"Vi racconto l'inferno messicano". Intervista
Intervista di Affaritaliani.it a Claudio Cordova
DALLA CALABRIA VI RACCONTO L’INFERNO MESSICANO
Intervista a Claudio Cordova, GIOVANE giornalista calabrese, autore di un documentario sul Messico dal titolo “La Terra degli alberi caduti” molto apprezzato dai critici. Klaus Davi lo ha intervistato per Affari Italiani. E’ di oggi, purtroppo, la notizia di un altro giornalista ucciso nel paese centro americano.
Come è nata l idea del documentario?
L’idea del documentario nasce nel settembre 2017, quando, recatomi in Messico per un ciclo di conferenze sui temi della criminalità e del narcotraffico, ho iniziato a conoscere la drammatica situazione messicana. Circa 40 mila persone scomparse e più di 980 fosse comuni. Una strategia della tensione che coinvolge tutti, compresi donne e bambini. In Messico corruzione e narcos vanno a braccetto in molti casi e in molte regioni. A pagare sono anche i giornalisti che tentano di raccontare queste vicende, casi di narcopolitica, di pezzi dello Stato direttamente coinvolti con i gruppi di criminalità organizzata. In questa coincidenza di elementi - politica, cartelli della droga, affari - si nasconde il motivo della violenza contro i giornalisti.
Cosa insegna a chi ha un punto di vista italiano?
Credo che insegni molto. Mi riferisco al fatto che fuori dai confini messicani traspare poco o nulla rispetto al dramma vissuto dal Paese. Li chiamano “cartelli della droga”. Ma è riduttivo. Controllano tutto. Tutto. Gli affari, la politica, le forze dell’ordine e le istituzioni, i traffici illeciti di armi, di esseri umani, venduti per poco, pochissimo, per alimentare il mercato della compravendita di organi, di donne destinate alla prostituzione, anche se bambine. E poi, certo, poi trafficano anche droga. E sono egemoni nel settore: le sostanze stupefacenti circolano in maniera semplice e redditizia verso gli Stati Uniti, principale mercato di consumo del mondo, ma anche verso l’Europa. Siamo abituati a pensare al Messico come una nazione in cui poter trascorrere le vacanze. I governanti sono stati abili nel mantenere viva quest’immagine romantica, fatta di spiagge e luoghi paradisiaci per i turisti. In realtà, in Messico la violenza è diventata normalità e a pagare è la popolazione, anche a causa del dilagante tasso di corruzione, soprattutto negli ambienti istituzionali.
Spieghi perché il Messico è un paese cosi importante?
Perché, nonostante gravi disparità economiche, è tra le prime 20 economie mondiali. In Messico vi sono zone ricche come la Germania e altre degradate come il Burundi. E’ un Paese enorme che, per di più, si trova al confine con gli Stati Uniti, che spesso hanno esercitato la propria influenza, utilizzando il Messico come una vera e propria “discarica”, un territorio a perdere dove tutto è consentito.
Cosa c’è in comune con il nostro paese soprattutto sul piano della Corruzione
Potremmo paragonare – con le dovute proporzioni – i cartelli della droga alle nostre mafie. Così come la criminalità organizzata italiana, i narcos infiltrano le istituzioni. E per istituzioni non intendo solo la politica, che è quasi totalmente nelle mani dei gruppi criminali, ma anche le forze dell’ordine, dove il tasso di corruzione sfiora l’80% e la magistratura. In Messico, infatti, non esiste una magistratura indipendente. I pubblici ministeri, i cosiddetti “fiscales”, sono di nomina governativa e rispondono in tutto e per tutto all’autorità politica. La loro attività, quindi, si conforma totalmente al dettato dei governanti, creando un profondo senso di sfiducia da parte dei cittadini, a causa anche del dilagante tasso di corruzione negli uffici giudiziari. Solo lo 0,59% delle indagini termina con una sentenza, il che mostra la debolezza nell’istruzione dei fascicoli d’indagine da parte dei pubblici ministeri. Il Messico ha quattro volte meno giudici e magistrati rispetto al resto del mondo.
Quanto è costato?
E’ stata l’Escuela para l’Alta Justicia a finanziare il lavoro. Si tratta di un’università multidisciplinare che mette al centro del proprio operato il ritorno all’umanesimo come forma di progresso sociale. L’Alta Escuela svolge una resistenza intellettuale in un Paese dove spesso la libertà di espressione è compressa e punita.
Dove verrà proiettato?
Il documentario sarà itinerante. Abbiamo già pre-accordi con scuole e università per le presentazioni in tutta Italia, ma auspichiamo che anche qualche network possa essere interessato alla proiezione. Chiunque voglia presentarlo e proiettarlo può scrivere a laterradeglialbericaduti@gmail.com
Cosa fanno l’ Italia e l’Europa per fare chiarezza slle tante vicende da lei sollevate?
Poco o nulla. Come dicevo, a livello internazionale il Messico riesce a porsi come un Paese democratico e civile, quando invece al proprio interno vive un vero e proprio massacro. Questo accade a causa dell’influenza statunitense, ma anche grazie al fatto che – sulla carta – il Messico ha sottoscritto ogni accordo o protocollo in difesa dei diritti umani. Tutti atti che, però restano lettera morta.
La sua idea sugli italiani uccisi in Messico di recente
Sono rimasti schiacciati dal “sistema messicano”. Lì è pericoloso lavorare, fare affari e, talvolta anche prendere un taxi o girare per le strade. Il pericolo non è rappresentato solo dai cartelli della droga: sempre con maggiore incidenza, i crimini sono commessi dall’esercito o dalle forze di polizia dispiegate sul territorio. Un luogo a perdere, che però spesso viene raccontato in maniera semplicistica imputando unicamente ai narcos la responsabilità di tutti i mali della nazione, a cominciare proprio dalla violenza.
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