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Cronache
Klaus Davi, premio dai Carabinieri. "Lo dedico alle imprese sane del Sud"

Klaus Davi ha ricevuto un prestigioso riconoscimento dall‘Arma dei Carabinieri per la sua attività di comunicazione sociale e per il suo giornalismo d’inchiesta. Ne parla con Affari Italiani.

Una bella soddisfazione essere premiato dall’Arma…

«Quando un mito come il generale Vincenzo Paticchio mi ha consegnato il riconoscimento stentavo a crederci. Mi trovavo a San Luca per girare un documentario prodotto dalla mia agenzia di comunicazione e l’ex colonnello del Ros, un carabiniere eccezionale, mi ha consegnato una farfalla in porcellana fregiata della frase “Può il battito d’ali di una farfalla scatenare un uragano a migliaia di chilometri di distanza? Noi crediamo di sì. Da più di 203 anni crediamo di sì!”, una citazione del grande matematico Edward Norton Lorenz».

Non è frequente che l’Arma dei Carabinieri conferisca simili riconoscimenti…

«No, lo fanno raramente e per questo vale infinitamente di più!».

Che significato ha questo premio?

«Tantissimo per quello che simboleggia per chi me lo ha consegnato e per il ruolo dell’Arma nella lotta alle mafie.  Vincenzo Paticchio, attualmente Generale in Calabria , è  una persona di grande levatura. Un uomo che ha fatto la guerra ai Casalesi rischiando la vita. Uno dei primi agenti sotto copertura nella storia delle forze dell‘ordine».

Perché questo riconoscimento?

«Da tre anni la mia agenzia lavora a un progetto di comunicazione sul Sud e sulla Calabria, con un focus sulla criminalità organizzata. L’Arma è sempre stata attenta al nostro lavoro.  Ho ricevuto nei giorni scorsi anche un messaggio da Teo Luzi, nominato capo di Stato Maggiore dell’Arma proprio in queste ore, una grande soddisfazione».

Perché la farfalla, simbolo di coraggio?

«A fare questo lavoro rischiamo tutti, io come i miei collaboratori  e, non ultime,  le forze dell’ordine della Questura di Reggio Calabria che mi seguono. Andiamo alla sbaraglio nelle terre della mafia per raccogliere documenti, filmare, annotare e capire. Io mi sento una farfalla: ho una sensibilità più femminile che maschile, ma sul campo mi batto come Mike Tyson. Il coraggio comunque è un valore sempre più femminile».

Lei affronta i boss direttamente , come nel caso di Demetrio Lo Giudice, uno dei capi della ‘Ndrangheta…

«Mi è arrivata una soffiata in piena notte su dove lo avrei potuto trovare. Ero in zona casualmente e, senza pensarci troppo, sono andato. Lui non c’era. Sono tornato il giorno dopo e ho trovato la madre; forse non è stato prudente, ma il risultato è stato eccellente perché abbiamo molto materiale sull’omicidio della sua amante avvenuto nel marzo scorso e su cui gli inquirenti stanno indagando. Comunque quando sono in Calabria mi segue sempre la Digos, che ringrazio».

Il rampollo Giovanni Tegano è stato arrestato un anno dopo la sua inchiesta sulle sue notti brave.

«Esatto. Il capo della squadra mobile di Reggio Calabria ha praticamente ricalcato pari pari un nostro articolo di un anno prima che segnalava l’aggressione al politico di Fratelli D’Italia Domenico Meduri, che però si è incredibilmente rifiutato di parlare con noi. A Reggio Calabria funziona così. Il giornalismo e la trasparenza sono un optional… Tant’è, visto lo scrupoloso lavoro della Polizia vuol dire che le nostre fonti erano buone. Non importa che né io né i miei collaboratori siamo stati citati. L’importante è il risultato. Bisogna ammettere che oggi possiamo lavorare più liberamente perché ora lo Stato è molto determinato nello sconfiggere la mafia, come si è visto anche in questa occasione».

La sua agenzia punta sulla comunicazione sociale…

«Nell’era degli attacchi alle aziende e della manipolazione, investire nel sociale significa proteggere anche i propri clienti e contestualizzare socialmente una comunità aziendale. Il nostro obiettivo è aiutare l’impresa pulita al Sud».

I prossimi progetti?

«Molti ma non posso parlarne. Sarete i primi a saperlo».

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