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Cronache
Marilyn Monroe sopravvisse a una prima overdose: la storia inedita in un libro

Marilyn Monroe, la prima overdose nel 1956 e il detective che la salvò. La storia sconosciuta ora in un libro

Sei anni prima che il corpo di Marilyn Monroe venisse trovato senza vita nel letto della sua casa a Brentwood, Hollywood, nel 1962, l'attrice aveva rischiato di morire per un'overdose in un motel da pochi dollari. È quanto rivela una nuova biografia incentrata sulla figura di Fred Otash, poliziotto di Los Angeles diventato investigatore privato e amico di molte star del cinema, un personaggio da romanzo di Raymond Chandler e uomo al quale Hollywood aveva chiesto negli anni '50 e '60 di aiutare a coprire scandali e misteri legati alle celebrità del mondo del cinema.

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Secondo quanto emerge nel libro "The Fixer", scritto da Josh Young e Manfred Westphal, un sabato mattina della primavera del '56, Otash era stato invitato frettolosamente a una colazione da Nate'n' Al's, locale a Beverly Hills frequentato all'epoca da star come Rita Hayworth, Ava Gardner e James Garner. Era lo stesso posto dove Doris Day si fermava ogni mattina per prendere la sua ciambella salata al formaggio. Otash era conosciuto nell'ambiente come 'Freddie'. Nel locale a Beverly Hills, il poliziotto si era visto con il produttore di "Da qui all'eternita'" Maurice Adler. Quando Otash se lo era ritrovato al tavolo, Adler, apparso insolitamente nervoso, era andato subito al punto e gli aveva rivelato il motivo dell'incontro: "Marilyn è sparita". "Che cosa vuole dire?", aveva risposto il poliziotto. A quel punto Adler aveva spiegato che l'attrice non si era presentata sul set, dove era attesa per girare alcune scene di "Fermata d'autobus", dove Marilyn recitava la parte della protagonista, Cherie, una ballerina da night club di cui si innamora un cowboy del Montana. Nessuno l'aveva vista nelle ultime ventiquattr'ore. Anche il marito, Arthur Miller, era preoccupato.

Poco prima Marilyn era stata ricoverata per "tensioni nervose". Adler aveva detto che l'avrebbe licenziata se non fosse che il film era arrivato a metà della produzione e un cambio di cast sarebbe stato impensabile. Ogni giorno mancato di lavoro, costava alla produzione quarantamila dollari. Non c'era tempo da perdere. Adler disse che aveva bisogno di ritrovare Monroe prima possibile. Otash si era messo subito al lavoro contattando tutte persone del giro dell'attrice. Tra questi, era arrivata la segnalazione di un tipo noto per essere un fornitore di droga e lui stesso tossicodipendente. Secondo alcuni, era stato visto bazzicare l'attrice nei giorni precedenti la scomparsa.

Le ricerche non avevano portato a risultati positivi. A casa non c'era nessuno. L'ultima traccia poteva essere un malandato motel a Santa Barbara. L'investigatore si era presentato nel luogo indicato, aveva bussato alla porta di una anonima stanza d'albergo, presentandosi come il fattorino delle consegne. Qualcuno gli aveva aperto. Otash si era ritrovato davanti un uomo in mutande: era il pusher. Monroe era nuda sul letto, priva di sensi, seduta in posizione fetale. C'erano siringhe, aghi e altro materiale utile per un'iniezione. L'investigatore aveva chiamato il produttore e chiesto cosa avesse dovuto fare. L'ordine di Adler era stato quello di portare via l'attrice prima che qualche paparazzo se ne fosse accorto. Otash, da vero "Fixer", risolutore di problemi tipo il Mr. Wolf di "Pulp Fiction", si era occupato di togliere dalla stanza qualsiasi traccia, portare via il balordo trovato nella camera e metterlo sul primo bus con biglietto di sola andata per San Francisco. Marilyn venne disintossicata in una clinica di Hollywood e ritornò sul set qualche giorno dopo.

Quando i giornalisti chiesero il motivo della lunga assenza, un portavoce dell'attrice aveva detto che la star aveva avuto solo bisogno di un po' di riposo per il troppo lavoro. La scena finale di "Fermata d'autobus" venne girata pochi giorni dopo. Nell'agosto del '56 il film uscì nelle sale americane. Per la sua interpretazione, Monroe ricevette molti commenti positivi. Il critico cinematografico del New York Times, Bosley Crowther, sentenziò: "Marilyn Monroe ha finalmente dimostrato di essere un'attrice".

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