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Cronache
"I processi in tv? Così influenzano quelli in tribunale". L'inchiesta

di Lorenzo Lamperti
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@LorenzoLamperti

L’Alternativa, con la collaborazione della Camera Forense Messapia, ha organizzato la tavola rotonda - in corso di accreditamento – sul tema: “il processo in tv”, che si svolgerà il giorno 15 aprile, dalle ore 16 alle ore 20, presso la sala dell’Università del Palazzo Granafei Nervegna di Brindisi, e a cui interverranno: il Dott. Marco Di Napoli (Procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi), il  Dott. Maurizio Saso (Magistrato presso il Tribunale di Brindisi con funzioni di GIP e GUP; Presidente Associazione Nazionale Magistrati Sez. di Brindisi), il Dott. Angelo Perrino (Direttore e fondatore del quotidiano on line “Affaritaliani”) Filomena Greco (Giornalista del sole 24Ore), l’Avv. Massimo Manfreda, (Avvocato cassazionista penalista del Foro di Brindisi), l’Avv. Gianluca Pierotti (Avvocato cassazionista penalista del Foro di Taranto), l’Avv. Luigi Covella (Avvocato cassazionista penalista del Foro di Lecce e Coordinatore del corso di diritto penale presso la scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università derl Salento. E come moderatore l’Avv. Carlo Verusio (Avvocato cassazionista del Foro di Brindisi; già Magistrato Onorario con funzioni di Vice Pretore della Sez. Distaccata di Ceglie Messapica nel triennio 1995/1998).

Affaritaliani.it ha intervistato, anticipando i temi del quale si dibatterà alla tavola rotonda, l'avvocato Carlo Verusio.

Avvocato Verusio, quali sono i temi alla base della tavola rotonda?

E' un convegno che sorge da un problema di attualità, vale a dire la sovrapposizione dei processi delle aule giudiziarie con i processi che avvengono nelle trasmissioni televisive. E' un fenomeno molto diffuso e molto attuale. La tavola rotonda vuole accendere un riflettore, o uno "spotlight" citando il film premio Oscar, su questo fenomeno e quindi verificare quali elementi di deontologia dovrebbero essere applicati dalla varie categorie professionali, dagli avvocati ai magistrati fino ai giornalisti.

Quali sono le conseguenze di questa sovraesposizione mediatica dei processi in televisione?

Più che sovraesposizione direi sovrapposizione. Si tratta di un fenomeno che in teoria può anche alterare quello che accade nelle aule giudiziarie. Se i due processi sono sovrapposti può accadere che il processo in aula venga condizionato da quanto si dice in una trasmissione tv, nella quale magari si indica un colpevole diverso da quello imputato.

In che modo può essere condizionato un processo?

Già il fatto che in una trasmissione tv un giornalista o uno psicologo intervengano in una trasmissione magari nella veste di tecnico e ipotizzino che il delitto in oggetto sia stato compiuto che non corrisponde all'imputato può costituire un elemento di condizionamento perché si può minare la legittimità di quel processo agli occhi dell'opinione pubblica, portata a dimenticarsi che un conto è la verità assoluta e un conto è la giustizia. In un'aula di tribunale vanno presi in considerazione solo ed esclusivamente i fatti e le prove disponibili, non le supposizioni o le ipotesi.

Ma anche i magistrati possono farsi condizionare?

Beh, anche i magistrati guardano la televisione... Prendiamo per esempio il caso di Roberta Ragusa, con la Cassazione che ha bocciato la sentenza di non luogo a procedere contro il marito dopo che varie trasmissioni hanno insistito nell'individuare in lui il colpevole nonostante di prove non ce ne siano. Non possiamo dirlo con certezza, ma magari questa sovrapposizione mediatica può aver giocato un ruolo.

Che cosa si dovrebbe fare allora a riguardo?

Il punto è trovare il giusto equilibrio tra il diritto dei giornalisti a dare notizie e a cercare la verità e il rispetto di quanto accade nelle aule giudiziarie. Non bisogna mai perdere questo equilibrio altrimenti si rischiano conseguenze molto dannose. Ci si ricordi sempre che il processo vero è quello nelle aule giudiziarie, che si basa su elementi diversi da quelli che si vedono nelle trasmissioni.

Quali sono le responsabilità degli avvocati?

Ormai alcuni avvocati sono diventati i registi delle trasmissioni tv. Per esempio, il giorno dopo un recente noto caso di omicidio a Roma il padre di uno degli accusati è andato in televisione. La deontologia alla base del comportamento degli avvocati dovrebbe imporsi su questi fenomeni. Bisognerebbe seguire e rispettare i principi di riservatezza che sono alla base dell'esercizio delle professione. Andare in televisione a parlare dell'allibi dell'assistito è piuttosto discutibile.

Non è che invece al contrario avvocati o magistrati puntino a questi casi di cronaca nera proprio per avere maggiore visibilità?

Sicuramente c'è anche questo elemento, ci sono avvocati che patrocinano casi eclatanti in forma gratuita ma in cambio ricevono un grande pubblicità andando in tv.

A livello giornalistico come si dovrebbe affrontare la questione?

E' una problematica sorta con forza dai tempi del caso di Cogne. Nel 2009 questo fenomeno ha portato i giornalisti delle principali reti televisive a stipulare una convenzione con l'Agcom sulle condotte da mantenere durante le trasmissioni tv che si occupano di processi in corso. Una convenzione nata sotto l'auspicio dell'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e che dovrebbe evitare abusi.

Ma è stato davvero così?

Forse qualche eccesso si è evitato ma di fondo non molto. Ci sono varie trasmissioni anche nate negli ultimi anni che si occupano di processi in corso. Da Chi l'ha visto a Quarto Grado, dai programmi pomeridiani di Barbara D'Urso e della Rai. La realtà è che il pubblico italiano è molto, forse troppo, interessato a questi casi clamorosi e quindi segue questi programmi con avidità. Il plastico di Vespa è l'emblema di tutto ciò.

Ci sono però trasmissioni che hanno un approccio diverso, come Un giorno in pretura...

Sì, certo. Un giorno in pretura infatti non fa altro che trasmettere in tv i processi già conclusi e comunque semplicemente lascia la parola a quanto accaduto in aula senza fare supposizioni o altro. Il problema della sovrapposizione è legato invece a quei programmi che corrono paralleli ai processi e possono anche cambiarne l'esito.

In questi giorni si parla molto delle intercettazioni, in particolare sul caso dell'inchiesta di Potenza. Sui giornali sono apparsi anche dialoghi privati e secondo molti non inerenti all'indagine. Secondo lei serve una riforma sul tema?

Ritengo che la migliore legge sulle intercettazioni ce l'abbiano gli Usa. Lì si impone a chi sta ascoltando la telefonata di fermarsi dopo alcuni minuti se si capisce che non tocca elementi che costituiscono reato. L'Italia credo sia un Paese peculiare e non c'è legge che tenga, nel senso che il 70-80% dei processi si fa con le intercettazioni. Senza intercettazioni in Italia non si farebbero processi.

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