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Cronache
Ponte Genova, Autostrade demolirà i monconi del viadotto, ma...

Autostrade potrà demolire i monconi del viadotto del Ponte di Genova, secondo un emendamento. Ma il divieto di partecipare alla ricostruzione del ponte Morandi resta solo per Autostrade per l'Italia. Lo prevede l'emendamento del governo al decreto Genova approvato dalle Commissioni Ambiente e trasporti della Camera.

Il divieto decade quindi per i concessionari "diversi dal concessionario del tratto autostradale alla data dell'evento e da societa' o da soggetti da quest'ultimo controllati o, comunque, ad esso collegati, anche al fine di evitare un ulteriore indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali e, comunque, giacche' non puo' escludersi che detto concessionario sia responsabile, in relazione all'evento, di grave inadempimento al rapporto concessorio".

L'emendamento prevede inoltre indennizzi per gli sfollati di 2.025,50 euro al metro quadro ai quali si aggiungono, in base a una legge regionale, l'indennita' di 45mila euro e quella per l'improvviso sgombero di 36mila euro. Le indennita' saranno a carico di Autostrade ma in caso di omesso versamento entro i termini previsti subentrera' il commissario.

Ponte Genova: teste, i lavori su pile 9 e 10 andavano fatti

"I lavori di rinforzo sulle pile 9 e 10 andavano fatti. Noi stavamo facendo lo studio che Autostrade ci aveva commissionato ma dopo un anno, nel 2016, i rapporti con Aspi si sono interrotti senza sapere per quale motivo". Lo ha detto Fabio Brancaleoni, ingegnere della Edilgegneria, la societa' che realizzo' uno studio su ponte Morandi. Brancaleoni e' stato sentito diverse ore dai pm come persona informata dei fatti. "Non c'erano ancora risposte sulla stabilita' del viadotto, ne' sulla sicurezza del viadotto, ne' sul progetto. Avevo visto il lavoro del Cesi - ha aggiunto il professionista - e quelle prove erano corrette nel loro ambito. C'era comunque uno stato di degrado che era stato accertato a partire dagli anni '90". Brancaleoni ha poi spiegato che "nel 2015 venni contattato da Mario Bergamo (direttore alla sicurezza per Aspi, tra i 21 indagati ndr) per fare lo studio. A fine agosto invece venni contattato da Aspi per fare parte di un gruppo di indagine interna, ma non accettai per non intralciare le indagini. Me lo chieste per primo l'ingegner Roberto Tomasi". Ma quale e' stata la reazione di fronte a quel 14 agosto? "Il crollo e' stato uno choc per tutti. Ma noi non avevamo elementi per dire che il ponte andava chiuso. Dagli studi era emerso che lo stato di degrado della pila 10 era inferiore alla 11 e quello del 9 ancora inferiore" ha concluso Brancaleoni

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