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Culture
Intervista a Giorgio Nardone, fondatore della Psicoterapia Breve Strategica

Attraversare le tempeste della vita rileggendo Il libro dei cinque anelli. Lo psicoterapeuta Giorgio Nardone ci porta alla scoperta dell’antica tradizione dell’arte della guerra, applicata alle sfide della contemporaneità.

Psicoterapeuta di fama mondiale, fondatore e direttore del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, ma anche scrittore e divulgatore. Ogni volta che Giorgio Nardone pubblica un libro, nel giro di pochi giorni sale in vetta alle classifiche nel settore della psicologia: merito della sua capacità di affrontare argomenti complessi con competenza, utilizzando però un linguaggio comprensibile a tutti. La sua ultima opera si intitola La pace del guerriero: un'espressione che a prima vista potrebbe sembrare un paradosso, ma è lo stesso Nardone a spiegarci in questa intervista perché in realtà non lo è. Edito come quasi tutti i suoi libri da Ponte alle Grazie, è un volumetto ricco di spunti di riflessione interessanti, da leggere con la dovuta calma e attenzione. Noi di Affaritaliani.it ne abbiamo parlato insieme all’autore, che ci ha raccontato anche la simpatica esperienza di aver letto per Audible alcuni tra i suoi bestseller più noti, tra cui Cavalcare la propria tigre.

La pace del guerriero
 

Professore, da dove nasce la sua passione per le arti marziali e come mai ha scelto di raccontare, interpretandolo, Il libro dei cinque anelli di Miyamoto Musashi?

“Sono approdato alla tradizione marziale attraverso lo studio del pensiero e dell’approccio strategico. La necessità di risolvere praticamente determinati problemi mi ha condotto attraverso un lungo percorso di letture più o meno antiche, arrivando così già trent’anni fa a scoprire la saggezza strategica cinese, che è alla base del mio libro Cavalcare la propria tigre. Dopo aver studiato il passato più remoto, mi sono imbattuto in una filosofia giapponese del Seicento che a dire la verità è ben poco giapponese, dal momento che Musashi è forse la figura meno dogmatica che io abbia mai conosciuto. Mi è quindi venuta la curiosità di leggere e rivisitare Il libro dei cinque anelli da lui scritto, confrontandomi con un uomo estremamente affascinante sia dal punto di vista dello psicologo che del clinico: Miyamoto Musashi fu infatti il più grande duellante del Giappone, vinse tutti i suoi combattimenti e all’età di soli trent’anni abbandonò quel mestiere per elaborare una via che conducesse alla sapienza. Insieme alla responsabile editoriale di Ponte alle Grazie Cristina Palomba abbiamo allora pensato a un progetto un po’ diverso rispetto ai miei tradizionali libri divulgativi di psicologia, perché in questo caso non elaboro mie personali strategie e non elargisco consigli, ma estrapolo dal volume di Musashi le perle che ritengo utili per l’uomo moderno, guardando a quelle virtù per migliorarsi che oggi purtroppo vengono sempre meno”.

Il titolo del libro è La pace del guerriero, un’espressione che potrebbe sembrare un paradosso e invece non lo è. Ci può spiegare perché?

“L’apparente paradosso deriva dal fatto che secondo le principali tradizioni spirituali la pace interiore e l’imperturbabilità si dovrebbero ottenere solo attraverso la meditazione, la concentrazione su di sé, la gentilezza verso gli altri e la bontà espressa in ogni forma. In realtà, però, in tutti i testi sacri si può leggere che la lotta contro i nemici della pace è stata condotta realmente, con combattimenti effettivi; basti pensare alle figure più note dei grandi combattenti: i templari, alcuni personaggi dell’Ebraismo, Gilgamesh e molti altri. La pace del guerriero significa che, attraverso un’esperienza reiterata di addestramento al combattimento in tutte le sue forme, anche fisico e verbale, si giunge infine a un tale livello di fiducia nelle proprie risorse, da essere raramente suscettibile a quelle provocazioni che non siano dei reali pericoli da cui difendersi. D’altra parte, il codice del guerriero in passato prevedeva proprio questo: nel mondo ellenico, che ha fondato la nostra civiltà, erano tutti esperti combattenti nelle arti della parola. Coltivare questo parallelismo rende calmi, sicuri, più gentili e corretti, ben disposti perché non influenzati da paure e timori. Coloro che aggrediscono per primi sono infatti quasi sempre i più fragili, perché sono insicuri e spaventati”.

Quanto dell’arte della guerra derivante dalla tradizione antica è rimasto oggi, nei conflitti mondiali a cui stiamo assistendo?

