Strage via D’Amelio, colpo di scena: nuovo indagato sulla morte di Borsellino - Affaritaliani.it

Cronache

Strage via D’Amelio, colpo di scena: nuovo indagato sulla morte di Borsellino

Strage di via D'Amelio, indagato il dottore Cinà. Medico di Totò Riina, l'uomo del "papello"

Borsellino, indagato Cinà: il medico di Riina. Procura cauta

Si potrebbe aprire un nuovo filone d'indagine sull'attentato di via d'Amelio. Il gip del Tribunale di Caltanissetta, Valentina Balbo, ha rigettato la richiesta di archiviazione, presentata dalla procura di Caltanissetta e risulta iscritto sul registro degli indagati il dottore Antonino Cinà, accusato di strage aggravata dall'aver favorito Cosa nostra. Cinà fu il medico di Totò Riina ed ebbe tra le mani il 'papello'. Il giudice delle indagini preliminari ha fissato un'udienza in camera di consiglio per il 28 ottobre al palazzo di giustizia di Caltanissetta. "Il fatto che Cinà sia coinvolto nella Trattativa – ha spiegato il procuratore aggiunto di Caltanissetta, Gabriele Paci – non è una prova per poter stabilire che sia anche coinvolto nella strage di via d'Amelio. Un conto è il suo coinvolgimento nella Trattativa e un'altra cosa è dire che abbia preso parte all'attentato", in cui vennero uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta.

Cinà era fra gli imputati del processo sulla trattativa Stato–mafia ed è stato condannato in primo grado a 12 anni di reclusione. "Fra le parti citate all'udienza del 28 ottobre – spiega Fabio Repici, legale di fiducia di Salvatore Borsellino, parte civile nei processi sulle stragi – ci sono anche coloro che sono tornati in libertà dopo il processo di revisione". Su questo aspetto il procuratore Paci chiarisce e ammette subito che si è trattato solo di un errore della cancelleria del gip. "Le parti offese – afferma il procuratore aggiunto - sono i familiari del giudice Borsellino e quelli degli agenti della scorta".

Stato-mafia, Di Pietro: Falcone disse 'Mani pulite' arriva in Sicilia

"Nel 1992, da febbraio a maggio e fino all'omicidio di Falcone, l'inchiesta ('Mani pulite', ndr) si allarga e assume una rilevanza nazionale. Io mi confronto con Falcone che mi dice che le rogatorie sono l'unico strumento per individuare le provviste e mi accennò che da lì si arrivava anche in Sicilia: bisognava controllare gli appalti anche in Sicilia. Anche con Borsellino parlai degli stessi argomenti: man mano che si sviluppava l'indagine era più opportuno andare a cercare dove si formava la provvista". Lo ha detto l'ex pm di 'Mani pulite', Antonio Di Pietro, deponendo al processo di appello sulla trattativa tra Stato e mafia. A quell'epoca il magistrato palermitano era già a Roma, a capo del Dipartimento affari penali e proprio per questo vi erano continui contatti tra il pm della procura di Milano. L'ex senatore depone dinanzi alla Corte di assise di appello presieduta da Angelo Pellino (Vittorio Anania giudice a latere) rispondendo alle domande dell'avvocato Basilio Milio. 

"Ebbi diversi colloqui con Giovanni Falcone rispetto a ciò che stavo svolgendo sulle rogatorie internazionali, una materia a me sconosciuta all'epoca. Fu lui - rievoca Di Pietro - che mi fece da insegnante con le autorità giudiziarie internazionali proprio per potere realizzare al meglio le rogatorie internazionali". Uno degli nomi di politici siciliani "a cui arrivammo era Salvo Lima: era lui il destinatario di una parte della maxi tangente Enimont da 150 miliardi di lire commutata in Cct", precisa l'ex pm, spiegando che all'epoca Giovanni Falcone lavorava già a Roma come direttore generale del Dap, il dipartimento degli affari penali del ministero della Giustizia. "Borsellino non mi parlò del rapporto del Ros mafia e appalti del 1991. Ma – ha proseguito Di Pietro - il giorno del funerale di Giovanni Falcone con Borsellino parlammo degli stessi argomenti affrontati con Falcone e rimanemmo che ne avremmo dovuto riparlare. Mi disse 'Bisogna fare presto', in riferimento alla necessità di un coordinamento delle indagini sul territorio nazionale. Come sapete questo non fu possibile. E dopo la sua morte compresi meglio la diffusione del sistema, continuai a indagare e arrivò una segnalazione del Ros su un possibile attentato contro di me".