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Culture
Depositi del Museo e Real Bosco di Capodimonte, storie ancora da scrivere

Nell’immaginario collettivo sono universi chiusi, sotterranei polverosi, custodi impenetrabili pieni di tesori nascosti e ignorati, i depositi dei musei sono un mito associato, nell’immaginario collettivo, al sepolto e al mistero come se fossero la caverna di Alì Babà o la tomba di Tutankhamon. I depositi sono, quindi, pieni di capolavori sconosciuti, di opere dimenticate, di capolavori ai quali è stata sottratta la consacrazione della presenza nelle sale? In parte questo è vero ma, essenzialmente, il deposito di un museo moderno è il risultato di una selezione fatta dai direttori e dai curatori, che riflette lo stato della storia dell’arte in un dato periodo.

Per la prima volta, il Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli, in collaborazione con Electa, fa uscire dai propri cinque depositi, identificati come Palazzotto, Deposito 131, Deposito 85, Farnesiano e il Gabinetto dei disegni e delle stampe oltre mille opere (tra dipinti, sculture e oggetti), circa il 20% del totale in essi contenute che resteranno in esposizione fino al 15 maggio 2019. Si tratta del secondo capitolo di una trilogia di esposizioni che sfida il principio costitutivo del museo, proponendolo non più come entità statica ed immobile, ma come luogo di creatività, di libertà, di potenziale espressivo. Oltre mille opere che escono dai sotterranei dell’edificio, tra cui 350 dipinti (tavole e tele dal XV al XX secolo) e 700 tra sculture ed opere d’arte decorative provenienti unicamente dai cinque depositi per raccontare il ruolo e la storia tra scelte, talvolta impietose, imposte dai dettami del gusto, dalla natura delle collezioni del museo o dallo stato conservativo delle opere.

Creati negli anni ’50, i cinque depositi medi e grandi del Museo di Capodimonte conservano opere di ogni tipo, importanti, con attribuzione incerta, in condizioni conservative precarie. Tra queste, vi sono la collezione di oggetti esotici che il Capitano James Cook donò a Ferdinando IV di Borbone e i numerosi servizi da tavola in porcellana di Meissen, di Berlino, della Manifattura Richard Ginori, impossibili da esporre per la loro vastità. Nel corso degli anni, dai locali sotterranei è stata ricostruita la collezione di oggetti rari di provenienza Farnese attualmente nella Wunderkammer del Museo e la collezione del cardinale Stefano Borgia dopo lunghissimi lavori di ricognizione sull’antico inventario.
 

 

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