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Cronache
Il cyberbullismo è senza genere, il 49.7% di attacchi digitali da ragazze

Cyberbullismo, i bulli non hanno genere: il 49.7% degli autori di vessazioni digitali è di sesso femminile

Sono i risultati di un'indagine conoscitiva sul Cyberbullismo, realizzata nelle scuole della Sardegna dall'Eurispes, con il contributo dell'Assessorato Regionale alla Programmazione e al Bilancio, e grazie alla collaborazione dell'Assessorato Regionale alla Pubblica Istruzione.

Nella rilevazione sono state coinvolte 48 Scuole Secondarie di primo grado e 49 Scuole Secondarie di secondo grado, per un totale di 97 Istituti. Sono stati compilati 5.784 questionari, di cui 3.586 dai ragazzi, 1.361 dai genitori e 837 dal corpo docente. La massiccia partecipazione alla ricerca, da parte non solo dei ragazzi ma anche dei genitori, è un dato che ha evidenziato un attento interesse e una grande sensibilità verso il fenomeno del Cyberbullismo in Sardegna.

I dirigenti e il personale docente hanno compilato, invece, un numero inferiore di questionari rispetto ai ragazzi e ai genitori. L'analisi dei questionari somministrati ha permesso di individuare le caratteristiche peculiari dei Cyberbulli, di coloro che ne sono stati vittime, degli spettatori, e di rilevare il parere e il ruolo dei genitori e del personale docente nel contesto delle vessazioni digitali. Attraverso le risposte date dai ragazzi è stato possibile, dunque, delineare un quadro abbastanza preciso delle dinamiche che si vengono a creare intorno al fenomeno del Cyberbullismo.

Cyberbullismo, i dati dell'indagine Eurispes

Innanzitutto, i bulli non hanno genere, sono, nella stessa misura, ragazze o ragazzi: dalla ricerca è emerso che il 50,3% degli autori di atti di vessazioni digitali sono di genere maschile e il 49,7% femminile. Hanno un'età compresa tra i 13 e i 19 anni e le azioni che hanno compiuto con più frequenza sono state quelle relative alle telefonate mute, agli scherzi telefonici o, in alternativa, hanno escluso intenzionalmente qualcuno da gruppi on line.

Per fare ciò, hanno usato prevalentemente chat di gruppo e messaggi individuali (WhatsApp, Telegram e applicazioni simili). Coloro che compiono tali azioni, secondo il parere degli intervistati, sono ragazzi ansiosi, insicuri e fanno, generalmente, parte di una cerchia di ragazzi conosciuti, che prendono di mira soprattutto chi non è in grado di difendersi o chi ha un handicap fisico. 

(segue)

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