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Culture
L'aforisma poetico e le ascendenze di antica nobiltà letteraria

L’aforisma poetico vanta ascendenze di antica nobiltà letteraria.

Contiene riflessioni acute, magari amare, comunque sorprendenti, espresse in termini stringati, brillanti, seducenti, immaginifici, venati talvolta di umorismo.

È inoltre dotato di una sua specifica utilità pratica. Prezioso per scandagliare i meandri cerebrali, ci segnala le insidie del navigare fra i marosi della società.

Come ogni organismo agile, forte, geniale, e adattabile, si propaga con estrema facilità. E la vitalità che lo contraddistingue sembra metterlo al riparo, almeno per ora, dal rischio estinzione.

All’origine del suo successo ultra-millenario, una serie di complesse motivazioni.

L’essere umano è un curioso miscuglio di corpo, anima e pensiero. E la ragione non riesce purtroppo a spiegare tutti i misteri che pulsano dentro e fuori di noi.

Tuttavia lo strano bipede fornito di coscienza, nato dall’incrocio fra Neanderthal e Sapiens, incline alla curiosità, all’astrazione e all’ironia, non si rassegna all’ignoranza e, con le armi dell’ingegno e della creatività, ingaggia anzi continue battaglie contro l’ignoto. Da milioni di anni si sforza di intercettare i lampi che ogni tanto si accendono in lui e di tradurli in una forma intellegibile a sé stesso, e ai suoi simili, nel tentativo di trovare risposte all’enigma del vivere, e sollievo dal fardello di inquietudine che lo opprime.

I memi, sorta di mattoni elementari della conoscenza, impastati con l’argilla dell’intelligenza e della passione, di norma hanno però maggiori probabilità di sopravvivere e diffondersi, laddove le idee che li hanno ispirati siano alimentate da una forte componente emozionale. Formule scientifiche, massime filosofiche,

frasi storiche, versi memorabili, nel condensare, e cristallizzare, circostanze eccezionali, sentimenti intensi, intuizioni geniali, originali percorsi di ricerca, si dimostrano perciò uno straordinario veicolo di trasmissione del sapere, un treno proiettile che viaggia nello spazio e nel tempo, per mettere in comunicazione universi interiori lontani. Nei casi più fortunati, la parola e il linguaggio funzionano insomma come mani preziose, atte ad afferrare la realtà psichica, e quella fenomenica, per decifrarne l’essenza, così da trasferirla sia agli inquilini del presente che agli abitanti del futuro, pillole di esperienza avita, da ingerire all’occorrenza, aiutano a eliminare tossine, fugano l’ansia.

E, di solito, quando riceviamo in dono un pacchetto di frasi uniche, acuminate, evocative, in noi si aprono prospettive inusuali, ragionamenti inediti, sorgono edifici concettuali imprevedibili. Un po’ come succede nell’officina della vita, dove creature sempre differenti scaturiscono da combinazioni cromosomiche mai identiche, in un flusso di costante, feconda metamorfosi.

Oggi la civiltà occidentale punta soprattutto sulle immagini, e la brevità. Ma spesso resta esiliata dai territori del profondo. Ciononostante, non appena in noi affiorano un’illuminazione spirituale, un quanto di energia mentale, figure fantastiche, teorie rivoluzionarie, subito proviamo l’impulso di chiudere in una bottiglia quel messaggio elaborato dalle nostre sinapsi, e affidarlo alla corrente del divenire.

Se ciò accade è perché, fra i più evoluti individui della specie, si è affinato l’istinto a esplorare, scoprire, inventare e, poi, a preservare le informazioni.

Alla luce di tali considerazioni, quale migliore strumento dunque se non l’aforisma poetico a rappresentare, in sintesi, il magmatico, meraviglioso intreccio fra cuore, inconscio e intelletto?

L’umanità in cammino, nei frangenti più drammatici, ha sempre trovato rifugio in frasi coinvolgenti, semplici da ricordare, capaci di fotografare il proteiforme stato dell’essere, la sua condizione comica, il destino tremendo, le conquiste, o le cadute.

Poesia aforistica o aforismi poetici: per voi ho colto qualche piccolo fiore da questi prati splendenti.

“La prospettiva è briglia e timone della pittura.”Leonardo.

“Il forse è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non cerca la fine, ma va verso l’infinito.” 

Giacomo Leopardi.

“Radicchio o bistecca: viviamo della morte degli altri.”

Camillo Sbarbaro.

“Oh, il cuore ben sa la sua scia ritrovare dentro tutte le onde.” Antonia Pozzi.

“Per noi dietro ai medici c’è sempre l’ombra dei medici di Molière,

e di quelli di Pinocchio.”

Lalla Romano.

“L’indifferenza è inferno senza fiamme,

ricordalo scegliendo fra mille tinte

il tuo fatale grigio.”

Maria Luisa Spaziani.

“La mira dell’artista deve essere superiore a quella dell’arciere poiché punta all’infinito.”

Valentino Zeichen.

Il bastimento della nostra cultura-madre è carico di efficaci antidoti contro il veleno di quella banale superficialità contemporanea che, giorno dopo giorno, contamina la comunicazione, la priva di  senso, ne sgretola l’ossatura logica.

Stanchi viandanti, appoggiati al bastone del pensiero poetante o della poesia pensante, di fronte al bivio del dubbio, lo rischiariamo con la torcia della consapevolezza e della sensibilità di chi è già passato di lì. Finalmente ci sentiamo allora un po’ meno soli perché, nei momenti più difficili, tutti noi siamo figli delle voci che ci parlano dal passato, quelle dei nostri saggi e generosi antenati, che ci sussurrano all’orecchio di stare tranquilli, una soluzione si troverà, l’eroe che è in noi saprà scovarla.

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