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Culture
I maestri del divisionismo in mostra a Novara
Giovanni Segantini - Savognino d'inverno

di Raffaello Carabini

 

A Mussolini non piacque molto. Quando, attorno al 1930, la Banca di Novara volle fare un presente al Duce per renderlo più malleabile rispetto alle mire di espansione economica sul territorio piemontese dell’ente, scelse di comprare un grande quadro da uno dei maggiori pittori viventi, l’acclamato Gaetano Previati. L’opera, la magnifica “Maternità” di enormi dimensioni, che aveva segnato nel 1891, esposta alla prima Triennale di Brera, lo spartiacque tra 800 e 900, non venne neppure recapitata. Mussolini l’accettò ma la lasciò in deposito presso lo stesso istituto, praticamente dimenticandosene, tanto che oggi – l’opera è valutabile nell’ordine dei milioni di euro – neppure i suoi eredi possono rivendicarla.

Questa “Maternità” laica, con la Vergine che allatta il Bambino davanti all’Albero del Bene e del Male circondata da uno stuolo di angeli, dipinta con le celebri pennellate lunghissime del suo autore e con il suo tipico contrasto tra piani rappresentati (quasi vuoto di elementi ma pieno d’aria e luce il terzo superiore, un groviglio di corpi e ali quello centrale, un infinito mare d’erba l’inferiore), che porta inesorabilmente l’occhio dello spettatore verso il nucleo nevralgico dell’immagine (il seno che dona la vita), era forse era troppo “sfocata”, forse troppo “inafferrabile”, per il destinatario. Non solo per lui, molti contemporanei parlarono di “eclisse di genio” del già noto Previati.

Oggi invece questo “arazzo perso nel colore” che dematerializza la forma rendendo tutto come un sogno campeggia in tutta la sua maestosa potenza narrativa e simbolica all’ingresso della bella mostra Divisionismo. La rivoluzione della luce. E se qualcuno obietterà che un’opera identica è visibile nella banca novarese, sappia che si tratta di una copia fotografica ad altissima risoluzione e della medesima grandezza, fatta realizzare perché l’originale possa girare, richiestissimo com’è, per le mostre di tutto il mondo più o meno ogni mese dell’anno.

Non potrebbe esserci più paradigmatica introduzione per la mostra eccellente (e “irripetibile”, come ama definirla la sua curatrice, la studiosa più nota del movimento, Annie-Paule Quinsac) allestita con eleganza fino al 5 aprile nelle sale del Castello Visconteo Sforzesco della città piemontese, che con intelligenza sta puntando a diventare un polo di attrazione per tutti gli appassionati dell’Ottocento, il secolo in cui ebbe la sua crescita urbanistica, sociale, economica e architettonica. (Tra le iniziative prossime è prevista l’apertura della cupola antonelliana di san Celso, di cui è già stato fatto un adeguato monitoraggio statico, fino a 93,5 mt invece dei 45 attuali, con la prospettiva di un incremento turistico di circa 100mila persone.)

67 le opere esposte, tra le quali campeggiano numerosi altri capolavori: da “Le fumatrici di hascisc” e “Migrazione in Val Padana” ancora di Previati a “Le capinere” di Emilio Longoni, da “Dopo il temporale” e “All’ovile” di Giovanni Segantini a “Libro azzurro” di Giovanni Sottocornola, da “Sul fienile” di Giuseppe Pellizza da Volpedo a “La slitta” di Cesare Maggi, da “Meditazione” di Angelo Morbelli a “Ora radiosa” di Carlo Fornara, e non solo.

Una mostra che definisce come quella che è stata chiamata “la prima avanguardia italiana” abbia sicuramente un respiro internazionale, nata in un periodo di grande creatività diffusa, sulla scia della Scapigliatura lombarda e del rapporto con le ricerche scientifiche contemporanee sulla complementarietà dei colori e sulla luce bianca. I colori, ormai venduti industrialmente a tubetti, non vengono più mescolati sulla tavolozza ma riportati direttamente sulla tela e accostati per filamenti, tratti, virgole allungate (quasi mai punti, come invece facevano i contemporanei francesi del pointillisme ottenendo esiti molto più freddi): sarà l’occhio dello spettatore a ricondurli a un’immagine completa e intensa. E i soggetti si fanno più densi di significato: propongono l’innocenza della vita agreste e insieme sviluppano istanze di idealizzato impegno sociale, per arrivare alle raffigurazioni più profondamente spirituali di elevata emozionalità simbolista.

Nelle otto sale, di cui tre dedicate ai massimi esponenti (Segantini, Previati e Pellizza), il percorso dei venti anni di vita del divisionismo a cavallo del passaggio di secolo è completo, dal prologo post-scapigliato all’epilogo pre-simbolista. Una carrellata di una piacevolezza e un’immediatezza fin da allora esemplari, tanto che nel 1897 il pittore americano Toby E. Rosenthal, residente a Monaco di Baviera, commissionò a Segantini il panorama magnificamente luminoso e coloristico, “un inno alla vita tra naturalismo e simbolismo”, di “Primavera nelle Alpi” per Jacob Stern, uno dei figli dei fondatori della Levi Strauss & Co. (l’opificio che inventò i jeans). L’opera, come molte del periodo simbolista del maestro tridentino – unica mancanza degna di nota – finite nelle collezioni di magnati di mezza Europa, non è presente nell’esposizione novarese. La si può ammirare a Los Angeles al Paul Getty Museum, che l’ha acquistata a gennaio per 34 milioni di dollari.

 

 

Info

Castello Visconteo Sforzesco

piazza Martiri della Libertà, 3 – Novara

orari: da martedì a domenica 10/19; lunedì chiuso

biglietti € 10; ridotti € 8 (dai 6 ai 25 e over 65 anni; giornalisti, gruppi, convenzioni); ridotto € 5 per le scolaresche; gratuito fino a 6 anni, docenti con scolaresca, disabili, guide turistiche

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