Francesco Battaglini, lo scultore del Pinocchio evirato. L'intervista
Da Fazio a Casole d’Elsa, ecco il fantastico mondo dell’artista Francesco Battaglini
di Chiara Giacobelli
È salito alla ribalta delle cronache di recente, quando Luciana Littizzetto ha parlato in prima serata a “Che Tempo Che Fa” del suo Pinocchio, un’opera d’arte che ha spaccato in due l’opinione pubblica a causa di una scherzosa sproporzione genitale, poi evirata. Dopo quell’episodio Francesco Battaglini, scultore e pittore toscano di grande talento, ha cercato più volte di spiegare meglio le proprie ragioni; abbiamo allora pensato di concedergli questo spazio per esporre la sua opinione, cogliendo l’occasione per conoscere più approfonditamente il suo lavoro, al di là della serie dei Pinocchi in mostra al Palazzo Comunale di Casole d’Elsa fino al 6 gennaio.
Partiamo dalla strana storia dell’ormai famoso Pinocchio. Vuoi raccontarcela dal tuo punto di vista?
“Il progetto dal titolo ‘Un burattino tra vizi e virtù’ è stato realizzato nel 2014 per la mia prima mostra personale presso gli spazi del Parco Nazionale di Pinocchio a Collodi. Ho rappresentato Pinocchio reinterpretando i 7 vizi capitali e le 4 virtù cardinali: per me non si trattava di una semplice e banale provocazione, ma voleva essere una profonda, attenta descrizione dell’essere umano in tutte le sue essenze, resa tuttavia ironica e leggera grazie appunto alla scelta del protagonista.
Ad oggi ho terminato due opere di grandi dimensioni sulle undici totali previste: la Superbia sita ad Ariano Irpino e la Lussuria, ancora a Casole d’Elsa in attesa di una nuova e meno scomoda collocazione, nella speranza di tornare com’era in origine.
Ci tengo a sottolineare che non ho mai voluto urtare la sensibilità di nessuno: il mio progetto è un divertente e colorato viaggio nella storia di Pinocchio, tra i suoi antagonisti e le note birbonate, raccontato in modo umoristico e in parte provocatorio, nei limiti della decenza artistica. La ritengo quindi una libera interpretazione della storia scritta da Collodi volta a scavare in quelle fragilità umane capaci di condurre a compiere azioni significative, decidendo il destino degli uomini.
Insomma, si tratta di un invito a riflettere sui nostri modi di agire, elogiando in senso critico ogni singolo aspetto insito in noi, compresi quei difetti che troppo spesso facciamo finta di non vedere e non sentire”.
La tua formazione di artista inizia in realtà da molto lontano ed è piuttosto ampia. Ci puoi riassumere il tuo percorso?
“Durante l’adolescenza ho comincio a pensare che sarebbe stato divertente imparare a rappresentare ciò che mi colpiva del mondo a modo mio. Il percorso ufficiale inizia con il liceo artistico seguito dall’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove mi sono diplomato con il massimo dei voti. In quegli anni sono stato invitato dal professore-artista Antonio Di Tommaso a partecipare a diversi simposi internazionali di scultura monumentale, avendo così la possibilità di realizzare lavori di grandi dimensioni d’arredo urbano. Successivamente ho lavorato presso diverse Fonderie Artistiche di Firenze collaborando con notevoli artigiani e scultori toscani, occasione per me di importante apprendimento tecnico e manuale.
Ciò che mi spinge ogni giorno a migliorarmi e a non accontentarmi del mio “saper fare” è una profonda passione per questo linguaggio dell’anima, che adoro usare al fine di comunicare con il mondo”.
L’Italia è stretta per un artista del tuo genere o ti ci trovi bene?
“Non è il Paese migliore per intraprendere la carriera artistica, perché ci sono di fondo problemi culturali, professionali e amministrativi molto grandi. Nonostante ciò personalmente non ho nessuna intenzione di fuggire da questa terra toscana fatta di luce e morbidi colori stagionali che mi accompagnano nel mio lavoro quotidiano”.
Ti caratterizza un certo eclettismo nelle opere che produci. Ma qual è lo stile che senti più tuo? C’è un’opera in particolare che ti rappresenta, e perché?
“Non c’è nel mio lavoro un vero e proprio stile, bensì diversi linguaggi che mi piace alternare per raccontare differenti realtà, dalle più descrittive come i lavori figurativi a quelle essenziali con cui esprimo concetti astratti.
In questo momento l’opera che mi rappresenta maggiormente è proprio Pinocchio in tutte le sue forme, perché è nato dalla necessità di raccontare me stesso”.
Quali i prossimi progetti in cantiere?
“Vorrei portare ‘Un burattino tra vizi e virtù’ a Firenze, sebbene non sappia ancora dove e quando; nei primi mesi del 2017 chi vorrà potrà avere notizie di questa esposizione attraverso la mia pagina Facebook.
In secondo luogo spero di presentare il prossimo dicembre le sculture in terracotta rappresentati i Calcianti Fiorentini presso una manifestazione folcloristica nella sede storica del Calcio in Costume Fiorentino, il Palagio di Parte Guelfa”.