Maturità, studenti alla prova della capacità critica - Affaritaliani.it

Cronache

Maturità, studenti alla prova della capacità critica

Annalisa Ghisalberti

Maturità. Prima prova, uguale per tutti gli istituti secondari superiori, di tutti gli indirizzi, segno della volontà di assicurare un livello minimo comune nella comprensione e nell’utilizzo della lingua madre. Se i risultati delle rilevazioni internazionali sulle competenze nella Literacy dei quindicenni italiani (OCSE-PISA) non sono incoraggianti, se perfino nei concorsi pubblici si lamentano errori di ortografia e se comunemente si addita l’origine del disimpegno anche alla difficoltà di accedere consapevolmente all’informazione e al sapere, a causa della semplificazione del linguaggio mediatico, la sfida è quella del rilancio della capacità critica.

In tutte e tre le tipologie di prove proposte l’intento è verificare la capacità di leggere criticamente un testo, facendolo risuonare all’interno del proprio orizzonte, sia quello esperienziale e formativo, sia quello culturale. Si spiegano così tracce di ampio respiro, tutte introdotte da testi lunghi, troppo lunghi se pensiamo al tempo e alle energie a disposizione in una sola mattinata densa di tensione (anche nella tipologia C, quella che dovrebbe essere rimasta più vicina al vecchio “tema di attualità”), tracce accomunate da un sguardo insistito alla storia del Novecento, le cui tematiche ormai, ci sembra dire la scelta ministeriale, sono sufficientemente vicine nel tempo da risultare comprensibili ai ragazzi e, insieme, sufficientemente lontane da eludere il respiro corto della cronaca. Vale per Il giorno della civetta di Sciascia (tip. A2), antesignano di tutte le serie di lotta alla mafia e all’illegalità che tengono incollati agli schermi i nostri ragazzi: una scrittura nitida e ironica, nutrita di rigore illuministico, che raggiunge con la piacevolezza del racconto giallo il ritratto e la denuncia di un’Italia collusa con la malavita.

Qui le richieste di analisi puntano l’attenzione sulla mimica dei personaggi, così acutamente fotografata in “rapide occhiate di consultazione” tra gli interrogati e sulla costruzione retorica del discorso “che vuole essere persuasivo” del Capitano Bellodi, quasi un monito implicito a leggere con attenzione gli intenti comunicativi dei tanti discorsi che si sentiranno nella vita. Segue la richiesta di esprimersi sulla contrapposizione tra la cultura della dell’onestà e quella, invece, dell’illegalità. La battaglia civile è al centro anche di altre tracce: da quella che rievoca, a quasi quarant’anni di distanza, il sacrificio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, “martire dello Stato”, citato ad esempio di fedeltà allo Stato e alla democrazia (tip. C1), a quella che ricorda nella sua eroica generosità l’operato di Gino Bartali per salvare, nel 1943, famiglie di ebrei in Italia (tip. C2).

Qui, traendo spunto dall’articolo di Cristiano Gatti, la riflessione deve rivolgersi al rapporto tra sport, storia e società, un modo per scansare le polemiche sul venir meno da quest’anno del così detto “tema storico”. L’esplicitazione arriva con la scelta di Stajano, L’eredità del Novecento da La cultura italiana del Novecento per l’ambito socio-politico (tip. B3). Gli studenti sono chiamati a rileggere con l’autore i principali temi storico-sociali del secolo trascorso e a verificare a distanza di vent’anni l’attendibilità della sua analisi: se ancora oggi si sperimenti uno “stravagante smarrimento” dopo la caduta delle ideologie, “insicurezza e sconcerto”, tipiche, come egli scrive, dell’“era del post”.

Su questa linea arriva anche la richiesta di riflettere sulla mente umana “allo stesso tempo, geniale e patetica, brillante e stolta”, seguendo il monito di Steven Sloman e Philip Fernbach, che nel testo L’illusione della conoscenza (B2) rievocano gli equilibri precari e insondabili tra conoscenza, scienza, tecnologia e umano. La coscienza storica sul Novecento è poi direttamente chiamata in causa anche dal testo di Ungaretti, Risvegli, proposto per l’analisi testuale poetica (tip. A1), dove lo studente è invitato a decifrare tra i versi del poeta i riferimenti diretti alla sua esperienza di guerra, a ricostruire il suo percorso interiore e a comprenderne la domanda straziata “Ma Dio cos’è?” che lo accomuna a ogni “creatura atterrita”.

Poesia e storia per una volta in accordo, nella ricerca di autenticità di un uomo e poeta e nella fiducia che la poesia abbia ancora la capacità di disvelare qualcosa. Come anche è chiamato a fare il patrimonio artistico che, nell’ampia riflessione di Tomaso Montanari (tip. B1), “ci libera dalla dittatura totalitaria del presente”, inserendoci in una scia che va da chi quel patrimonio ha costruito a chi ne ha già fruito e a chi, con spunto interessante, ne fruirà in futuro: una visione del passato lontana dalle ricostruzioni facili e che, anzi, induce le generazioni all’impegno della conservazione, della decodificazione e comunicazione della bellezza. Anzitutto a scuola.