa”, proprietà del narcisismo della parola: proprietà dell'autismo, senza più l'erotizzazione (che è impossibile) dell'oggetto e della causa; proprietà dell'automatismo, senza più l'erotizzazione del tempo, del fare, dell'Altro, dell'impresa, della finanza. Come proprietà dell'automatismo, il nudo è anche indice della castità, nonché della sessualità.
Il nudo è senza dimostrazione, senza monstrum. La parola è nuda, la ricerca è nuda, l'impresa è nuda, il business è nudo.
Il nudo, il suo teorema: niente più erotismo. Il nudo è “scientifico”, il nudo è della “scienza”, cioè senza più conoscenza, senza più apocalisse, senza il tribunale dell'apocalisse, che è il tribunale della verità come causa finale.

Il tabù del nudo è il tabù della vendita tanto del sembiante come venditore quanto del tempo come venditore, quindi dell'imprenditore come venditore. Abbiamo notato che il tribunale del nudo è il tribunale dell'androgino.
La demiurgia segue la metafora dell'agenzia divina: contro la vendita sta l'idea di morte.
Leonardo da Vinci: “Per parere gran disegnatori fanno i loro ignudi legnosi e sanza grazia che pare a vederli un sacco di noci, più presto che superfizie umana, ovvero un fascio di ravanelli; più presto che muscolosi nudi” (Codice Leicester, 79r). “E se altrimenti farai, piuttosto un sacco di noci che figura umana arai imitato” (Codice di Madrid, II, 128r). Mimetismo, autonomia, il concetto di nudo, l'algebra del sacco, la geometria del sacco, il corpo come sacco. “Non mi pare che li omini grossi e di tristi costumi e di poco discorso meritino sì bello strumento”, sì bello strumento il corpo!, “né tante varietà di macchinamenti, quanto li omini speculativi e di gran discorsi, ma solo un sacco dove si riceva il cibo e donde esso esca. Ché, invero, altro che un transito di cibo non sono da essere giudicati, perché niente mi pare che essi participino di spezie umana altro che la voce e la figura. E tutto er resto è assai manco che bestia” (Codice Windsor, 80v). Leonardo non accetta questo concetto di corpo come partecipe della bestialità, il corpo bestiale.
Il corpo non appartiene all'homo mortalis/immortalis come animale fantastico. È il corpo della parola, è il corpo della pittura, è il corpo proprio del paragone delle arti e delle invenzioni.
Aequilibrium. La bilancia equa. Libra, la bilancia. La calibratura. È la bilancia sostanziale e mentale? È la bilancia di Osiride? È il bilancio di Osiride? O è il bilancio intellettuale? È la bilancia della conciliazione tra positivo e negativo, cioè dell’economia del negativo, dell'economia della morte? O è la bilancia dell'inconciliabile, la bilancia dell'apertura? O è il bilancio senza sommarietà, senza frammentarismo, che attiene all'amministrazione?
Il nudo, la maschera nuda di Pirandello? Il nudo dell'immagine, il nudo della sembianza, il nudo del linguaggio. Quindi il nudo anche della maschera. Ma allora è sempre la maschera come l'indice della irriducibilità dell'alterità.

Il velo come maschera, oppure il velo come il nudo, il nudo del tempo.
Nudo è l'omphalós, nudo è il tempo. Ma nessuna messa a nudo dell'omphalós, nessuna messa a nudo del tempo, che sarebbe l'idea della fine del tempo. L'omphalós, l'ombelico.
Nella sembianza, nuda anche la vestis. Nessuna vendita senza il nudo. Il nudo non è ideale, non appartiene all'idea di bello né all’idea di bene, contrariamente a ciò che ritiene ancora Kant, per il quale l'ideale di bellezza è la forma umana.
Il nudo. La demonologia non tollera il nudo. La pedagogia aborrisce il nudo come proprietà della “cosa”, ma compie la confisca del nudo. La confisca del nudo è a vantaggio del cannibalismo, sia paterno sia materno, è a vantaggio dell'apoteosi dell'imperatore, dell'apoteosi del pontefice massimo e dell'apoteosi del soggetto.
