La mafia non ha vinto, ma non ha nemmeno perso. Orlando convoca gli esperti
“La mafie non hanno vinto, ma non hanno nemmeno perso – ha dichiarato il Ministro della Giustizia Andrea Orlando - perché sono entità reattive che sanno adattarsi ai cambiamenti della società e dell’economia più di quanto non riescono a fare i singoli Stati ed è quindi necessario ragionare su cos’è la mafia nel XXI secolo e come si può sconfiggere superando vecchi paradigmi di contrasto utilizzati fino ad ora”.
Lo ha affermato durante la conferenza stampa per presentare l'evento conclusivo degli “Stati Generali della lotta alle mafie”, che si svolgerà a Milano, Palazzo Reale, nei giorni 23 e 24 novembre 2017, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si tratta di un lavoro iniziato ad ottobre 2016 e che ha coinvolto 36 componenti del comitato scientifico, 188 tra coordinatori e componenti dei 16 tavoli tematici suddivisi per discipline quali economia, ambiente, scuola, informazione, sport, religione, per un totale di 224 addetti ai lavori: un fronte molto largo di persone con competenze molto diverse tra loro e anche con visioni differenti su come contrastare la criminalità.
I partecipanti hanno prodotto documenti, ascoltato altre persone e depositato il tutto a maggio 2017 in una piattaforma informatica che sarà messa a disposizione delle Istituzioni, ma anche per discuterne in futuro con i cittadini che vivono nei luoghi in cui è maggiore la penetrazione delle mafie. Ed è proprio questo il “filo rosso” che ha ispirato il lavoro e cioè l’esigenza di leggere l’evoluzione delle mafie in tutti gli ambiti della vita sociale per cogliere i “varchi”, in cui riescono ad inserirsi nel tessuto sociale. Le mafie presidiano ancora la società, cercando di controllare il territorio con un welfare in aperta competizione con lo Stato. Le singole Nazioni, da sole, non riescono a contrastare le mafie che sono sempre più globali e con la crisi delle democrazie rischiano di essere gli ultimi corpi sociali sopravvissuti capaci di svolgere, paradossalmente, un ruolo di attori di connessione e intermediazione nel tessuto sociale.
Il limite è stato sempre quello di aver attribuito alle sole norme repressive, una valenza salvifica e risolutiva, mentre c’è un campo in cui va richiamata la responsabilità dei soggetti sociali per “portare la lotta alle mafie oltre il recinto dell’azione penale”. Dai lavori, è emersa l’esigenza di agire su due livelli: “il primo, ripartire dai territori e dai settori dove le mafie penetrano per sostenere i presidi istituzionali dell’inclusione sociale. Il secondo, rilanciare la cooperazione giudiziaria internazionale ed è per questo motivo - ha dichiarato il Ministro - abbiamo scelto Milano, la capitale internazionale d’Italia”. “Dalle giornate di Milano mi aspetto un documento finale condiviso, la Carta di Milano per la lotta alle mafie del XXI secolo che presenteremo al Parlamento, al Governo e all’Unione Europea – ha concluso Orlando - affinché la lotta alla mafia non sia patrimonio di questa o quella forza politica, ma possa diventare elemento di continuità nell’attività dello Stato e dei Governi“.