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Cronache
Da fuggitivo con Eichmann a frate in convento. Il giallo di Majoirana

“Al mondo ci sono varie categorie di scienziati… Ma poi ci sono i geni, come GALILEO e NEWTON. Ebbene, ETTORE MAJORANA era uno di questi.” Enrico Fermi

Collaboratore del Terzo Reich, in fuga con Eichmann in Argentina, finto frate in un convento, libero cittadino in Italia. Uno dei grandi misteri della storia italiana. Un giallo affascinante, ora, a centodieci anni dalla nascita, finalmente risolto nel libro "La seconda vita di Majorana" di Giuseppe Borello, Lorenzo Giroffi, Andrea Sceresini  ed edito da Chiarelettere.

FINALMENTE RISOLTO UNO DEI PIÙ MISTERIOSI GIALLI ITALIANI - UNO SCOOP INTERNAZIONALE

“Chi ha visto Majorana?” A rispondere ci hanno provato in tanti, Mussolini pretese subito la verità senza ottenere soddisfazione, Sciascia vi dedicò uno dei suoi libri più importanti (La scomparsa di Majorana), Gianni Amelio lo raccontò nel film I ragazzi di via Panisperna, Paolo Borsellino aprì un’inchiesta sul caso. Film e indagini giornalistiche si sono susseguiti nel tempo ma la verità su Ettore Majorana (Catania 1906-?), geniale fisico italiano, non è mai venuta fuori: tante ipotesi, le più svariate, dal suicidio alla fuga in altri paesi, al ritiro in un convento.

Questo libro ci offre una nuova verità. Gli autori si sono mossi sulle tracce del ricercatore, hanno viaggiato in Sud America, incontrato i figli e i nipoti degli ultimi testimoni che hanno visto Majorana ancora in vita dopo la fuga, e hanno finalmente ricostruito i misteri di una scomparsa legata a molti e inquietanti motivi. Un vero scoop internazionale dopo che nel 2015 la magistratura, sulla base di una nuova testimonianza, aveva accertato la permanenza del grande scienziato italiano in Venezuela. Non restava che andare laggiù e indagare, ed è quello che gli autori hanno fatto. Un racconto agile, ricco di colpi di scena, un reportage unico, tra attualità, storia e verità giudiziarie, con un ricco inserto fotografico e documentario in parte inedito. A centodieci anni dalla nascita.

Estratto da

La seconda vita di Majorana - di Giuseppe Borello, Lorenzo Giroffi, Andrea Sceresini

© 2016 Chiarelettere editore srl _ Chiarelettere, Milano 2016

Prefazione di Salvatore Majorana*

Ho accolto con esitazione l’invito degli autori a lasciare un commento sul loro lavoro. L’idea che il segreto di Ettore potesse divenire un po’ più accessibile mi creava disagio, devo ammetterlo. Lo zio Ettore – così sono stato abituato a chiamarlo in casa – è stato per tanti anni una figura affascinante, che da ragazzo guardavo con straordinaria e fanciullesca ammirazione, sentendolo un po’ mio. Con il tempo, grazie agli studi e alle diverse testimonianze raccolte in famiglia, e dai molti che mi hanno regalato i loro punti di vista più o meno bizzarri, ho assunto un rispettoso distacco da una delle figure più geniali della storia della fisica.

È vero, condivido il cognome, e ho potuto godere di molti aspetti della vita di quella grande famiglia in cui lo stesso Ettore era cresciuto. E questo me lo fa sentire vicino. Ma l’eccezionale grandezza dello scienziato è un patrimonio che va ben al di là della nostra famiglia: il suo lavoro è patrimonio di tutti, non sempre facile da comprendere e spesso troppo trascurato di fronte all’intrigante evoluzione della sua stessa vita. Eppure è un patrimonio vivo, che anima comunità di ricercatori e dimostra ogni giorno di più la profondità di visione di questo grande uomo. Vi dirò dunque dei miei pensieri, senza la pretesa di possedere alcuna verità (chi poi potrebbe mai?) o di incarnare il messaggio di altri, visto che anche tra i miei stessi zii e cugini vi sono letture diverse delle vicende che hanno riguardato Ettore Majorana. Che Ettore avesse deciso di sottrarsi alla vita che stava vivendo è sempre stata mia ferma convinzione. Così come ho maturato la certezza che non si fosse mai ucciso. Prima ancora di cominciare a leggere della sua storia, quando ero un ragazzino, i racconti di famiglia non contemplavano mai l’ipotesi del suicidio.

