Referendum autonomia in Lombardia e Veneto, italiani imparino la democrazia
Domenica 22 ottobre. I presidenti delle Regioni Lombardia e Veneto, Roberto Maroni e Luca Zaia, hanno annunciato la data del referendum consultivo sull’autonomia. L’iniziativa è sorprendentemente passata sostanzialmente sotto silenzio. Del resto in Italia… quanto ritardo, quanta scarsa conoscenza dei principi democratici.
Che cos’è il federalismo? La democrazia è l’individuo, il singolo cittadino. Lui elegge, delega chi conosce (quasi personalmente) a rappresentarlo nelle istituzioni. Di qui la necessità dell’elezione diretta e dei micro collegi. Dovrebbe anche scegliere direttamente chi lo giudica (elezione diretta dei magistrati). Lui, il cittadino, lavora, paga le tasse e vuole che queste in maniera proporzionata siano destinate alle sue strade, ai sui ospedali, alla sua sicurezza. Ciò è federalismo fiscale. Ovvio, come negli USA, c’è anche lo Stato centrale, ci sono interessi e solidarietà nazionali. Ma anche questo, l’unità nazionale non è immutabile. Se la stragrande maggioranza dei cittadini delle otto Regioni del Nord (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia- Romagna) decidessero democraticamente di dar vita a un’eventuale Repubblica italiana del Nord, nessuno potrebbe opporsi, inviare carri armati. Lo stesso vale per la Scozia, l’Irlanda del Nord, la Catalogna, il Tibet (in quest’ultimo caso i carri armati ci sono e infatti la Cina è una dittatura comunista). Anche la costituzione non è immodificabile. In democrazia, immutabile è solo ciò che va contro l’individuo e contro la libertà (che sono la stessa cosa). Saranno sempre condannabili, inaccettabili e perseguibili penalmente la violenza, il furto, il terrorismo, la mafia, la pedofilia…
Per tornare al referendum, ovviamente niente di personale e con rispetto per tutti gli individui del Centro e del Sud Italia. Tolta la pubblica amministrazione, le Regioni del Nord sono senza paragone più ricche di quelle del Centro e del Sud, tanto è vero che – basta guardare i cognomi sugli elenchi – tantissimi sono emigrati al Nord per lavorare (e purtroppo è arrivata anche la mafia, quanto di più antidemocratico ci sia. Se non si vuole essere ipocriti, con rispetto per i siciliani, la mafia è nata in Sicilia). Che cosa è servito destinare in modo sproporzionato tutti questi soldi? Niente, visto che il Centro-Sud non è cresciuto economicamente e proporzionalmente ai soldi ricevuti. O si pensi al debito del Comune di Roma pagato dagli italiani. Roma che dà quasi nulla in cambio, basta fare la differenza non solo coi trasporti di Londra e Parigi, ma con lo stato dei marciapiedi e del decoro urbano. O si guardi alla condizione del turismo, alle spiagge sporche, alle case abusive, ai musei chiusi, all’accoglienza turistica del Sud rispetto a quelli della Grecia e della Spagna. Anzi, il Nord si è impoverito anche a causa della mancanza del federalismo fiscale e il Centro-Sud non è cresciuto anche a causa di una mentalità parassitaria.
Sorprende come ha minimizzato l’esponente (lombardo) del Pd Maurizio Martina: “Il referendum costa 46 milioni… si poteva chiedere un tavolo sull’argomento col Governo”. Bisognerebbe calcolare dettagliatamente e fare il confronto tra questi 46 milioni e i miliardi che dal 1948 a oggi le Regioni del Nord hanno destinato alle restanti col risultato di arrivare alla pessima condizione attuale economica dell’Italia.
Ernesto Vergani