Lavoro domenicale, per motivi religiosi ci si può opporre
No alla multa e alla sospensione dallo stipendio per un giorno per un dipendente delle Poste, che, per motivi religiosi, si oppose al turno di lavoro domenicale. La sezione lavoro della Cassazione ha infatti respinto il ricorso della societa' Poste Italiane, che si era rivolta al giudice per far dichiarare la legittimita' delle sanzioni disciplinari irrogate a un dipendente che era risultato assente al lavoro in tre turni domenicali, presentandosi invece nei giorni settimanali quando era di riposo per recuperare le assenze. Nel 1999, si legge nella sentenza depositata oggi, la societa' Poste aveva introdotto a livello sperimentale nel centro di Peschiera Borromeo il turno domenicale, prima a base volontaria, per poi estendere "unilaterlamente l'applicazione" del turno "senza raggiungere un accordo sindacale": alcuni sindacati avevano contestato l'imposizione di effettuare il lavoro di domenica e il dipendente in questione aveva comunicato di non volere essere posto in servizio nelle giornate festive domenicali e cristiane, allegando che "il diritto di riposo nel giorno destinato all'esercizio del proprio culto era desumibile anche dal contratto collettivo (che in tal senso aveva previsto in favore dei lavoratori delle chiese cristiane avventiste e per quelle ebraiche) senza subordinazione alle esigenze di produzione o di servizio". La Corte d'appello di Milano aveva ritenuto "sproporzionate" le sanzioni al lavoratore e tale conclusione e' stata condivisa dai giudici di legittimita'.
"La Corte di merito - si legge nella sentenza - ha valorizzato un certo grado di affidamento indotto dal comportamento aziendale, che aveva portato il lavoratore a ritenere che sarebbe stato mantenuto un atteggiamento di tolleranza riguardo alla mancata prestazione del lavoro domenicale". I giudici d'appello, continua la Cassazione, hanno anche valorizzato "l'offerta della prestazione lavorativa nel giorno di riposo settimanale, condotta che, pure priva di valore scriminante, esprime un atteggiamento collaborativo manifestato" dal dipendente "per compensare l'assenza", nonche' il "contesto complessivo della vicenda in cui l'infrazione si collocava: esisteva - conclude la Corte - una iniziativa sindacale in corso e una richiesta individuale di non assegnazione a turni domenicali per motivi religiosi (esercizio del diritto di culto), circostanze di cui la societa' Poste italiane era a piena conoscenza e che portarono nel periodo immediatamente successivo alla soppressione del turno domenicale". I tre "indici valorizzati" dal giudice di merito "ai fini del giudizio di non proporzionalita' delle sanzioni", secondo la Cassazione, "appaiono valide specificazioni del parametro normativo".