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Cronache
Sarah Scazzi, dall’omicidio alla Cassazione: le tappe del processo

La scomparsa - Il 26 agosto 2010, Sarah Scazzi esce di casa per andare al mare con la cugina 22enne Sabrina Misseri e scompare nel nulla. Le ricerche durano mesi, senza risultati. Fino a che il 29 settembre Michele Misseri, zio di Sarah e padre di Sabrina, consegna ai carabinieri un telefonino semibruciato che risulterà appartenere alla 15enne. Dice di averlo trovato in un podere nel quale stava lavorando nelle campagne di Avetrana. Pochi giorni dopo, il 6 ottobre, Misseri confessa ai carabinieri di aver ucciso la nipote, strangolandola nel garage di casa dopo un rifiuto alle sue avances, e di aver abusato del cadavere in campagna. La stessa notte conduce le forze dell’ordine nel luogo dove è stato gettato il corpo, un pozzo-cisterna.

 

Le tante versioni di “zio Michele” - Il 15 ottobre del 2010 in un colloquio in carcere con i magistrati inquirenti, Michele Misseri dice che all’omicidio ha partecipato anche la figlia Sabrina: lui l'ha strangolata mentre lei la teneva ferma. La ragazza viene interrogata e la sera stessa scatta il fermo per concorso in omicidio e il trasferimento in carcere. La vigilia di Natale, però, l’uomo scrive le prime due lettere di una lunga serie, scagionando la figlia. Il 23 marzo 2011, Misseri si autoaccusa di nuovo del delitto dicendo di aver strangolato Sarah con una corda nel garage di casa durante un raptus scaturito dal fatto che non riusciva a far partire il suo trattore. Saranno in tutto sette le versioni fornite dallo zio della vittima, che sarà quindi ritenuto inattendibile dai giudici e scarcerato il 30 maggio dello stesso anno con a carico solo l’accusa di soppressione del cadavere.

 

L’arresto di Cosima Serrano - Il 26 maggio 2011 i carabinieri arrestano Cosima Serrano, moglie di Michele e madre di Sabrina, per concorso in omicidio e sequestro di persona insieme alla figlia, alla quale viene notificata in carcere un'altra ordinanza di custodia cautelare. Il 29 luglio la procura chiede il rinvio a giudizio per 13 indagati, tra cui Cosima e Sabrina, Michele Misseri, il fratello Carmine, il nipote Cosimo Cosma e quattro avvocati.

 

La sentenza di primo grado - Il processo inizia il 10 gennaio 2012 con nove imputati alla sbarra. Tre mesi dopo la Procura di Taranto chiede l’ergastolo per Cosima e Sabrina, considerate le autrici dell’omicidio, e nove anni per Michele Misseri, accusato di aver soppresso il cadavere di Sarah gettandolo in un pozzo.

La sentenza arriva il 20 aprile 2013, dopo 15 mesi e 52 udienze: ergastolo confermato per le due donne e otto anni per “lo zio Michele”. Le motivazioni della sentenza arrivano quasi un anno dopo, nel marzo del 2014: nelle 1.631 si legge che "Sabrina aveva un movente per commettere il delitto" che "non può essere riduttivamente ascritto alla 'gelosia'". Secondo la Corte d’Assise di Taranto, Sarah Scazzi venne strangolata in casa Misseri da Sabrina e Cosima con una cintura e l’allora 22enne fornì un falso alibi agli inquirenti usando il cellulare della cugina che, però era già morta.

 

La sentenza d’appello - Il 12 giugno 2015 il sostituto procuratore generale di Taranto Antonella Montanaro, al termine della requisitoria al processo d'appello, chiede di confermare la condanna all'ergastolo per Cosima Serrano e la figlia Sabrina Misseri: la ragazza continua a proclamarsi innocente. La sentenza di 1.277 pagine arriva il 27 luglio e conferma la condanna all’ergastolo sia per Cosima Serrano che per la figlia. Nelle motivazioni, depositate dopo 13 mesi con un ritardo tale che il Guardasigilli Andrea Orlando mandò degli ispettori, i giudici parlano di un omicidio d’impeto, maturato per gelosie e rancori famigliari. Secondo la ricostruzione Sarah Scazzi, quel pomeriggio del 2010, si recò nella villetta dei Misseri, in via Deledda: ebbe una prima lite con Sabrina e Cosima, poi cercò di fuggire ma fu raggiunta in strada e riportata in casa, dove fu strangolata e uccisa dalle due donne.

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