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Cronache
Sanità emiliana, eccellenza o bluff? Come è cambiata negli ultimi anni

Silvia Brega è un personaggio conosciuto nella provincia di Piacenza. E' presidente del comitato piacentino "I Castlan i disan no" e lavora nel mondo della sanità.

 

Senta dottoressa, si fa un gran parlare di sanità emiliana. Ma, dalla sua esperienza, è un modello come dice qualcuno oppure no?

“La Borgonzoni ha detto che lei si farebbe curare in qualsiasi ospedale dell’Emilia Romagna, anche di provincia. Le auguriamo di non venire a Piacenza, in provincia, perché non verrebbe curata come lei forse crede”.

 

Ah... e che fine fa il modello?

“Io vedo l’esperienza sul nostro territorio. Noi abbiamo avuto una vera e propria violenza istituzionale. Tutto inizia nel 2014, con la demolizione fisica, per rischio sismico, dell’Ospedale Pubblico di Fiorenzuola d’Arda, un vero e proprio fiore all’occhiello dell’area che dava servizi a un bacino di centinaia di migliaia di utenti, con una grande struttura pubblica di 4 piani con 4 sale operatorie, Tac, Pronto soccorso e tutti i reparti: ortopedia, ostetricia, pediatria, otorino, chirurgia. Oggi non esistono più per volere di una politica regionale a guida Bonaccini dell’assessore alla Sanità Sergio Venturi”. 

 

Motivo?

“Aspetti, non è finita. Villanova d’Arda paese della Bassa Padana piacentina, vantava uno degli ospedali, sede di un centro di recupero e rieducazione funzionale, tra i migliori d’Italia, dotato di palestra e piscina nonché fondato dal maestro Giuseppe Verdi che lo aveva fortemente voluto per garantire le migliori cure ai pazienti del Comune. La chiusura è stata decretata con l’approvazione del Piano Sanitario nel 2017, per volere della Regione a guida Bonaccini-Venturi, adducendo la mancanza di un’area di terapia sub-intensiva, di un’area dedicata all’assistenza dei pazienti affetti da gravi cerebrolesioni acquisite e infine per l’isolamento geografico della struttura. La decisione di non investire sull’Ospedale di Villanova era dovuto alla presenza relativamente vicina di Montecatone, sulle colline di Imola, a circa 200 chilometri di distanza. E poi c’era l’Ospedale di Bobbio, paesino della Val Trebbia nominato “Borgo più bello d’Italia”, aveva fino al 2017 un ospedale oggi trasformato in OSCO (ospedale di comunità) che, per la Legge Balduzzi potrebbe prevedere la presenza di soli infermieri e non più un Pronto soccorso. E’ stato abbattuta una chiesa per recuperare pochi posti letto all’ospedale di Castelsangiovanni, spendendo 2 milioni di euro. Era un’altra eccellenza con reparti di ortopedia, chirurgia, riabilitazione, Pronto soccorso, anestesia-rianimazione, sale operatorie nuovissime e una struttura ristrutturata da pochi anni investendo oltre 12 milioni di euro per rifarle. Ma dal 2017 ha visto chiudere la traumatologia, la chirurgia in acuto e una drastica riduzione della degenza ordinaria. Avevamo una sanità importante. Ora scappano tutti”.

 

Il motivo di queste chiusure?

“Le hanno giustificate dicendo che gli ospedali di provincia devono andare verso ‘la specializzazione’ che in realtà è un depotenziamento. Usano il linguaggio. ‘La specializzazione’ si traduce in una chiusura della tipologia di interventi più acuti. Adesso si fanno solo interventi programmati. Sono fuggiti un sacco di medici importanti. Nei nostri ospedali i medici erano molto, ma molto bravi. I vertici della Regione si giustificano dicendo che questi medici vanno nelle strutture private che li pagano di più. No...no…no”.

 

E dove vanno?

“Sono andati tutti in strutture pubbliche. Chi a Lodi, come ad esempio la primaria della nostra radiologia, altri a Vigevano, sempre in Lombardia, un altro chirurgo è diventato primario a Luino, al confine con la Svizzera. Ma tutti in strutture pubbliche”.

 

La reazione dei politici è: "di cosa vi lamentate? L’Emilia è l’eccellenza. Se guardiamo la sanità calabrese, campana o siciliana la situazione è ben peggiore!”.

“Ma che discorso è? E come se paragonassi lo sviluppo industriale dell’Italia a quello del Burkina Fasu. Per forza l’Italia è l’eccellenza. Con tutto il rispetto per Calabria, Campana o Sicilia e gli abitanti. Noi avevamo un sanità d’eccellenza ed è stata costruita in anni di lavoro e spese. E l’Emilia Romagna è sempre stata governata dalla sinistra. Io non ne faccio una questione politica ma di persone. Con la giunta Bonaccini abbiamo visto una riduzione drastica della sanità pubblica andando verso il privato”.

 

E che male c’è?

“Il privato emiliano non ha le caratteristiche di quello lombardo o di altre regioni. Qui si è sempre investito solo e unicamente nel pubblico. Non c’è un privato dello stesso tipo. E al contribuente le strutture private costano di media il 20% in più. Intanto nel pubblico vengono tolti i posti letto e i servizi. E’ ovvio che le liste d’attesa aumentano. E come soluzione c’è solo il privato! Ad esempio. Tale situazione si riflette inevitabilmente sull’ospedale di Piacenza che oggi risulta sovraffollato, ingolfato da un’organizzazione schizofrenica e la soluzione che la politica avrebbe trovato è la promessa della costruzione di un altro ospedale cittadino, come se le mura e non i servizi, fossero la soluzione al disastro che tale folle organizzazione ha creato”.

 

Privato è male?

“Capiamoci. La Lombardia da anni è andata verso una privatizzazione spinta e in questo ha maturato anche grandi eccellenze, note in tutto il mondo. In Emilia Romagna la cultura del privato non c’è. Non abbiamo questa cultura e quindi la cosa grave è che si sta andando verso una privatizzazione in modo nascosto, subdolo e senza mezzi adeguati e questo è inaccettabile”.

 

E che dovrebbe fare chi vince le elezioni?

“Chiunque vinca e soprattutto se vince la Borgonzoni, dovrebbe prendersi l’impegno di riportare la sanità ai livelli a cui era o almeno a dei livelli sensati. E di non fare come fanno tutti. Tante promesse e poi non cambiare una virgola, come è successo anche con molte amministrazione di destra che hanno vinto le elezioni in Emilia, hanno maggioranze schiaccianti in tanti settori ma poi non cambiano niente. Questa brutale chiusura dei servizi e dei centri è un prezzo che paga chi non ha sufficiente denaro per rivolgersi ad un privato di eccellenza ed è un meccanismo diffuso in regione, concentrando i servizi nelle città che traboccano di problemi. Altro che modello!”

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