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Cronache
Rischia di morire dissanguata dopo il parto, rinviata a giudizio l'ostetrica

CASARANO È stata rinviata a giudizio l'ostetrica dell'ospedale di Casarano che non si è accorta dell'emorragia in corso nella paziente, nonostante lamenti e continui allarmi lanciati nella notte da una neo-mamma. Di questo caso di malasanità vi abbiamo parlato in un  precedente servizio. L'accusa è di lesioni colpose personali: la donna di soli 22 anni aveva appena partorito e in seguito a quest'episodio ha perso anche il latte. L'ostetrica, secondo la pm della Procura di Lecce, Donatina Buffelli, ha peccato di negligenza, imprudenza e imperizia, non eseguendo nel suo ruolo rivestito all'interno dell'ospedale di Casarano, quanto le linee guida prescrivevano e «non essendosi resa conto della gravità della situazione».

Anche dopo un normale parto, infatti, l'ostetrica deve eseguire ogni mezzora il controllo dei parametri vitali della puerpera, il controllo dell'utero e la valutazione della perdita ematica per prevenire gravi emorragie che possono essere fatali: sono indicazioni che gli addetti ai lavori devono conoscere ed eseguire scrupolosamente. Invece, la notte del 18 aprile 2016, alle ore 3.04, dopo essere stata portata in stanza, per la neo mamma comincia l'incubo: «forti dolori e notevoli perdite di sangue», che rischiano di ridurla in fin di vita, ma nessun esame per accertare quello che stava succedendo.

«Nulla da fare, le richieste di aiuto restavano vane - si legge nella querela depositata dall'avvocata della 22enne, Maria Greco, in procura - La sola prescrizione data alla paziente fu: 'Signora si calmi, signora stia calma'». Malgrado le condizioni della partoriente non accennassero a migliorare, la donna sarebbe stata invitata dagli infermieri ad alzarsi per andare in bagno e iniziare così a muoversi alle prime luci dell’alba. Le condizioni di grande debolezza della giovane puerpera, però, non le consentivano un così grande sforzo e, infatti, tutte le volte che cercava di alzarsi collassava cadendo a terra. Alla fortissima stanchezza si aggiungevano perdite di sangue che avrebbero messo in allarme chiunque. Perdite cospicue, che in breve tempo sporcano le lenzuola del letto della paziente, nonostante le fosse stato applicato un tampone vaginale. Le lenzuola verranno cambiate soltanto alle ore 6:00 del mattino, quando il personale del primo turno preparava le stanze per il primo giro visita dei medici. Da lì a breve le stesse verranno cambiate altre tre/quattro volte.

Dopo queste scene, secondo la ricostruzione dell'accusa, la madre della signora, al capezzale della figlia e «stanca di assistere impotente alle sue sofferenze, riscontrato l’insuccesso della blanda terapia antidolorifica praticata sino a quel momento», verso le ore 8:00 circa, riesce a parlare con la caposala per chiederle aiuto. La caposala informa della situazione il dottor Sabato, che visiterà la paziente alle ore 8:10 circa, insieme a tutti gli altri presenti. Il medico si rende conto subito della gravità della situazione e ordina un’ecografia con urgenza. Solo l'esame svela le reali condizioni della donna: il medico predispone l’immediato trasferimento della paziente in sala operatoria per cercare di porre rimedio all’emorragia in atto. 

La notte l'ostetrica si è limitata a somministrare una flebo al paracetamolo, come si legge nel decreto di citazione a giudizio, «per cui la mattina veniva riscontrata una sovradistenzione dell'utero determinata dall'accumulo di coaguli e frammenti di membrana amniotiche  e uno stato di shock neurogeno», che spinge i medici a intervenire chirurgicamente con urgenza per liberare la cavità uterina, procedendo anche con trasfusioni di sangue per due giorni. Quello che in genere è uno dei giorni più belli della vita per la malcapitata si stava trasformando in un appuntamento con la morte, tra collassi, sofferenza e perdite di sangue. La neo mamma viene dimessa il 22 aprile di quest'anno: la diagnosi è «travaglio di parto in primipara, gravidanza a termine. Metrorragia nel post-partum da ritenzione di membrane. Anemia».

A fine degenza, il primario del Reparto di Ostetricia e Ginecologia ha avviato un procedimento disciplinare, redigendo una relazione dettagliata sugli avvenimenti che hanno visto coinvolta la signora nelle ore successive al parto. Il processo sarà un'occasione per chiarire le responsabilità ed evitare che episodi del genere possano verificarsi in futuro. La giovane madre si costituirà parte civile per il ristoro dei danni subiti.

Gaetano Gorgoni

ggorgoni@libero.it 

Tags:
partoostetrica. malasanità
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