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Cronache
Omicidio Scialdone, gip: "Obiettivo era uccidere Martina". La difesa non regge

Omicidio Scialdone, il gip: "L'obiettivo di Bonaiuti era uccidere Martina"

È "palesemente e inequivocabilmente emerso che l’unico obiettivo perseguito da Costantino Bonaiuti fosse esclusivamente quello di uccidere Martina Scialdone": a scriverlo il gip nell’ordinanza con cui ha disposto il carcere, convalidando l'arresto, per l’uomo che venerdì sera ha ucciso l’avvocatessa di 34 anni fuori ad un ristorante al Tuscolano, a Roma. "Ciò si evince non solo dalle modalità di svolgimento dei fatti così come descritte dal fratello della vittima, testimone oculare – continua l'ordinanza - ma anche dalla circostanza che Bonaiuti, pur potendo, anche successivamente all’evento rivolgere l’arma nei suoi stessi confronti, ha con estrema lucidità, una volta ucciso la donna, diretto la sua azione esclusivamente alla fuga". 

La procura di Roma, con i pm del pool antiviolenza coordinati dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, contesta a Bonaiuti l’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi futili e abietti rappresentati dalla gelosia e dall’aver agito contro una persona a lui legata da relazione affettiva.

Dagli atti "emerge che quella sera c’è stata una litigiosità e se fosse stata interrotta repentinamente tutto sarebbe rientrato nella norma. Non emerge invece alcuna chiamata alle forze dell’ordine. Non è stata confermata in questa fase la patologia tumorale ma sono state confermate delle gravi patologie polmonari, cardiovascolari e psicologiche. Il giudice non ritiene che in questo momento possano essere invalidanti rispetto a una detenzione carceraria ma ha predisposto comunque una sorveglianza massima da parte dei sanitari del carcere di Regina Coeli".

"Quella sera il mio assistito ha avuto un istinto suicida". Parla l'avvocato di Costantino Bonaiuti

Le parole del gip, pertanto, smontano la tesi sostenuta dall’avvocato Fabio Taglialatela, difensore di Bonaiuti: "La pistola è stata tirata fuori per fare del male a sé stesso, è partito accidentalmente un colpo, tanto è che il primo esame del medico legale testimonia come il colpo abbia avuto una traiettoria dall’alto verso il basso, da una distanza ravvicinata. Questo può significare solo una cosa: che non c’era l’intento di uccidere da parte dell’indagato. La donna è stata colpita vicino alla spalla destra e dai primi rilievi sembra che il colpo non sia stato sparato direttamente nei confronti della donna". 

Il femminicidio di Martina Scialdone lascia dietro di sè una scia di misteri: la porta del bagno dove la donna si era rifugiata è stata aperta con le chiavi di servizio o no? Il giallo delle telefonate al 112 partite dal ristorante. Infine, il mistero sulle condizioni di salute del suo assassino e sulle sue reali intenzioni, dal momento che è arrivato nel locale con una pistola sotto la giacca. Ma la sensazione che lascia tutti senza parole è: si sarebbe potuto fare qualcosa per salvarla. Ma non è stato fatto

La ricostruzione del femminicidio

Martina Scialdone, avvocata 34enne, aveva accettato di andare a cena con il suo ex, il 61enne Costantino Bonaiuti. Hanno cenato al ristorante Brado di via Amelia, nel Tuscolano, zona Sudest di Roma. Bonaiuti ha dichiarato che questa cena doveva essere il suo tentativo di riconciliazione dopo due anni di relazione finita alcuni mesi fa, ma vi si è presentato armato. Dopo aver pagato il conto, i due sono rimasti al tavolo e lì sarebbe nata una discussione. A quel punto Scialdone è scappata in bagno, lui l’ha inseguita e poi ha preso a pugni la porta, urlando "Esci!" e insultandola.

Le urla hanno attirato l’attenzione dei presenti, compresi i gestori del locale che pare abbiano chiamato il 112 già durante la lite, come confermato dall'analisi delle chiamate in entrata al numero unico di emergenza: "Abbiamo chiesto alla ragazza se voleva rimanere nel locale. Lei ha detto che era tutto ok ed è uscita per andare via: non abbiamo cacciato nessuno", ha detto uno dei gestori, Christian Catania, citato da Repubblica.

La ricostruzione dell'apertura della porta del bagno, quella di Christian Catania, è invece stata smentita da altri testimoni, secondo cui la porta del bagno in cui si era rifugiata la donna sarebbe stata aperta con una chiave di servizio.

