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Cronache
Yoga per detenuti, “Jailwashing” e bustine da tè
Personaggio carismatico che ha impattato le vite di milioni di persone – Steve Jobs ordinò di distribuire 800 copie dell’Autobiografia di Yogananda al suo funerale mentre i Beatles lo inserirono tra i personaggi della copertina dell’album "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band" - questo monaco indiano dagli occhi profondi partì dalla sua nativa India per trasferirsi negli Stati Uniti che girò in lungo e largo al fine di diffondere la sacra scienza del Kriya Yoga: una tecnica scientifica per realizzare Dio.

 

Le grandi aziende (ma anche le piccole) spesso utilizzano una tecnica di marketing chiamata Greenwashing (https://it.wikipedia.org/wiki/Greenwashing) che consiste nel “lavare” la propria immagine utilizzando la tematica ambientale per promuoversi.
Ieri sul Corriere della Sera è stato pubblicato un interessante (sociologicamente) articolo dal titolo “Grazia, che con lo Yoga insegna ai detenuti a ridere” che è un po’ un ulteriore segno dei tempi oscuri che stiamo vivendo,
http://www.corriere.it/cronache/16_settembre_16/grazia-fortuzzi-che-lo-yoga-san-vittore-6b1b1d38-7c47-11e6-a2aa-53284309e943.shtml.
L’articolo ci descrive le mirabolanti trovate di Grazia Fortuzzi, bolognese del 1959, che per un’ora e mezzo alla settimana “fa ridere i detenuti” e che quattro anni fa ha avuto l’idea di proporre ai dirigenti del carcere di San Vittore a Milano il suo “pacchetto” di risate settimanali.
La “counselor” ci dice che “ridere senza motivo sembra una follia ma fa bene”.
E poi la ricetta risolutiva:
“Gonfio la pancia e respiro a bocca aperta, saltello, immagino di essere una bustina da tè”.
Poi una voce più saggia di un detenuto le dice:
“Adesso ci mandano tutti al Conp (ndr: reparto neuropsichiatrhico)”.
Insomma, la Fortuzzi propone alle istituzioni carcerarie lo “Yoga della risata” e si definisce da sola “rimbambita” e ride ride ride proponendo di immaginarsi una bustina da tè.
Questi i fatti.
Qualche considerazione.
La situazione carceraria italiana è particolarmente seria e complessa e meriterebbe una attenzione altrettanto seria e –occorre dirlo- da tempo ci si sta muovendo in questa direzione.
Il recente congresso radicale nel carcere romano di Rebibbia ha segnato certamente una attenzione a livello istituzionale data la presenza del ministro della Giustizia Orlando.
Ma iniziative come quella dello “Yoga della risata” ci fanno capire che di strada ce ne è ancora tanta da fare; iniziative come queste, clownesche in tutti i sensi, rischiano di annullare quanto di buono fatto finora.
Proporre ai detenuti di sentirsi una “bustina da tè” non sembra una terapia particolarmente intelligente e sarebbe interessante sapere se la signora è stata pagata per questo e quanto.
Già il carcere non è un luogo ameno e magari qualche detenuto potrebbe sentirsi -come dire- preso in giro da iniziative bislacche come questa di cui francamente non si sente il bisogno.
E poi, lo “Yoga della risata” non rispetta neppure l’antica e nobile disciplina orientale; da quelle parti, da 3000 anni si pratica lo Yoga, ma quello serio descritto nei testi sacri indiani e non queste degenerazioni furbette occidentali che insegnano alla gente a sentirsi “bustine da tè” e che magari paghiamo pure lautamente con le nostre tasse.

 

Tags:
yoga detenuti
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