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Cronache
Mimmo Lucano. Oltre il nuovo avviso di garanzia a Riace c’è un’altra indagine
 

 

Il caso Riace si allarga. Nelle scorse ore una nuova tegola è caduta su Mimmo Lucano, il sindaco di Riace (ora sospeso), e sulle cooperative coinvolte nella gestione locale dei migranti. Ma non basta, un ulteriore sequestro potrebbe aprire un ennesimo capitolo sulla vicenda che sta portando una luce diversa sulla cittadina calabrese diventata famosa nel mondo per l’accoglienza.

 

Dopo il rinvio a giudizio per il processo “Xenia”, Lucano risulta anche indagato per truffa aggravata. 

Due giorni fa l’ex sindaco è stato raggiunto da un nuovo avviso di chiusura indagini, atto notificato dai carabinieri. Il caso, sempre relativo alla gestione dei migranti, si baserebbe su una contestazione di circa 134.000 euro di denaro pubblico erogato impropriamente.

Sono 10 gli indagati tra cui la rappresentante legale della solita cooperativa Girasole, coinvolta anche nell’inchiesta “Xenia” e Lucano stesso.

Coinvolti nella vicenda anche i proprietari privati degli immobili presi in affitto dalla cooperativa e utilizzati per la gestione degli immigrati, accusati in concorso e a vario titolo dei reati di truffa aggravata e falso in atto pubblico. 

 

Gli inquirenti contestano otto episodi specifici avendo anche “indotto in errore il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Reggio Calabria ricorrendo all’artificio di predisporre una falsa attestazione”. Il riferimento è ad un atto che sarebbe stato vidimato proprio da Lucano “in cui veniva dichiarato che le strutture di accoglienza per ospitare i migranti esistenti nel territorio del comune di Riace erano rispondenti e conformi alle normative vigenti in materia di idoneità abitativa, impiantistica e condizioni igienico-sanitarie, laddove così in effetti non era, essendo quegli appartamenti privi di collaudo statico e certificato di abitabilità, documenti indispensabili per l’utilizzo sopra specificato e per come richiesto dal manuale operativo

Sprar e dalle convenzioni stipulate tra il Comune di Riace e la Prefettura di Reggio Calabria”. 

 

Per i magistrati Lucano non aveva competenza, come ha fatto, per attestare il possesso dei requisiti tecnici degli immobili presi in affitto dalla cooperativa. Risultano parti offese nella vicenda, come con l’inchiesta “Xenia”, il Ministero dell’interno e la Prefettura di Reggio Calabria che hanno erogato i finanziamenti per l’accoglienza. 

 

Ma un’ulteriore indagine si è aperta anche su eventuali abusi su manufatti costruiti nel “Parco delle Fontane” di Riace e su irregolarità nella conduzione dello stesso. L’area comunale, di circa un ettaro, sarebbe stata sottoposta a sequestro. Era stata bonificata con una parte dei 2 milioni di euro assegnati a Riace da un finanziamento regionale del 2004. Il parco è stato poi dato in gestione alla cooperative L’Aquilone, anch’essa coinvolta nell’inchiesta “Xenia”, ma sull’area sarebbero sorte strutture anomale ora sottoposte ad accertamenti. Saranno solo i riscontri degli inquirenti a dare un responso, almeno in questa fase.

 

Per Lucano il prossimo 18 aprile si torna al Tribunale del Riesame di Reggio Calabria che rivaluterà il provvedimento di divieto di dimora rinviato dalla Cassazione (e sapremo se l’ex sindaco potrà o meno tornare a vivere a Riace) e l’11 giugno si apre il processo “Xenia”.

Ma la seconda indagine e il sequestro del “Parco delle Fontane” potrebbero essere segnali di nuovi problemi per il sindaco calabrese.

 

A margine delle notizie non è mancata la reazione all’Ansa di Mimmo Lucano in persona: “E’ un accanimento contro Riace, contro di me e contro l’esperienza di integrazione di cui il

Comune ed io siamo stati protagonisti. Trovo assurdo che mi vengano contestati una truffa ed un falso che non ho mai commesso”. 

Il sindaco si è detto innocente su tutti i fronti e di aver sempre agito sulla base della indicazioni impartite dagli altri organismi che gestivano la “partita” migranti.

 

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