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Culture
A Bologna il lavoro diventa arte fotografica
5.2. Alexandre Rodchenko: Wood factory

di Raffaello Carabini

 

Il lavoro e Bologna si coniugano in maniera perfetta. Nel capoluogo emiliano si è sempre posta attenzione alle problematiche e alla realtà, ai valori e alle diversità, che l’universo dell’attività umana, in qualunque ambito, esprime. Non poteva esserci sede migliore per la prima Biennale al mondo dedicata alla fotografia dell’industria e del lavoro, che qui si svolge dal 2013.

La terza edizione si è aperta il 12 ottobre scorso e fino al 19 novembre proporrà 14 mostre in quasi altrettante sedi storiche del centro e al MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia, ma anche “albero maestro” nel significato anglosassone), che la organizza, con l’intento di condividere con il resto della città, coinvolgendolo direttamente, l’idea culturale della Fondazione MAST, che lo vuole tramite tra l’impresa e la comunità.

Il MAST ospita già una collezione di fotografia industriale ed è l’unica istituzione al mondo dedicata questo genere fotografico, di cui porta ancora una volta a Bologna i talenti migliori, a cominciare dal ricercatore e guru Thomas Ruff, inventore di un materiale visivo inedito, partendo da elementi reali come macchine ed energie. La sua è l’unica esposizione prolungata fino al 14 gennaio.

Il russo Alexander Rodchenko alla Casa Saraceni presenta il “lavorare” in molteplici espressioni; il ceco Josef Koudelka al Museo Civico Archeologico offre eccezionali paesaggi industriali “scattati” nell’arco di trent’anni; l’americano Lee Friedlander al Palazzo Paltroni propone le immagini realizzate nel tempo su commissioni delle imprese.

Due serie di fotografie provengono dalla Pinacoteca Nazionale: le prime, anonime di inizio 900, mostrano una città americana costruita per lo sfruttamento del carbone; le seconde, di Mitch Epstein, documentano, un secolo dopo, come la produzione di energia sia onnipresente nello stesso paesaggio. Il francese Mathieu Bernard-Reymond allo Spazio Carbonesi riesce a trasformare in astrazioni le visioni di siti produttivi e il connazionale Vincent Fournier al MAMbo allinea imponenti immagini sull’addestramento degli astronauti e i robot umanoidi.

Il catalano Joan Fontcuberta al Palazzo Boncompagni presenta le foto del cosmonauta sovietico scomparso nel 1968 sulla Soyuz 2, che era destinata nelle intenzioni a raggiungere la Luna; lo svedese Mårten Lange al Teatro San Leonardo racconta la solitudine degli impiegati in ambiti lavorativi alienanti e la complessità delle apparecchiature da laboratorio; il giapponese Yukichi Watabe al Museo di Palazzo Poggi delinea i passaggi noir di un’indagine criminale nel Giappone anni 50; l’inglese John Meyers al Museo internazionale e biblioteca della Musica propone con lirismo gli inevitabili stabilimenti industriali dismessi che attendono la riconversione.

Gli italiani sono: Michele Borzoni (Palazzo Pepoli Campogrande), che offre immagini di sconfinati spazi di lavoro nell’ambito dei servizi; Mimmo Jodice (Santa Maria della Vita), con inediti scatti di bambini al lavoro nelle vie di Napoli negli anni 70; Carlo Valsecchi (ex Ospedale dei Bastardini) espone foto di grande formato e dalle linee infinite, realizzate per un recente insediamento industriale.

Una testimonianza artistica e creativa di alto valore estetico e capace di consolidare l’attenzione verso i valori etici del “fare” quella di questa Biennale, che, vista perduta l’incisività della fotografia industriale classica degli anni 60 scorsi, si volge all’indagine dei processi produttivi e al loro legame con la società e indaga sull’influenza dell’industria sull’uomo e la natura.

A corollario delle esposizioni si terranno numerosi eventi (quasi tutti al MAST, ingresso gratuito e prenotazione obbligatoria): visite guidate con gli artisti, tavole rotonde con grandi personaggi, tra i quali il premio Nobel Joseph Stieglitz, un ciclo di biopic e incontri con importanti fotografi, performance teatrali e concerti, workshop per i più piccoli.

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