Legambiente, appello a Di Maio:"Stop estrazioni di petrolio nei mari italiani"
LA PARTITA DEL PETROLIO - E' nelle
acque territoriali scozzesi che si trovano quei giacimenti del Mare del Nord dai quali proviene larga parte della produzione
petrolifera del Regno Unito. Nei 18 mesi che Salmond prevede saranno necessari per gestire la secessione insieme a Downing Street, uno dei principali temi da discutere sara' quindi la spartizione dei ricavi delle attivita' estrattive, che contano per il 19% del Pil della Scozia e per il 2% dell'economia
dell'intera Gran Bretagna. Ricavi che, pero', continuano a scendere, sia per il forte calo dei prezzi sui mercati internazionali che per il tracollo della produzione, diminuita
del 40% solo negli ultimi quattro anni. I proventi fiscali, invece, resterebbero alla Scozia, che avrebbe quindi la possibilita' di costruire un fondo per il welfare alimentato a
idrocarburi, seguendo l'esempio norvegese. Le grandi major petrolifere si sono pero' schierate con il no. Bob Dudley e Ben
van Beurden, numeri uno di Bp e Royal Dutch Shell, hanno affermato che conservare l'unione con Londra "sarebbe positivo per l'industria petrolifera e l'economia". Il timore degli operatori e' che una Scozia indipendente non possa garantire gli investimenti necessari.
L'appello di Legambiente a Di Maio: "Basta estrazione di petrolio nei mari italiani"
L'appello di Legambiente a Di Maio Basta estrazione di petrolio nei mari italianiL'ha dichiarato il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti. Bilancio critico per la Goletta Verde di Legambiente, solo il 52% dei 261 punti campionati dai tecnici nelle 15 regioni costiere italiane, infatti, è risultato entro i limiti di legge; il restante 48% è invece "fortemente inquinato” (39%) e "inquinato” (9%) e la causa di questi risultati è sicuramente da attribuire alla mala depurazione di cui ancora soffrono vaste aree del nostro Paese e per la quale l’Unione europea ci ha presentato un conto salatissimo. Sulla depurazione, l’Italia è oggetto di due condanne e di una terza procedura d’infrazione, che riguardano complessivamente 909 agglomerati urbani, di cui il 25% in Sicilia (231 agglomerati), 143 in Calabria (16%), e 122 in Campania (13%).
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