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Cronache
Traffici commerciali via mare: crescono in Italia e nel mondo. I dati

Per la prima volta al mondo il trasporto marittimo supera i 10 miliardi di tonnellate, con un peso del 20% nel Mediterraneo dove la presenza di portacontainer cresce di oltre il 21%. E al 2030, grazie agli investimenti in infrastrutture lungo la Via della Seta della Cina, secondo le previsioni di Srm, il Centro studi legato a Intesa Sanpaolo, il trasporto su nave toccherà i 17 miliardi di tonnellate. Al raddoppio di Suez, che inizia a registrare crescite a doppia cifra (+10,6% nei primi cinque mesi del 2017 rispetto al 2016), risponde infatti la Cina che attiverà nell’arco dei prossimi anni oltre 1.000 miliardi di dollari di investimenti per realizzare opere marittime, stradali, aeroportuali e ferroviarie. Cresce complessivamente nel 2016 dell’86,4% rispetto al 2012 anche la presenza di navi nei tre porti container italiani di Gioia Tauro, Genova e La Spezia mentre il Bel Paese raggiunge i 217 miliardi (+120% sul ‘97) di import-export via mare, segnando una crescita media annua del 4,3% ben al di sopra di quella dell’economia. Nel 1997 era pari a 98 miliardi. Ma restano le criticità del comparto marittimo nazionale se non ci sarà uno sforzo dei porti e della logistica per migliorare il loro profilo competitivo. Secondo Srm, che oggi presenterà una ricerca sulla Via della Seta, l’Italia ha ancora una forte dipendenza dal mare per il suo interscambio commerciale. Il 37% del totale è infatti realizzato lungo le direttrici marittime e il nostro Paese ha buone potenzialità per proporsi sia come punto strategico di imbarco e sbarco, sia come hub logistico soprattutto per le navi che percorrono la Via della Seta.

I porti italiani raggiungono infatti nel 2016 i 484 milioni di tonnellate, un vero e proprio record considerando gli ultimi dodici anni. E poi registrano una forte crescita negli ultimi cinque anni sia nel ro-ro che nelle autostrade del mare: +58% nell’Adriatico Orientale, +55% nel Tirreno Settentrionale, +32% nella Liguria Occidentale, +5% nel Tirreno Centrale. Ma, osservano gli analisti di Srm, occorrono adeguati investimenti in infrastrutture perché è sulla parte terrestre, logistica e intermodale che si gioca la partita della competitività. Una mega ship che sbarca 10mila Teu può attivare una parte terrestre pari a 19 treni e 1.560 tir, oltre ulteriori 10 feeder e 32 Barge via mare, senza considerare il valore della logistica industriale. Senza investimenti che garantiscano questi collegamenti verso l’interno del Paese, si rischia di restare al palo.

Basti pensare che i moli marittimi nei principali porti europei e quelli di maggiore destinazione del mondo sono diventati molto simili. Spedire un container via mare da Napoli/Genova/Rotterdam/Amburgo per Shangai o New York ha in pratica lo stesso costo. La differenza è legata alla distanza terrestre tra l’azienda che esporta ed il porto d’imbarco. “Le navi stanno scalando sempre di più aree ad alta concentrazione di distretti produttivi e di mercati di consumo”, dice ad Affaritaliani il direttore generale di Srm, Massimo Deandreis. “E questo rende ancora più importante migliorare il sistema delle connessioni interne strada-ferro-mare. Soprattutto perché l’Italia, per la sua posizione geografica e per la sua dotazione logistica e portuale può rivestire un ruolo di primo piano nella Via della Seta. Senza contare la presenza di otto scali che accolgono le grandi alleanze navali strategiche, di cui cinque sono interessati dalla Ocean Alliance che vanta la presenza di Cosco. E la Cina è uno dei nostri maggiori partner in termini di import-export marittimo. Nel 2016 l’interscambio in valore è pari ad oltre 27 miliardi di euro. E’ su questi aspetti che si gioca dunque la vera partita, soprattutto per il futuro dei porti del Mezzogiorno”.
 

 

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traffici commerciali via maretraffici marittimi
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