“Uno dei 36 stratagemmi contenuti sia nel mio Cavalcare la propria tigre, sia nel celebre libro di Sun Tzu, afferma che quando vuoi combattere un esercito nemico la prima cosa da fare è tagliare le sue risorse, invece di attaccarlo sul campo. È esattamente ciò che accade ora nella strategia di Putin contro l’Ucraina. Certi insegnamenti antichi purtroppo risultano attuali anche nel presente; è per questo che bisogna saper gestire la sapienza derivante dalle arti marziali al fine di raggiungere la pace del guerriero. Il combattente consapevole non cade mai nelle provocazioni, ma reagisce soltanto quando è indispensabile: dal momento che – nonostante i droni e le altre tecnologie all’avanguardia – ancora oggi le guerre sono fatte dagli uomini, se chi deve prendere le decisioni è una persona insicura con la tendenza a rispondere alle provocazioni il passo verso la guerra sarà rapido, se invece è qualcuno che abbia davvero la giusta imperturbabilità si muoverà in maniera precisa e rapida, solo qualora non vi siano altre possibilità. Ecco perché conoscere l’antica tradizione dell’arte della guerra nel mondo contemporaneo è più che mai importante”.

Il quinto libro, dedicato al vuoto, è uno dei più brevi eppure ricopre un ruolo a dir poco fondamentale. Ci può dire perché?

“I cinque anelli corrispondono a cinque diversi libri, in cui sono trattati quegli argomenti che il vero guerriero dovrebbe padroneggiare pienamente. Ad esempio, il libro della terra si concentra sulla costruzione delle competenze, quello dell’acqua sulla capacità di adattarsi e di vedere le cose da punti di vista diversi, quello del fuoco insegna ad affrontare i cambiamenti improvvisi e repentini, a cui bisogna saper reagire nel più rapido tempo possibile; c’è poi il quarto libro, incentrato sull’aria, che a mio parere è tra i più interessanti, perché sottolinea l’importanza per un buon sapiente di confrontarsi con altri punti di vista, evitando di chiudersi in sé stesso e quindi di irrigidirsi, diventando fragile. L’ultimo è il libro del vuoto – non a caso costituito solo da mezza pagina – e tratta del fatto che, mentre tutti vedono il vuoto come tale, in contrapposizione al pieno, nella visione di Musashi esso in realtà è pieno. Tuttavia è possibile percepirne l’essenza solo praticando quegli esercizi che portano a uno stato di trans: in questa condizione si intuisce qualcosa di impalpabile che fa parte dell’esistenza; se non lo si sente vuol dire che non si è ancora giunti all’essenza e all’elevazione. Attenzione, non si tratta dell’elevazione in senso buddista, perché Musashi parla di cose terrene. La fisica quantistica successivamente ha dimostrato proprio le stesse cose; sir Arthur Stanley Eddington, ad esempio, ha scritto che per un essere umano comune un tavolo è pieno, mentre per la fisica quantistica l’ottanta per cento è vuoto. Imparare a gestire il vuoto come una parte essenziale della nostra esistenza e saper stare nel vuoto tanto quanto nel pieno è esattamente la via indicata da Musashi”.

Cavalcare la propria tigre
 

Più volte, nel corso di questa intervista, ha fatto riferimento al suo bestseller Cavalcare la propria tigre, ascoltabile anche su Audible. Come è stata l’esperienza di leggere ad alta voce un suo libro e registrarlo in studio?

Cavalcare la propria tigre fu la mia prima lettura registrata, molti anni fa ormai, quando ancora si era agli esordi degli audiolibri. In esso racchiudo l’arte dello stratagemma, ovvero il saper trovare una soluzione quando la logica non funziona; ogni stratagemma viene spiegato come una tecnica marziale, di comunicazione e di problem solving, pertanto è un volume che si rivolge a specialisti di varie discipline, interessati a risolvere i problemi in maniera non ordinaria. Ricordo quell’esperienza di lettura come un qualcosa di molto divertente e anche particolare. Salani mi ha aveva infatti informato di voler realizzare l’audiolibro di quel titolo e mi proposero alcuni famosi lettori, tra cui Monica Guerritore. Sorprendendoli tutti, io chiesi di leggerlo in prima persona e accettarono subito, tuttavia lo staff dello studio di produzione non era affatto convinto: erano certi che non fossi all’altezza del compito non avendo mai fatto teatro e che avrei commesso tanti errori, allungando enormemente i tempi. Così, nella scontentezza generale, mi lasciarono entrare in questo grande studio di registrazione, avvisandomi che dopo un’ora era prevista una pausa; io utilizzai un piccolo trucco, ovvero feci una leggera autoinduzione ipnotica, e cominciai a leggere immedesimandomi il più possibile nel testo. Ero arrivato a pagina 42 quando mi sentii chiamare perché si erano stancati prima di me e avevano bisogno di un break; insomma, per farla breve alle cinque di pomeriggio avevamo registrato l’intero volume, con solo un paio di passaggi da rifare e lo staff sempre più convinto che in realtà io fossi un attore professionista e stessi celando il mio segreto. Oltre al divertimento personale, di quell’esperienza mi rimane anche un record, in quanto fui il lettore che terminò il compito nel più breve tempo possibile, anche grazie alle centinaia di conferenze che già allora avevo tenuto in tutto il mondo. Da allora sono comparsi altri miei titoli su Audible e, sebbene personalmente io prediliga il libro cartaceo, sono felice che alcune mie opere si possano ascoltare, oltre che leggere”.  

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