"C'era mio fratello e anche alcuni clienti che si erano preoccupati per questa ragazza chiusa in bagno", spiega Christian Catania. "Abbiamo aperto la porta. Lei è uscita volontariamente, ci mancherebbe, non è stata cacciata neanche per sogno, assolutamente. È stato chiesto di calmarsi, uno dei nostri dipendenti ha detto di rinviare la discussione all'indomani mattina, a mente fredda. Capita che qualche cliente discuta e noi cerchiamo di calmarlo. Abbiamo anche chiamato la polizia. Io credo che non potessimo fare di più di così. Se lei avesse detto che non si sentiva tranquilla, ci saremmo chiusi con lei nel locale, avremmo abbassato la serranda e aspettato la polizia. Quando c'è una discussione chiamiamo sempre la polizia. Noi abbiamo fatto tutto ciò che doveva essere fatto".

Scialdone è uscita dal ristorante intorno alle 22:00. Subito prima di uscire, ha chiesto una sigaretta a un cameriere. Questi racconta che i suoi occhi erano terrorizzati ma che non ha colto nessun segnale in codice in quello sguardo.

Quindi Martina Scialdone esce dal locale, e la vede un senzatetto, Simone De Angelis. È lui a raccontare come Bonaiuti, che ha un porto d’armi per uso sportivo, "ha sparato di fronte a me, ma ho sentito solo il colpo, ho pensato fosse un petardo". Scialdone ha percorso qualche metro, cercando soccorso nel ristorante, ma si è accasciata a terra prima, e poi è stata soccorsa da una dottoressa che era nel locale. 

Dopo aver sparato, Bonaiuti è scappato a piedi verso la sua auto ed è tornato nel suo appartamento a Fidene, dove secondo i vicini vivrebbe separato in casa insieme a una donna. Gli agenti della squadra mobile lo hanno rintracciato appena rincasato.

I misteri del femminicidio di Martina Scialdone

Costantino Bonaiuti comparirà oggi davanti al gip per l’udienza di convalida. È accusato di omicidio premeditato, aggravato dai motivi futili e abietti, e dal fatto che aveva una relazione sentimentale con la vittima.

Come racconta Il Corriere, ieri il suo avvocato Domenico Pirozzi lo ha incontrato in carcere e ha appreso dallo stesso indagato che non è affetto da alcun tumore, come era invece emerso dalle testimonianze dei suoi colleghi, dove risulta inserito tra i dipendenti fragili. "Ce l’ha raccontato per tre anni", raccontano i suoi colleghi. Per questo potrebbe scattare un’indagine interna per capire se in tutto questo tempo Bonaiuti abbia presentato certificati medici e di che tipo, chi li abbia rilasciati e se fosse davvero in cura presso qualche struttura sanitaria.

Inoltre, oggi la Squadra mobile sentirà i tre fratelli proprietari e il personale di servizio del ristorante dove venerdì sera la coppia era andata a cena e dove ha litigato furiosamente. Tanto che lui, secondo chi sedeva e chi serviva ai tavoli, avrebbe cominciato a sbattere i pugni sulla porta del bagno dove la 34enne si era rifugiata, con altre persone presenti, coprendola di insulti.

I ristoratori avrebbero riferito alla loro avvocata Francesca Palazzesi che la prima telefonata al 112, per chiedere aiuto alle forze dell’ordine, sarebbe stata fatta dal ristorante quando la lite era ancora in corso. Se fosse andata così una pattuglia sarebbe arrivata in pochi minuti e avrebbe colto Bonaiuti fuori dal ristorante con la compagna, ma non è successo. 

Un’altra chiamata è stata fatta subito dopo lo sparo che ha ucciso l’avvocata, insieme con altre sempre al numero unico di emergenza da parte di chi aveva assistito alla scena. Chi indaga ricostruirà ora le fasi della lite nel locale e dell’allontanamento della coppia, saranno verificate tutte le chiamate al 112 con i relativi orari, e anche se all’eventuale prima segnalazione è seguito l’invio di una pattuglia per verificare cosa stesse accadendo.

Non è escluso che siano sentiti anche alcuni clienti fra i circa ottanta che a quell’ora stavano cenando, e in particolare coloro che avrebbero aiutato i camerieri a calmare gli animi insieme con una dottoressa che è intervenuta per soccorrere Scialdone sul marciapiede.

Al momento vengono esclusi nei confronti dei titolari del ristorante provvedimenti di natura penale, ma non quelli amministrativi per quanto accaduto. Non si esclude che Martina Scialdone sapesse che il partner fosse armato e potrebbe non averne fatto parola con nessuno per non mettere in pericolo anche le persone che si trovavano nel locale.

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