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Cronache
Premiato negli Usa, snobbato in Italia. Italiano il miglior virologo al mondo
In Italia di un virologo candidato al Nobel non sappiamo che farne. Sui vaccini nessuno ha voluto sentirlo parlare. Si chiama Giulio Tarro, allievo di Albert Sabin (l'inventore del vaccino contro la poliomielite), più volte candidato al Nobel per la Medicina, e questa sera riceverà il premio di virologo dell'anno dall'Associazione internazionale dei migliori professionisti del mondo (IAOTP). La cerimonia si terrà all'Hotel Plaza di New York, luogo di grandi celebrazioni istituzionali americane e set di film famosi, e una sua gigantografia capeggerà in Time Square, ma sui giornali italiani non ne troveremo traccia.

Il professore napoletano, presidente della Commissione sulle biotecnologie della virosfera all’Unesco e autore di numerose ricerche presso le università statunitensi, tra cui alcune sul rapporto tra virus e tumori, sarà l'unico italiano insignito alla cerimonia. 

Oltre ad aver ricevuto innumerevoli riconoscimenti e incarichi durante la sua lunga carriera Tarro, con la sua biografia, verrà anche inserito nella rivista TIP (Top Industry Professionals) e premiato con l'Albert Nelson Marquis Lifetime Achievement Award dall’Associazione internazionale dei migliori professionisti, con la biografia pubblicata sul The Wall Street Journal. 

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Forse la colpa di Giulio Tarro, che ricopre incarichi anche in Italia, è essersi espresso in passato con grande scetticismo sull'obbligo dei vaccini imposto dai governi italiani (Renzi-Gentiloni con ministro Beatrice Lorenzin). Così lo abbiamo sentito con Affaritaliani, come facemmo in esclusiva nel marzo scorso, quando in tema di vaccinazioni ci spiegò tra il serio e il divertito che “qualcuno pensa al nostro posto, il Grande fratello, Big Pharma”.

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Professore, intanto congratulazioni, ma lei è sempre più un mistero... la premiano negli Stati Uniti, ha riconoscimenti in tutto il mondo e in Italia non le fanno dire neanche una parola sui vaccini!?

“Su questo tema non vengo contattato dall'Italia. Nessuno mi ha mai chiesto niente perché qui sui vaccini c'è una guerra ideologica, quindi che vuole che le dica (se la ride) la scienza e la realtà servono a poco in questi casi”.

 

Ma lei è spesso negli Stati Uniti, dove ha anche lavorato, è lì non c'è l'obbligo di vaccinazione...

“Qui si usa la persuasione e solo il 3% della popolazione non si vaccina. Un risultato ottimo. Veda un po' lei se funziona o meno. Forse noi italiani non sappiamo pensare e allora qualcuno deve farlo al posto nostro (ride)”

 

Avanza una medicalizzazione estrema, nella nostra società!?

“Le cose non devono essere imposte. Ad esempio i virus non sono sempre cattivi. In alcuni emisferi servono a far crescere le piante. Ma in Italia tutta la questione è diventata ideologica e non trattata con le dovute cautele. Ma vediamo di cosa parliamo. Il vaccino è un farmaco e un mezzo di prevenzione per impedire o limitare l'azione di un virus. La prima richiesta sarebbe quella di fare un composto che deve fare solo bene. Cosa già più difficile perché parliamo comunque di farmaci. Diventa poi tutto ancora più arduo, visto che abbiamo a che fare con bambini e le sostanze che vi sono nei vaccini non devono avere effetti negativi su questi organismi ancora delicati. Chi riceve il vaccino deve essere controllato, risultando in buone condizioni di salute. Abbiamo cioè tutta una serie di variabili di non facilissima gestione e non controllabili al 100%. Per questo si preferisce la persuasione, spiegando come stanno le cose, e facendo un'anamnesi del paziente. Ma se si abbraccia la strada di una vaccinazione di massa questo non è possibile”.

 

E la famosa immunità di gregge?

“Ma bisogna arrivare al 95% della copertura e in quel caso sì, il virus circola meno, anche se resta un 5% della popolazione che vive a sbafo (ride, poi si fa serio). Resta solo una questione statistica. Su come intervenire bisogna sempre avere cautela e vedere caso per caso, se l'organismo è in salute o se nel soggetto vi sono delle immunodeficienze costituzionali, congenite o acquisite.”

 

Ma qual è il problema italiano?

“In generale e si riversa anche in questo campo, la mancanza di meritocrazia in tutto. E' il nostro grande gap. Ma per orientarsi nel mio settore basta tornare a Pasteur. Come diceva, 'l'organismo è tutto rispetto al microbo'. Noi possiamo sollecitare delle difese ma deve essere l'organismo a reagire.”

 

Cosa consiglia al nuovo governo? Cosa deve fare?

“Non consiglio nulla. Sta facendo. Il ministro è un medico e quindi ha una preparazione nel campo. Sui vaccini il nuovo governo si è mosso con grande saggezza”.

 

A proposito di scelte politiche. Di recente in Emilia Romagna vi è stata un violenta polemica perché la Regione vuole tenere solo gli infermieri sulle ambulanze del 118. Lei che pensa?

“Conosco la realtà americana è lì gli infermieri sulle ambulanze sono formati come fossero medici. In Italia, per quanto molto bravi, non siamo agli stessi livelli. Se raggiungessimi, in quel settore, gli standard americani si potrebbe anche fare così, ma per adesso non ha senso”.

 

E che pensa degli attacchi di media e istituzioni al presidente dell'Ordine dei medici Giancarlo Pizza che ha radiato l'assessore regionale che ha preso questa decisione?

“E' davvero un ottimo professore. L'ho conosciuto anni fa quando insieme ci occupavamo di immunoterapia. Oggi negli Stati Uniti non si parla d'altro, ma allora eravamo eretici. Sa, negli Stati Uniti la meritocrazia ha un valore importante. In Italia non mi sembra (ride)”.

 

Allora... buon premio e speriamo qualcun'altro si accorga di lei... anche per la nostra salute di italiani.

“Forse, quando mi assegneranno il premio di 'Roccacannuccia'... (ride, sottovoce)”

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