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Culture
Intervista a Marco Pasquinucci: "Il teatro contemporaneo in riva al mare"

A tre anni di distanza Affari Italiani incontra nuovamente Marco Pasquinucci attore e direttore artistico, ideatore di Officine  Pomarance che, con una geniale intuizione ha creato un “teatro territoriale” come strumento di coinvolgimento della collettività, come piazza in cui ritrovarsi e vivere momenti insieme. Dopo il successo del Festival delle Colline Geotermiche Pasquinucci con,  Nuove Terre, porta, da luglio a fine agosto, il teatro contemporaneo italiano in riva al mare per toccare le spiagge più belle e colorate del Levante ligure e i suoi splendidi borghi. Fra le baie e le piazzette di Framura, poi Bonassola, Moneglia, il lungomare di Deiva Marina, a La Spezia e, quest’anno per la prima volta, Riva Trigoso e Sestri Levante.

Dalle colline toscane alle spiagge colorate del Levante Ligure per due festival teatrali particolarissimi (Il festival delle colline Geotermiche e “Nuove Terre – Le Arti della scena”). Perché la scelta di questi due territori?

Ci piaceva pensare ad un’iniziativa da proporre d'estate all'aperto in toscana con l'inizio del nostro progetto di residenza teatrale (ancora non finanziato dalla Regione Toscana), e abbiamo pensato alla rocca sillana, luogo meraviglioso a 5oo metri d'altezza in equilibrio sulla collina toscana, così è iniziata l'avventura, per scommessa/tentativo e volontà, di Fra Terra e Cielo: festival delle colline geotermiche ora solo Festival delle Colline Geotermiche. La prima edizione contava solo 3 appuntamenti, poi il progetto si è sviluppato nel tempo coinvolgendo più territori e comuni (di pari passo con la nostra residenza teatrale) fino ad arrivare allo spessore di quest'ultima edizione. Per questo abbiamo rinunciato alla dicitura Fra terra e Cielo: volevamo sottolineare la nostra appartenenza a un territorio così particolare. Sull’onda di questo successo, abbiamo deciso di proporre un progetto simile anche in Liguria, forti del fatto che Officine Papage è una compagnia attiva anche nell’area genovese. L’idea di fondo è stata quella di portare il teatro contemporaneo italiano fuori dai soliti circuiti specializzati, in luoghi di grande bellezza, tra la natura e i borghi delle colline toscane (compresa le location di eccezione come il parco geotermico delle biancane e la torre refrigerante di Larderello) o a picco sul mare come in Liguria, nei bellissimi centri storici dei borghi marinari.

Mi ha già parlato del festival delle colline Geotermiche qualche anno fa. Può raccontare la genesi del progetto de “Le nuove terre”?

Nuove terre nasce formalmente dalla richiesta del comune di Monterosso di un attività estiva. Grazie all'appoggio della Compagnia di San Paolo è iniziata la prima edizione. Per due anni la rassegna si è svolta solo a Monterosso, ma il grande successo dell’iniziativa ci ha portato ad allargare il raggio d’azione su più comuni e territori (un po' come in toscana), sino ad arrivare alla configurazione di adesso con 5 comuni coinvolti praticamente tutto il levante ligure (escludendo le 5 terre): Framura, Deiva Marina, Bonassola, Moneglia (La Spezia) e Sestri Levante (Genova).

E' diventato un festival “diffuso” che vuole nel tempo portare la drammaturgia contemporanea e nuovi codici (circo contemporaneo e anche danza teatro fisico) alla fruizione di un pubblico estivo e che nella maggior parte dei casi non avrebbe né la curiosità né la possibilità di incontrare eventi del genere. Nuove Terre nasce per andare incontro alla gente e agli artisti. Numerose sono le iniziative per interessare/legare il pubblico agli artisti e al progetto, come la notte con l'artista (brindisi dopo-teatro con i protagonisti della scena) o il Raccontafestival, con un gruppo di ragazzi che vanno direttamente dalla gente (in spiaggia e nei luoghi d’incontro) a raccontare le serate in programma con piccole performance.  Lo sviluppo in più territori di nuove terre è stato progressivo nel tempo, grazie alla fiducia delle amministrazioni, la loro voglia di creare un'iniziativa collettiva trasversale (anche tra amministrazioni di visione politica differente) e soprattutto il successo e l'attenzione sempre maggiore del pubblico che ha convinto tutti “sul campo”.

