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Cronache
Il sud, in declino da anni, necessita di progetti non di fondi
Su un promontorio di roccia lavica a picco sul mare blu cobalto si erge il meraviglioso castello di Aci

 

 

E’ giusto che un Governo il cui partito di maggioranza ha ottenuto alle ultime ‘lontane’ elezioni tanti voti al Sud continui a cercare consenso in quell’area del Paese.

 

Scelta comprensibile ma sarebbe pure giusto cercare di sostenere il Meridione non per meri fini elettorali ma perché un Paese deve sostenere una sua area in totale emergenza, pena a condannarsi ad una eterna crescita zero.

Il Sud si rilancia con i progetti, non solo con i soldi

Detto questo però bisogna evitare di cadere nell’errore che diverse generazioni politiche hanno fatto nel passato sostenendo il finto paradigma del ‘più soldi, più voti e più soluzioni dei problemi’.

 

No, continuando a ragionare in questo modo, i problemi rimarranno tali e quali.

 

E nemmeno serve, in aggiunta, regalare immagini e sogni.

 

Soluzioni da decrescita felice come poteva essere la balzana idea del Parco ‘giochi’ a Taranto al posto della più importante acciaieria d’Europa o sogni ‘farlocchi’ legati a piogge di miliardi europei  come ’ il piano per il Sud sarà decennale, oltre 100 miliardi con fondi Eu’  come si legge nell’intervista su Repubblica del Ministro per il Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano.

 

Grande rispetto per i legittimi ‘desiderata’ del Ministro, spinto anche da una sana volontà di fare. Prima però di regalare le ennesime promesse di riscatto al Sud e a chi, nel Sud ci abita, sarebbe opportuno fare qualche piccola riflessione.

 

Riflessione sugli errori del passato e su quanto occorra fare prima di crogiolarsi nei ricchissimi fondi europei.

 

Da 50 anni a questa parte nessun politico, nessun Governo dei 70 circa succedutisi nel tempo, ha mai dimenticato il Sud, ma nessuno ha veramente mai capito cosa realmente potesse servire al Sud.

Il Sud si rilancia con i progetti non solo con i soldi

La Cassa del Mezzogiorno ne fu un esempio classico come pure le varie fabbriche che ciclicamente arrivavano e morivano rimanendo cattedrali nel deserto.

 

Gli attuali risultati economici nel Sud, dai bilanci disastrati della Regione Sicilia, ai comuni commissariati per mafia fino ai tassi di disoccupazione che in qualche caso toccano il 60% nei giovani, stanno a dimostrare che le strade percorse nel passato si sono dimostrate tragicamente errate.

 

A ulteriore conferma dell’impoverimento di tutto il Meridione vi è pure la mafia, quella pesante ed internazionale, che non potendo l’ì spremere più nulla pare se ne stia andando verso terre più ricche.

 

Dire allora che un terzo degli investimenti nazionali andrà al Sud, di per sé rappresenta un concetto valido e condivisibile, ma risulta  purtroppo sterile nel momento in cui non si va a spiegare di che progetti di rilancio si sta parlando.

 

E questo modus operandi ha un valore significativo soprattutto nel momento in cui si fa conto su fondi europei.

 

E qui pare utile un’altra piccola riflessione.

 

Non è una novità che noi italiani siamo il fanalino di coda in Europa tra i Paesi che meno sanno utilizzare quello che potremmo avere dall’Europa.

 

E il motivo è abbastanza chiaro.

La nostra Pubblica Amministrazione non solo pare essere non così preparata a redigere le condizioni tecniche indispensabili per accedere ai fondi ma soprattutto non pare  abituata a lavorare per progetti.

 

I Paesi che invece riescono a spendere bene e meglio le risorse Ue, come la Spagna (numero uno in questo processo), hanno una contabilità pubblica orientata alla destinazione della spesa e non alla natura della stessa.

 

Siamo più orientati a chiedere fondi per ridurre la disoccupazione o aumentare la produzione ma siamo meno abituati a pensare a richieste di fondi per progetti cofinanziati per costruire strade, ponti, aeroporti, ferrovie o fare solo pura formazione.

 

Forse il nodo della nostra incapacità a usare i fondi europei sta proprio nella non abitudine della P.A. a lavorare per obiettivi.

 

Ed il reddito di cittadinanza ( che pur non utilizza fondi europei)  che nell’intervista il Ministro esamina, sembra andare in questa direzione. Obiettivo primario è fare quella assistenzialismo senza tenere in debito conto la fattibilità del progetto su cui il RC si basava, quello cioè di alleviare per un periodo limitato il disagio economico delle persone nell’attesa di avviarle ad un lavoro retribuito e stabile. Un lavoro stabile, quello è l’obiettivo. Far crescere l’occupazione.

 

A proposito del RC Provenzano infatti dice che “quanti lo vogliono cancellare probabilmente non hanno mai parlato con chi mette insieme pranzo e cena grazie a quel sostegno. Ma la misura va profondamente rivista per correggerne le storture, coinvolgendo gli attori sociali, come l’Alleanza per la povertà, separando gli obiettivi di contrasto alla povertà e attivazione al lavoro. Il reddito da solo però non crea posti. Per quello servono gli investimenti”.

 

Ecco una misura che deve essere ‘profondamente rivista’. Forse non servono investimenti  ma servono centri per l’impiego che funzionino e controlli per correggerne le storture ( i furbi non solo del cartellino ma pure del reddito garantito). Ma più di ogni altra proposta serve creare le condizioni per sviluppare lavoro.

 

Altrimenti i 100 miliardi, immaginati per il Sud dal Ministro Provenzano, saranno soltanto una bella dichiarazione. Un ennesimo tentativo di dare qualcosa al Meridione, senza però fornire idee e progetti che possano dare un senso e un seguito ad un progetto sulla carta da trenta e lode ma all’atto pratico da ‘rimandato alla prossima sessione di esami’.

 

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