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Culture
Capodimonte, il museo? Ecco come lo immaginano 10 personalità del sapere

Dal maestro Riccardo Muti al critico e docente Vittorio Sgarbi, dallo scultore Giulio Paolini all’artista contemporaneo Francesco Vezzoli, dal saggista Marc Fumaroli all’architetto Paolo Peyrone. Ed ancora, da Giuliana Bruno, della Harvard University a Mariella Pandolfi, antropologa dell’Università di Montreal, dalla neurologa Laura Bossi Regnier a Gianfranco D’Amato, industriale collezionista. Sono le dieci personalità internazionali dei diversi campi del sapere, di sensibilità, formazione, cultura e inclinazioni differenti che con il Progetto “Carta bianca” diventano curatori della loro sala ideale del Museo di Capodimonte di Napoli, attraverso la selezione di dieci opere tra le 47mila conservate, con il solo vincolo di spiegare la propria scelta. La mostra, nata da un'idea di Sylvain Bellenger e Andrea Villani, rispettivamente direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte e del Madre, in collaborazione con la casa editrice Electa, propone ai dieci curatori di esprimere la loro lettura dell’arte. A conclusione dell’allestimento proposto dai dieci curatori si aggiungerà poi il pubblico che, fino alla fine del prossimo giugno, potrà fotografare le dieci opere prescelte di questa sorte di museo virtuale.  Alla fine del percorso, la giuria composta dai dieci curatori e da Bellenger decreterà l’allestimento virtuale. Ai curatori la cura di spiegare la propria scelta con interviste video accessibili dal proprio smartphone attraverso l’app gratuita Carta Bianca, ideata dalla società Arm 23, estensione digitale dell’esperienza di visita alla mostra. La mostra sarà anche accompagnata da un catalogo edito da Electa,  che affiancherà il museo nell'organizzazione e comunicazione del progetto espositivo. “La mostra Carta Bianca -scrivono i promotori dell’iniziativa- è immaginata come una celebrazione del museo contemporaneo, uno spazio e un tempo complesso, polisemico, polifonico dove si organizza la memoria e si narra la Storia. In un museo d’arte il filo conduttore è la storia dell’arte, ma la storia dell’arte può essere scritta in molti modi diversi. Seguendo la lezione dello storico Francis Haskell, si è scelta una visione della collezione che privilegiasse il collezionismo, l’opera d’arte legata al territorio e la cronologia.  Una scelta significativa del nucleo originale del museo è di certo la collezione Farnese, giunta a Napoli con i Borbone. Ma né la collezione Farnese, né il museo, ripensato e riplasmato numerose volte dal 1957 in poi, sono incapsulati in un’unica semantica. Nel passato scrittori come André Malraux, Umberto Eco e Orhan Pamuk, o artisti come Marcel Duchamp e Marcel Broodthaers, o curatori come Harald Szeemann, ognuno a loro modo, hanno provato a ripensare la logica del museo. Seguendo il loro invito ideale abbiamo deciso di approfondire la semantica dello sguardo ed aprire le collezioni alla diversità delle esperienze”. Da qui l’invito a dieci visitatori ideali, lontani dall’universo del museo, di raccontare un’altra visione e un’altra storia del museo, dell’arte e del mondo.  Sono dieci sale nelle quali ogni “curatore” invitato ha avuto “carta bianca” per scegliere da una a dieci opere tra le 47mila della collezione di Capodimonte, con l’unico obbligo di argomentare la loro scelta e il senso della loro sala/mostra.

Eduardo Cagnazzi

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