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Cronache
Lecce. 'nessuna infiltrazione mafiosa a Parabita'

LECCE - I giudici amministrativi danno ragione all’ex sindaco Cacciapaglia e accolgono il suo ricorso: non è stata riscontrata alcuna collusione con la mafia, nessuna infiltrazione mafiosa. L’ex primo cittadino non aveva colpe nel mancato sgombero delle case popolari (nemmeno i commissari sono riusciti a sgomberarle) e nemmeno nella vicenda dei rifiuti, secondo il Tar Lazio, presieduto dal giudice Carmine Volpe. Le spese sono compensate ma i giudici hanno disposto l’estromissione dal giudizio del Presidente della Repubblica e l’accoglimento del ricorso, che annulla i provvedimenti impugnati. Dunque, il commissariamento disposto con decreto presidenziale è stato annullato dai giudici di primo grado. Il vicesindaco Giuseppe Provenzano, accusato di essere il referente della mafia locale, si è dimesso subito dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia, quindi, per i giudici non possono essere chiamati a pagare tutti gli altri amministratori. All'interno del dossier riportato nel decreto presidenziale di scioglimento si parlava di favori fatti alle famiglie vicine al clan Giannelli per assegnare buoni in denaro, lavori, alloggi popolari, locali commerciali e assunzioni tra gli operatori ecologici con aggravio di spese per l'amministrazione.

Le pagine del decreto di scioglimento del Consiglio comunale di Parabita, firmate dal ministro Minniti, parlano di un'amministrazione diventata dispensatrice di favori e lavoro agli uomini del clan: si entra nel dettaglio delle occupazioni abusive agevolate, voucher, buoni lavoro e altro. «L'amministrazione diveniva una sorta di distributore a disposizione dell'organizzazione per le diverse tipologie di benefici ad essa assicurati, chiaro segnale di un'inequivocabile influenza del clan sulla vita dell'ente»- si spiega nella relazione. Motivazioni di uno scioglimento che ha fatto discutere l’Italia è che ora si sciolgono come neve al sole davanti ai giudici amministrativi. Il sindaco Cacciapaglia, difeso dall’avvocato Pietro Quinto, ne esce pulitissimo dal giudizio: la sua amministrazione era estranea ai collegamenti del suo vicesindaco. Ora tutto può tornare com’era prima del commissariamento: l’uomo vicino al clan era già stato sostituito. Anche l’avvocaro Luciano Ancora ha difeso l’amministrazione di Parabita davanti ai giudici amministrativi: “Sono contento di aver contribuito insieme al collega Pietro Quinto a restituire serenità, dignità e credibilità al galantuomo amico mio da sempre ed ottimo Collega Alfredo Cacciapaglia!”.

Ecco cosa ricordano i giudici sulla vicenda dei rifiuti: “Viene quindi evidenziata la vicenda relativa all’affidamento della raccolta dei rifiuti solidi urbani a favore di ditta, più volte prorogata, nel cui organico risultava assunto il locale ‘capoclan’ e due suoi sodali, che nulla aggiungeva a quanto riportato nella proposta ministeriale. Anzi, era precisato che l’assunzione del suddetto ‘capoclan’ era anteriore all’inizio del primo mandato del sindaco ricorrente e che la sua stabilizzazione era del 2013, dopo la sottoscrizione del contratto di affidamento del servizio in seguito a gara. Era quindi affermato che ‘Le assunzioni ottenute per il tramite di agenzia interinale e poi consolidate attraverso l’azienda appaltatrice del servizio RSU sono elementi di indubbia gravità che, dall’esame del contesto ambientale e delle modalità di affidamento del servizio, sollevano da ogni dubbio circa l’assoluta permeabilità dell’amministrazione comunale al condizionamento del clan, costituendo elemento ritenuto di fondamentale rilevanza dalla interpretazione giurisprudenziale”. Dunque, i giudici confutano la relazione del commissariamento ritenendo che il primo cittadino abbia agito correttamente.

IL COMMENTO DEI LEGALI

“Giustizia è fatta”. E’ il commento dell’avvocato Pietro Quinto che unitamente all’avvocato Luciano Ancora ha difeso l’avvocato Alfredo Cacciapaglia Sindaco di Parabita e i Consiglieri Comunali interessati nel giudizio innanzi al TAR Lazio avverso il decreto con cui era stato sciolto il Consiglio Comunale di Parabita per presunte infiltrazioni mafiose.
La vicenda aveva avuto origine da indagini di natura penale che avevano interessato una decina di Comuni del Sud Salento in cui operavano delle organizzazioni criminali.
Nel corso di quella indagine era emerso che un amministratore del Comune di Parabita, il vice-sindaco Provenzano, sarebbe stato in qualche modo collegato a queste organizzazioni, per la qual cosa era stato anche arrestato.
Nonostante le dimissioni dell’amministratore, al quale peraltro il Sindaco Cacciapaglia aveva revocato l’incarico, e nonostante nessun altro amministratore del Comune, tanto meno il Sindaco, fosse stato interessato da vicende giudiziarie, neppure a livello di semplice avviso di indagini, la Prefettura ed il Ministero, a seguito di ispezione, avevano dedotto una incidenza nell’attività amministrativa del Comune delle organizzazioni oggetto degli accertamenti penali. “A nulla erano valse le documentate controdeduzioni in sede amministrativa formulate dall’avvocato Quinto nell’interesse dell’avvocato Cacciapaglia a dimostrazione della costante linearità amministrativa della gestione del Comune e della inesistenza di profili di illegittimità delle pratiche amministrative.