Questa mattina, arrivando qui, quattro ragazzi e una ragazza uscivano dalla discoteca. Uno di loro, in odore di alcool, esclama: “Se avessi questa sciarpa, sarei il re del mondo”. Guardava me. Qui il nudo come equivalente generale dei valori sostanziali e mentali dello scambio è il fallo, rappresentato dall’Uroboro. Ma il fallo non è il fallo come indice, come la fenice, come la croce, non è indice come l'ombra, come indice della relazione. Il fallo non è equivalente generale. Nessuna significazione del fallo. Nessuna immagine del corpo.
Corpus delicti, corpus maleficii, corpus della malattia, di ogni malattia. E ogni malattia, da Ippocrate all'ultimo medico ospedaliero, è mentale. Corpo della stregoneria, corpo della tortura. Ma l'anatomia non è anatomia del corpo, è anatomia della sembianza, e la sembianza non è l'immagine del corpo, non è una gamma di immagini del corpo. Nessuna immagine del corpo, nessuna maschera del corpo. L'anatomia è il tempo nella sembianza.
Lo stesso Marcel Duchamp chiama nudo qualcosa che non si presta all'erotismo.
La politica del tempo, la politica del nudo. Il nudo della politica. Il nudo del diritto, il nudo della ragione. Diritto dell’Altro, ragione dell'Altro. Il nudo del giudizio.
Ciò che elabora Leonardo intorno al rebus e al velo è preciso. Il velo esclude la messa a nudo, esclude la maschera del tempo. È impossibile togliere il velo: ciò che indica il rebus.
E l'ombra, dice Leonardo, non va portata nell'opera. Non va portata nell'ingegneria, nell'arte, nella cultura, nella pittura, nella scultura, nell'architettura. Dice Leonardo: “L'ombra, se confusa macchia scura, portata nell’opera sarà di legnosa resultazione”. Si servirà non della lingua diplomatica ma della lingua di legno. La lingua di legno: un'opera, un romanzo, un saggio scritti con la lingua di legno, senza redazione. Ognuno scrive con la lingua di legno, porta l'ombra nella scrittura. E allora sarà un'opera legnosa, senza velo, messa a nudo, senza rebus, senza ascolto, senza lucidità.
Il processo per stregoneria è il processo della messa a nudo. Tagliare i capelli della strega, evitare lo sguardo della strega. Niente capelli, niente sguardo, niente vestiti, niente velo. Sopra tutto, niente istanza intellettuale.
Così accade quando un giorno arrivano due ospiti, due ospiti della città e bussano alla casa. La casa è la casa museo, la casa editrice, la casa intellettuale, la casa dell’arte e dell’invenzione, la casa della città, è la città stessa. Gli ospiti bussano alla casa di Lot e Lot apre. Egli ha due figlie, ma apre la casa a questi due ospiti, non si preoccupa per le due figlie. Ma ci sono i vicini, il paese. Arriva la gente, il popolo, la casta, la classe, la corporazione. La corporazione è differente dal corpo. La corporazione si basa già sul corpo ideale: i corpi dello stato, i corpi ideali dello stato, i corpi ideali dello stato ideale. Allora il popolo chiede: “Ehi tu, Lot, cosa fai?”. Per Lot l'ospite non è il fratello, non è l'amico, non è il nemico, né amico né nemico. Non è l'ultimo. Non è nell'escatologia che Lot accoglie l'ospite. Ma arrivano i compatrioti, i compaesani, i concittadini, le corporazioni, le caste o la casta, il popolo: “Ehi tu, Lot, noi vogliamo conoscere questi tuoi due ospiti. Mandali fuori, buttali fuori. Ce ne occupiamo noi. Li spogliamo, li denudiamo, li guardiamo, li mettiamo a nudo, li demistifichiamo, li smascheriamo. Tagliamo la barba, tagliamo i capelli, togliamo i vestiti. Li illuminiamo, li mettiamo davanti al fuoco, li mandiamo nel fuoco”. Ma Lot: “No, cari compatrioti, prendete le mie figlie, vi do le mie figlie”, vi do le mie figlie, non i due ospiti.
