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Cronache
Terrorismo, Aldo Giannuli: "Ora il rischio è alto anche per l'Italia"

di Lorenzo Lamperti
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@LorenzoLamperti

L'esperto di intelligence Aldo Giannuli analizza in un'intervista ad Affaritaliani.it il rischio terrorismo per l'Italia dopo gli arresti compiuti tra Lombardia e Piemonte.

Aldo Giannuli, come vanno analizzati gli arresti degli estremisti nel Nord Italia? Abbiamo la prova che esiste una rete jihadista anche qui oppure si tratta di lupi solitari?

Sicuramente gli arresti sono un bel colpo, però siamo seri... i jihadisti sono presenti in tutta Europa. E anche in Italia. Non ho capito perché dovrebbero essere dappertutto e in Italia no. E' scontato che sono anche qui. Se finora non è successo niente lo si deve a una serie di fattori e interessi concomitanti. Fino adesso non c'era interesse a colpire l'Italia ma la situazione non è eterna, prima o poi scade. E bisogna farci i conti, non ci sono santi.

Quindi gli arresti ci dicono che anche l'Italia è a forte rischio attentati?

Non possiamo che compiacerci degli arresti però questi stessi arresti accendono una spia che non mi lascia tranquillo. Se due pm come quelli che hanno condotto l'inchiesta dicono che ora sperano di "capire come è fatta la rete e la catena di comando" questo significa che siamo indietro. Non è colpa dei magistrati ma capire la rete e la catena di comando sono azioni che avremmo dovuto fare da tempo. Io do per scontato che prima o poi il rischio ci sia. D'altronde sono stati colpiti Spagna, Belgio, Francia, Danimarca. Perché non dovrebbe esserlo anche l'Italia? Non siamo mica raccomandati a Maometto.

Quali sono i fattori che hanno fatto ciò che questo finora non sia accaduto?

Innanzitutto il ruolo marginale dell'Italia nei conflitti in Iraq, Afghanistan e Siria. Ora con l'imminente intervento in Libia però questa condizione favorevole viene meno. Un altro fattore positivo per noi è sempre stato il Vaticano e la sua rete informativa ma il Giubileo rende appetibile un attacco a Roma e controllare tutto è impossibile. In terzo luogo, l'Eni, che finora è stata importantissima in funzione antiterrorismo per la sua penetrazione nel mondo mediorientale, si sta indebolendo anche a causa delle turbolenze politiche della regione. C'è poco da fare, i fattori di rischio aumentano e quelli di protezione diminuiscono.

Quindi siamo anche noi un obiettivo?

E' illusorio pensare che non lo siamo. Siamo anche noi come gli altri paesi europei.

Ha visto un cambio di marcia dell'Europa dopo gli attentati di Bruxelles?

Il problema è che siamo in un ritardo enorme. In 15 anni abbiamo speso un sacco di soldi, fatto guerre, per trovarci poi in una situazione molto peggiore di prima. Un mio amico che lavora in una ong stava prendendo un aereo dal Pakistan a Bruxelles e un addetto dell'aeroporto gli ha detto: "No, non vada a Bruxelles che è pericoloso". Capito? Siamo al punto che in Pakistan dicono che la capitale dell'Ue è un posto pericoloso. Quello che mi sbalordisce è che stiamo facendo errori che 30 anni fa non avremmo mai fatto. In Italia, per esempio, potremmo riapplicare quello che ha fatto Dalla Chiesa più di 30 anni fa. Sarebbe già un grande passo avanti. Oggi il pericolo che abbiamo di fronte è molto maggiore ma la nostra capacità di risposta è inferiore.

Servono misure speciali?

Non servono misure speciali ma una politica più chiara e mosse decise sul piano dell'integrazione sociale. E poi ci vuole un'azione di intelligence più seria. Sento quelli che vogliono oscurare i siti jihadisti, ma è un'enorme idiozia. Quei siti andrebbero piuttosto seguiti, monitorati per vedere chi si collega e quali sono i flussi. Oggi mi sembra, come ho scritto nel mio libro, che di fronte all'Isis l'Europa faccia lotta greco romana contro un maestro di judo cosparso di lubrificante. E' chiaro che così facendo la sconfitta è inevitabile.

In che modo deve cambiare la politica europea in Medio Oriente?

L'ordine mediorientale che ci siamo inventati un secolo fa è venuto meno. Le nostre creazioni artificiali stanno collassando. Ma noi continuiamo a fare sciocchezze. Per esempio, se non ci sbrighiamo a buttare giù la giunta di Al Sisi in Egitto quello sarà il prossimo fronte, anche molto peggiore della Libia con un possibile avvicinamento con la corrente wahabita. Bisogna assolutamente aprire un dialogo coi Fratelli Musulmani dando forza all'ala più liberal dell'opposizione e mettere da parte la dittatura feroce di questi generali speculatori. Altrimenti potremmo trovarci di fronte a un nuovo drammatico pericolo.

Tags:
terrorismoaldo giannuli
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