Su proposta del Prefetto e dell’apposita Commissione di indagine era stato comunque emanato il decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose del Consiglio Comunale di Parabita con la nomina di tre commissari. Da qui il ricorso al TAR nel quale si evidenziava la carenza di tutti i presupposti di fatto e di diritto per l’adozione del grave provvedimento lesivo dell’autonomia comunale. In particolare gli avvocati Quinto ed Ancora hanno documentato ed evidenziato nella discussione orale i vizi del procedimento derivanti dal forzato collegamento tra i fatti oggetto delle indagini penali riguardanti un’ampia zona del territorio del Sud Salento e le vicende amministrative del Comune, senza che fossero individuati atti e procedimenti che attestassero un condizionamento della complessiva attività amministrativa del Comune. In particolare, la difesa di Cacciapaglia ha dimostrato che le specifiche contestazioni su atti e vicende amministrative erano prive di fondamento perché non vi erano stati comportamenti omissivi e commissivi del Sindaco e degli Amministratori censurabili in termini di legittimità amministrativa.

Tutte queste argomentazioni hanno fatto breccia nel giudizio del TAR del Lazio che ha annullato il decreto di scioglimento del Consiglio Comunale di Parabita.
Nel commentare la decisione l’avvocato Pietro Quinto ha sottolineato come la sentenza del TAR sia particolarmente rilevante sia sotto il profilo giuridico che sotto quello istituzionale. In termini istituzionali – ha dichiarato l’avvocato Quinto – lo scioglimento del Consiglio Comunale è un atto straordinario perché incide su una delle istituzioni fondamentali della Repubblica Italiana. Come si legge nella Carta Costituzionale infatti la definizione della Repubblica comprende innanzitutto il Comune, quale luogo dove si esprime nella forma più diretta la volontà popolare. Perché lo Stato possa intervenire sciogliendo il Consiglio Comunale devono sussistere elementi certi e indiscutibili che dimostrino come la gestione amministrativa dell’Ente sia effettivamente inquinata o possa esserlo per effetto di infiltrazioni malavitose. Nel caso di Parabita non solo non vi era stata questa dimostrazione ma si era disconosciuto il ruolo di alta professionalità svolto dal Sindaco Cacciapaglia, professionista affermato, che esercita l’attività di avvocato, eletto ben 2 volte alla carica sindacale e nei confronti del quale alcun addebito era stato mai sollevato in qualsiasi sede. Era quindi evidente una contraddizione in termini perché in assenza di qualsivoglia contestazione nei confronti di un Sindaco autorevole non si poteva poi ritenere che quello stesso Sindaco potesse consentire anche involontariamente una qualche forma di inquinamento dell’attività amministrativa.

Sotto il profilo strettamente giuridico - continua l’avvocato Quinto – le censure sollevate dalla Commissione di indagine su singole vicende amministrative si erano dimostrate del tutto insussistenti, come ad esempio la vicenda del mancato sgombero di due abitazioni di case popolari, dimenticando che la competenza non appartiene al Comune bensì all’istituto gestore degli alloggi, e che ancora oggi, a distanza di un anno dall’insediamento dei Commissari, lo sgombero non è neppure avvenuto. Eclatante era poi la vicenda della gestione del servizio di nettezza urbana perché – come si è dimostrato in giudizio – la relazione della Commissione aveva ignorato del tutto le iniziative assunte dal Sindaco Cacciapaglia per sollecitare l’Ambito Ottimale comprendente il territorio del Comune di Parabita (ARO 9) affinchè venisse pubblicato il bando per l’affidamento del servizio. Ed anzi, proprio a seguito delle diffide ed iniziative del Sindaco Cacciapaglia era intervenuta l’ANAC per sollecitare i comuni dell’ARO 9 ad indire la gara d’appalto.
Circostanza questa che a tutt’oggi non ha trovato una soluzione definitiva.
La soddisfazione – conclude l’avvocato Quinto unitamente all’avvocato Ancora – per il positivo esito del giudizio non è solo di natura professionale ma è anche personale per il rapporto di colleganza ed amicizia con l’avvocato Alfredo Cacciapaglia”.

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