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Culture
Andrea Scanzi, l’uomo dietro il personaggio. In libreria il suo nuovo romanzo

Di Chiara Giacobelli

Conoscendolo di persona e avendo il privilegio di trascorrerci del tempo insieme, si scopre subito che Andrea Scanzi non è solo il giornalista critico, a volte cinico e impietoso, che ci rimanda la televisione. Siamo abituati al suo lato (spesso giustamente) polemico, ma in realtà Andrea è molto altro. Ad esempio, è quello che dà estremo valore all’amicizia, vera protagonista del suo romanzo “I migliori di noi”, da pochissimo in libreria edito da Rizzoli e presentato in anteprima ad Arezzo all’interno del Passioni Festival di cui è Direttore Artistico. È anche quello che ama raccontare la sua città tra le pagine di un libro con affetto e nostalgia, o ancora è quello che sogna un amore duraturo e sereno fatto di piccoli gesti quotidiani, dolcezza, condivisione.

Tutto questo e tanto altro è racchiuso in quel piccolo capolavoro che Scanzi ha scritto dopo uno stressante periodo lavorativo per rilassarsi e liberare la testa dai pensieri, seguendo solamente la voglia di raccontare una storia di amicizia, ma anche di crescita, di andata e ritorno, di realizzazione personale. I protagonisti sono due, Fabio e Max: il primo non si è mai mosso dalla città in cui è nato – Arezzo, appunto – e non ha rincorso grandi traguardi, eppure si sente appagato da ciò che ha, a cominciare dalla moglie Federica; il secondo, al contrario, ha toccato con mano tutto quanto si possa desiderare: soldi, successo, viaggi, donne, riconoscimenti… nonostante ciò, è solo, pieno di rancore, con un senso di vuoto dentro.

Dunque un romanzo tutto italiano ambientato nella provincia che qui gioca il ruolo della terza protagonista e costituisce una porta aperta su ciò che Andrea Scanzi è, sente e sogna al di fuori degli schermi televisivi. Affari Italiani lo ha incontrato per conoscere qualcosa in più dell’uomo, dietro al velo del personaggio.

I migliori di noi
 

Andrea tu sei perennemente esposto alle critiche e ai giudizi delle persone, ma forse questa è la prima volta in cui ti metti a nudo davvero. Un po’ di timore?

“Nonostante io sappia benissimo che in un lavoro come il mio, soprattutto se si scrive un libro del genere, mettersi a nudo faccia parte del gioco, confesso di avere diverse paure. La prima di queste riguarda le vendite, non nei confronti dell’editore ma di me stesso: sono infatti una persona che punta alla qualità e alla quantità insieme.

L’essermi raccontato prendendo spunto dalla mia città, dai personaggi che la popolano, da alcuni amici e anche dalla mia famiglia è stato invece divertente, perché non sono restio a mostrare i miei punti di fragilità e umanità. Al contrario, mi piacerebbe se le persone si accorgessero che oltre allo Scanzi della tv c’è anche un Andrea che sa ascoltare, ridere, socializzare, emozionarsi. Come tutti gli esseri umani, d’altra parte”.

L’amicizia è il grande tema di questo libro. Parliamone fuori dalle pagine, legandoci alla tua personale esperienza.

“Sono sempre stato affascinato dal potere dell’amicizia genuina, quella che resiste al tempo e ai cambiamenti. Per quanto mi riguarda, alla mia età chi mi sta attorno è passato attraverso una dura selezione, tanto che posso dire di avere non più di quattro o cinque amici nel senso stretto della parola, tutti conosciuti da ragazzino. Purtroppo quando me ne sono andato da Arezzo e la mia carriera è decollata ho lasciato dietro di me diversi affetti, che per un motivo o per l’altro si sono persi per strada; evidentemente non erano poi così forti. Ma in fondo va bene lo stesso, perché in questo caso invece non è importante la quantità, ma la qualità”.

C’è qualcuno a cui ti sei ispirato durante la stesura?

“Sì, allo scrittore pisano Marco Malvaldi, che attraverso lo stile del giallo e del poliziesco fa emergere in maniera dettagliata la toscanità e la realtà della provincia. Rispetto a lui, io ho raccontato una sorta di commedia, o comunque ho scelto di utilizzare toni più dolci e smussati. Altri miei ispiratori sono Francesco Nuti, il primo Benigni, ma anche Ligabue nella sua espressione narrativa (quello dei racconti, per intenderci, dove Correggio ne esce descritta in maniera sentita e vera).

Essendo nato come giornalista di musica, in te le parole e le note si intrecciano inevitabilmente. Viene allora da chiederti: che cosa ne pensi del Premio Nobel a Bob Dylan?

“Se mi chiedi se ci siano scrittori nel mondo che lo avrebbero meritato al suo posto la mia risposta è sì, certamente. Tuttavia, non sono d’accordo con chi fa una distinzione netta tra musica e letteratura: in quest’ultima io comprendo chiunque sappia scrivere ed emozionare, tanto che alcuni testi sono vera poesia. Inoltre, andando a vedere la storia dei precedenti Nobel, non mi sembra che Bob Dylan abbia niente da invidiare agli altri”.  

Quanto la tua famiglia ha influenzato l’uomo che sei oggi?

“In maniera decisiva. Io sono cresciuto in una casa in cui si parlava sempre, sin da quando ero bambino, di massimi sistemi e di concetti complessi, ascoltando musica di ogni genere, leggendo in continuazione, andando a teatro, facendo dibattiti di politica. Tanto per farti un esempio, l’argomento più leggero a tavola era Ivan Graziani!

Tutto questo da una parte comporta una certa “pesantezza” forse eccessiva per un ragazzino, dall’altra ti consente di arrivare a vent’anni con un immenso bagaglio culturale che ti accorgi di aver costruito senza sforzo unito a un pensiero critico già sviluppato. In più, mi è sempre stata insegnata la coerenza”.

Ci consigli un libro, un film e un album musicale?

“Libro: Cecità di Saramago. Film: C’era una volta in America di Sergio Leone. Album: The Wall dei Pink Floyd”.

Info: www.andreascanzi.it

Tags:
andrea scanzi intervistaandrea scanzi "i migliori di noi"





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