Portare il velo vale a credere nel nascondimento come messa in palio della questione della verità.
Il nudo è un tabù non soltanto nel Mediterraneo, in Europa e in Medioriente, ma anche in Oriente. La Cina ignora il nudo nella pittura, ignora il due, il tempo, ignora la funzione di zero, la funzione di uno, la funzione di Altro. Senza bisogno del sistema instaurato da Aristotele. Nella propria mitologia. Il tabù del nudo è un tabù osservato: negato il nudo, trionfa l’erotismo. L’erotismo è l’ombra nel viaggio, l’ombra nell’autismo, l’ombra nell’automatismo. Erotizzazione senza l’oggetto e senza la causa, senza lo specchio, senza lo sguardo, senza la voce. Erotizzazione senza il tempo.

Abbiamo notato, viaggiando, discutendo, leggendo e traducendo, gli scrittori giapponesi nel loro interesse per il rinascimento, per il nudo (per questa proprietà dell’autismo e dell’automatismo) e per la sessualità nella pittura, nella scultura. Così Yasushi Inoue, a Firenze, guarda e riguarda a lungo l’Annunciazione dove interviene anche Leonardo, l’ascolta: si tratta del tempo e della sessualità. Lo stesso Iukyo Mishima si accorge della sessualità attraverso la pittura rinascimentale.
Il nudo: la proprietà dell’autismo e dell’automatismo, la proprietà della “cosa”.
Il nudo della scienza, il nudo dell’arte e della cultura, il nudo della scrittura, il nudo della scultura, il nudo dell’architettura. È quel nudo che non è tollerato dal discorso occidentale, non è tollerato dal tribunale di Osiride, dal tribunale di Aristotele e, ancora di più, dal tribunale dell’islam. “Ognuno” realizza questa negazione. Idealmente.
1891, Il ritratto di Dorian Gray. Quando il ritratto è puro, severamente puro. Il male nel ritratto. Il mondo nel ritratto. L’errore morale nel ritratto. Il monstrum: la dimostrazione del tu, dell’io e del lui nel ritratto. In breve, la vita come ricordo. Il vissuto: il mio vissuto, il tuo vissuto. Il vissuto nel ritratto. Nessuna dimostrazione sulla sua pelle. Il ritratto di sé è impossibile sulla sua pelle. Questo ritratto, non può portarlo appresso, farlo notare a altri, presentarlo, addirittura mostrarlo. Lo tiene nell’angolo. Solo lui, Dorian, può vederlo. E lui, quindi, nella vita, vaga, cammina, attraversa, parla, incontra, gioca, danza, ascolta. E la sua pelle, la pellicola della vita, non ha questo ritratto di sé, nessuno si accorge di questo ritratto di sé. Ma lui, poi, si ritira in sé. Senza incontri, senza la parola, senza interlocuzioni, senza conversazioni, se ne sta tra i suoi pensieri e con i suoi ricordi. È da solo nel suo angolo e indugia, indugia a guardare il ritratto. Si sofferma, guarda, riguarda, immagina, crede che, lì, in quel ritratto non ci sia oggetto, non ci sia ostacolo assoluto, che sia un vero e proprio ritratto di sé, il ritratto naturale di sé. Si convince. È il nudo del ritratto! La sua pellicola, pura come un abito. Questa purezza è l’acme ideale. Si attiene a questa idealità. E che cosa fa? Trafigge il ritratto. E muore. È il risparmio totale. Ognuno risparmia quel che non ha. Lo gnosticismo è la forma fondamentale di naturalismo. Dorian realizza da solo il tribunale di Orwell. Idealmente.
Il corpo non è quello che soggiace al fantasma materno del corpo, al fantasma di morte. Il corpo non è il corpo dell’apocalisse. Non è il corpo da epurare. Non è il corpo del consociativismo e del corporativismo. È il corpo dell’acrobazia. Il corpo della parola.
L’acrobazia. Assioma dell’acrobazia: il corpo e la scena si combinano nella cifra. Teorema dell’acrobazia: non c’è più corpo mortale, non c’è più corpo sacrificale.
