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Cronache
Mafia, a Palermo 11 arresti: anche l'uomo dei pizzini di Matteo Messina Denaro

Mafia, blitz a Torretta, nel palermitano. Fra gli arrestati il collettore dei pizzini per Messina Denaro, Lorenzo Di Maggio. Scarcerato nel 2017 era sotto sorveglianza speciale e obbligo di dimora a Carini. I pizzini gli venivano recapitati a lavoro all'Amat o presso l'abitazione della madre

Lo rivela l'indagine "Cristal Tower" dei carabinieri di Palermo che ha colpito la famiglia mafiosa Torretta operativa nel comune alle porte del capoluogo siciliano. 11 le misure cauteari. Colpiti anche affiliati. Sono numerosi gli incontri riservati organizzati dal clan individuati dagli investigatori dei carabinieri del Comando provinciale di Palermo che ha eseguito la misura emessa dal gip su richiesta della Dda che ha coordinato le indagini, in particolare quella del 21 novembre 2018 a casa di Raffaele Di Maggio, tra i vertici della cosca torrettese e a cui hanno partecipato anche Antonino Ignazio Mannino, Calogero Badalamenti e il padre di Christian Calogero Zito (su cui c'è un mandato di cattura).

Il 27 settembre sempre del 2018 era atterrato in Sicilia, all'aeroporto Falcone Borsellino un emissario di Cosa nostra statunitense, un esponente del clan Gambino, accolto con tutti gli onori dai Torretta, alloggiato in una lussuosa villa con piscina a Mondello, e anche da un grammo di cocaina per il benvenuto. L'americano in quel lasso di tempo partecipa a incontri riservati prima a Torretta e poi a Baucina.

L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, dai sostituti Amelia Luise e Giovanni Antoci ha intercettato un asse rinvigorito con New York. L'indagine ha registrato la diretta e immediata attivazione dei torrettesi quando a settembre 2019 a Staten Island (New York) venne ucciso a colpi di pistola Frank Calì, detto Franky boy, mafioso di spicco negli Usa.

"Nei giorni successivi – spiegano gli investigatori dell'Arma - si registrava la partenza per gli Stati Uniti del figlio di uno degli indagati, che, durante la sua permanenza a New York, si è relazionato anche con soggetti della Cosa nostra locale, tra cui l'emissario giunto a Torretta l'anno precedente. Rientrato in Sicilia il giovane ha riferito il clima di profonda tensione creatosi sulla sponda americana e le proprie valutazioni sulla successione al vertice di Franky Boy". Registrati dai carabinieri anche i commenti di prima mano di alcuni degli indagati in rapporti personali con Frank Calì e che, in un primo momento, avevano temuto una pericolosa escalation di violenze nella quale rischiavano di rimanere direttamente coinvolti anche altri soggetti a lui vicini, considerati attivi nel contesto mafioso americano. 

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