Alcuni dei miei zii con il giovane Ettore avevano trascorso i mesi di villeggiatura in Sicilia e di lui conservavano il ricordo di un ragazzo brillante, certamente, e di carattere. Non era proprio nel suo profilo un gesto estremo come levarsi la vita. Levarsi di torno invece sì. Anzi, credo che con il tempo Ettore abbia sviluppato la ferma convinzione che intorno a lui non vi fossero persone adeguate a comprendere ciò che faceva. Gli anni magici dell’incontro con Fermi, la creazione del gruppo di via Panisperna e gli intensi scambi con i più eminenti fisici del tempo (nel 1933, ad esempio, era a Lipsia con Werner Heisenberg, premio Nobel per la Fisica grazie al suo principio di indeterminazione, successivamente modificato proprio da Ettore) gli avevano dato un contesto di riferimento in cui trovare degli interlocutori stimolanti. Ma, un po’ alla volta, le strade di quei ragazzi si divisero, e la comunità di riferimento di Ettore divenne meno vicina, meno raggiungibile. O almeno così la percepì. Le cose intorno a lui cambiavano. Ed Ettore era certamente persona capace di leggere la storia del suo tempo. Era in Germania all’epoca dei Bücherverbrennungen, i roghi di libri a opera del regime nazista, e credo che restò scosso nell’osservare come scienziati di spessore fossero sotto pressione in quel contesto (alcune lettere di Ettore allo zio Quirino lasciano trapelare tali considerazioni).

Ma su questi argomenti hanno già scritto in molti. Fu dunque la straordinaria capacità di interpretare i fenomeni naturali che lo circondavano, fossero questi il comportamento delle particelle subatomiche o i movimenti politici, che – a mio avviso – guidarono Ettore Majorana nelle sue scelte. Scelte che, ancora una volta, anticiparono i tempi. E non ho mai creduto che la scelta di «sparire» sia stata dettata da un briciolo di egoismo. Sparire e far perdere le proprie tracce voleva dire lasciare per sempre i suoi affetti, l’amata sorella, i compagni di studio. No, non credo che sia stata una scelta facile. Del resto, la vita dello zio Ettore era destinata a imprese impossibili ai più. Ho guardato negli occhi i nostri autori e ho ascoltato le storie della loro ricerca sulle tracce dello zio Ettore.

Ho trovato una scintilla di curiosità e un modo molto delicato di trattare le scoperte che di volta in volta facevano. Avevo letto sommarie informazioni sul lavoro della Procura della Repubblica, la cui ricostruzione dei fatti mi era parsa fantasiosa e poco credibile. Il libro che vi apprestate a leggere si muove con attenzione attraverso molti riscontri e ci lascia un ritratto che ha del verosimile. Sapere che quel «signor Bini» potesse nascondere un pezzetto della vita di Ettore, dopo il primo turbamento, mi ha quasi sollevato.

Resta intatto un grande mistero, forse l’unico che merita di essere celebrato con clamore: chissà se allora quell’incontenibile mente non abbia lasciato i suoi appunti di lavoro in qualche luogo. Forse potremmo trovarci le risposte a molte domande della scienza rimaste aperte.

* Salvatore Majorana (Catania, 1971), ingegnere, è stato visiting scholar alla UC Berkeley (Usa) e ha conseguito l’Mba dell’Insead (Institut européen d’administration des affaires). Attualmente è direttore del Technology Transfer presso l’Istituto italiano di tecnologia (Iit). È figlio di Giuseppe Majorana e nipote di Salvatore Majorana, quest’ultimo primo cugino del fisico Ettore Majorana.


Giuseppe Borello (Vibo Valentia, 1983) ha lavorato in Deutsche Bank per quattro anni prima di dedicarsi totalmente alla sua passione, il giornalismo. Nel 2013 vince la borsa “Giuseppe D’Avanzo” per il giornalismo d’inchiesta e inizia la sua collaborazione con “la Repubblica”. Fa parte della redazione inchieste, dove sviluppa i suoi progetti video su vari argomenti di attualità italiana e internazionale. Scrive per “Il Sole 24 Ore”. Dal 2014 è inviato della trasmissione televisiva di La7 Servizio Pubblico.

Lorenzo Giroffi (Casagiove, 1986), giornalista freelance, ha vinto con i suoi reportage il premio “Reporter contro l’usura”, il premio di giornalismo internazionale “Maria Grazia Cutuli” e quello dedicato a Ivan Bonfanti. Ha realizzato inchieste sulle rivoluzioni in Tunisia ed Egitto, sugli affari della camorra, sulle periferie londinesi, sul conflitto nel Donbass, sul golpe in Burkina Faso, sul mercato africano dell’oro clandestino e sulla crisi venezuelana. Tra i suoi libri: Visioni Meccaniche (2011), Il mio nome è Kurdistan (2014) e Ucraina. La guerra che non c’è (con Andrea Sceresini, 2015).

Andrea Sceresini (Sondrio, 1983), giornalista freelance, è autore di molte inchieste e reportage di guerra per “La Stampa”, “Il Foglio”, “il Fatto Quotidiano” e “l’Espresso”. Ha vinto i premi “Igor Man” e “Ivan Bonfanti” per le sue corrispondenze dall’Ucraina. Per Chiarelettere ha curato il libro di Vittorio Dotti L’avvocato del diavolo (2014) e Mai avere paura (2016), storia del legionario Danilo Pagliaro. Ha realizzato reportage e documentari per la Rai, la tv svizzera e Sky.

Salvatore Majorana (Catania, 1971), ingegnere, è stato visiting scholar alla UC Berkeley (Usa) e ha conseguito l’Mba dell’Insead (Institut européen d’administration des affaires). Attualmente è direttore del Technology Transfer presso l’Istituto italiano di tecnologia (Iit). È figlio di Giuseppe Majorana e nipote di Salvatore Majorana, quest’ultimo primo cugino del fisico Ettore Majorana.

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