Il tribunale del nudo è il tribunale della bilancia sostanziale e mentale. Il suo processo è sommario e frammentario, cioè algebrico e geometrico.
La negazione del nudo passa attraverso due generi di vergogna e due generi di pudore. La vergogna è l’estetica resa personale (e qui il dolus è negato) e la poetica resa personale (e qui il dolor è negato). Il pudore è tanto l’estetica resa sociale quanto la poetica resa sociale. Con l’estetica resa sociale, nessuna funzione di zero e nessuna responsabilità: è il processo sommario. Con la poetica resa sociale, nessuna funzione di uno e nessuna capacità: è il processo frammentario. Il concetto del pudore è il concetto del soggetto irresponsabile e incapace. Questa irresponsabilità e questa incapacità passano dai funzionari e dai professionisti della morte ai soggetti che essi stessi creano e che usano nel proprio erotismo.
I principi di unità, di cerchio e di linea presiedono sia al processo sommario sia al processo frammentario. Il nostro processo è sia un processo sommario sia un processo frammentario.

Il 29 gennaio 2016, è stata resa disponibile la sentenza emessa il 17 dicembre 2015 e depositata il 20 gennaio 2016. Dopo le prime centocinquanta pagine, costituite dall’elenco dei capi d’imputazione (che riguardano le fatture emesse) e dall’elenco delle fatture emesse (solo quelle emesse! Vale sempre l’emittente, mai il ricevente!), ci sono centoventi pagine circa di apparenti motivazioni. Abbiamo letto la prima pagina di queste motivazioni. Il “cosiddetto” Secondo Rinascimento, la cultura, l’arte, i libri, il Brainworking, il restauro dei monumenti storici, tutto ciò “mai messo in discussione o negato neppure dalla Pubblica Accusa”, scrivono le tre giudici (citando le testimonianze di Marek Halter, Augusto Ponzio, Marco Maiocchi e di altri). Ma tutto ciò, il Secondo Rinascimento, viene riassunto così: è “un messaggio teorico anti-ideologico”. Le tre donne giudici devono dimostrarsi illuminate, devono dimostrare di conoscere il messaggio: scrivono che è anti-ideologico. La scienza, l’arte, la cultura, la scrittura, i libri, i congressi, il Brainworking: tutto questo contro l’ideologia!
Ma perché tutto ciò non viene negato? Perché questo è il primo livello: è il vestito, è la copertura! Ma poi le tre donne giudici dicono di passare all’altro livello: togliamo il vestito, togliamo la copertura, tagliamo i capelli, facciamo la messa a nudo! E così Armando Verdiglione viene messo a nudo! Le tre donne giudici sono esperte, impiegano tutto il loro erotismo per rappresentare Verdiglione messo a nudo. Quindi, ecco le fatture! Verdiglione nudo è il fattucchiere: ha dettato, ha autorizzato, ha emesso, ha fatto emettere tante fatture. Sì, Verdiglione faceva tante cose, in Italia, in vari paesi, ma poi è stato messo a nudo! Quando è avvenuta questa messa a nudo? Con le intercettazioni telefoniche tra aprile e luglio del 2009, dopo che, il 24 marzo 2009, trecento marescialli erano arrivati in cinquanta siti in varie parti d’Italia, con un’azione devastante e terroristica, e dopo la prima visita del 18 novembre 2008. È stata messa a nudo la “ricerca sfrenata”, in quel periodo, di provare a pagare le rate dei mutui, nonostante quello che era accaduto.
Il tribunale del nudo. Il tribunale di Orwell. Il tribunale di Milano, che non dimentica il tribunale della Colonna infame. Il tribunale contro l’unzione, contro la stregoneria, contro la realtà intellettuale, contro il dispositivo intellettuale.
La “sentenza” crea la falsificazione e la erige a sistema. Falsificazione ideale. Sistema ideale. Spariscono le prove, i documenti, le testimonianze, le dichiarazioni, gli scritti. Sparisce la parola. Sparisce il dibattimento. Questa “sentenza” espone la vendetta in tutto il suo erotismo. È l’apoteosi della demonologia.

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