Quali sono le novità di questa settima edizione?

Quest’anno ci sono stati alcuni approfondimenti e aggiustamenti che abbiamo capito in corso d'opera rispetto alle edizioni precedenti. Oltre alla cura particolare nella scelta dei nomi prettamente teatrali in cartellone, abbiamo ampliato l'attenzione al circo contemporaneo e alla danza/teatro fisico dedicando un focus di una giornata con più proposte unite da una nostra attività di engagement del pubblico per calare l'intervento in modo più efficace sui territori. L'ingresso del comune di Sestri Levante è stata senza dubbio una novità bellissima che amplia il territorio e l'importanza del festival che ora copre ben due province liguri (La Spezia e Genova)

Come scegli gli spettacoli della rassegna?

Qualità della proposta e ascolto/conoscenza dei territori e dei pubblici. L'ottica è sempre stata quella di una pensiero di programmazione pluriennale a lunga scadenza, anche quando la certezza economica dei festival non c'era ancora e anche adesso si mette in ballo tutto ogni anno. La programmazione è molto attenta alle esigenze dei territori e alle loro peculiarità e differenze, considerando anche il livello di “maturazione” a cui sono arrivate, sempre con una grande attenzione alla qualità delle proposte artistiche.

Abbiamo deciso di non pensare, come altri festival, al debutto in esclusiva a tutti i costi, ma di lavorare molto sul repertorio, proprio perché ci aiuta in questo percorso che potremmo definire di “educazione” (senza mai salire in cattedra, naturalmente) ai linguaggi teatrali. Cosi nel tempo è stato possibile fare proposte anche “ardite” e di rischio, sempre condivise con grande coraggio condivise dalle amministrazioni, che sanno darci il polso dei territori.

Da oltre dieci anni è direttore artistico di Officine Papage con la quale ha creato aggregazione sociale ed esperienziale. Qual è il bilancio di questo modo di fare teatro?

E' una modalità che abbiamo sperimentato e nella quale ci siamo riconosciuti pian piano proprio nel fare, nella concretezza. Io mi sono formato allo Stabile di Genova, ora Nazionale, e poi ho contribuito alla costruzione della compagnia genovese Teatro Cargo che ora non esiste più. Da questo percorso è nata l'esigenza, insieme a un gruppo di colleghi solidali, di fissare un nuovo inizio in cui provare a ricostruire un contatto tra teatro e pubblico (quello vero, non gli operatori o quelli che nel il teatro vogliono farlo attivamente). L'esperienza toscana della residenza è nata cosi, dopo anni di lavoro nel sistema teatrale e dopo aver imparato molte cose sui territori. Questo ci ha portato a concepire quasi un “teatro a gestione familiare”, dove i primi a metterci la faccia siamo noi. Il teatro come strumento della collettività, come piazza in cui ritrovarsi e vivere momenti insieme. La virtù della pazienza è stata importantissima. Costanza e determinazione ci hanno permesso di ottenere grandi risultati in termini di apprezzamento del pubblico, di presenza e di sviluppo di progettualità nuove.

La programmazione si fonda sulla volontà di ricostruire un legame teatrale con tutti i referenti, non dando mai per scontato che il teatro ci debba essere per forza, ma trovando ogni volta strategie nuove per incuriosire, convincere le persone a venire a vedere, per poi ritornare se la cosa funzionava. La prima rassegna che abbiamo organizzata era completamente gratuita: chiedevamo di portare da bere o del cibo (in barba alle disposizioni HCCP) per poi vivere la platea come luogo di chiacchiere e aggregazione sullo spettacolo e sull'artista ma non necessariamente.

La chiave laboratoriale scelta per appassionare il pubblico è stata una delle strategie vincenti. E poi, il coinvolgimento del territorio nella produzione artistica, la competenza acquisita nella proposta di spettacoli che sono piaciuti, la possibilità di lavorare in collaborazione e mediazione con grandi strutture distributive (vedi Fondazione Toscana Spettacolo con cui condividiamo parte della stagione invernale), il rapporto attivo con il tessuto associativo locale, lo sviluppo territoriale, la capacità di attrarre anche economie da fuori del territorio (Fondazioni e Regione). Tutte caratteristiche importanti del nostro progetto: risultati per noi prestigiosi, ottenuti in anni di lavoro.

A testimonianza che il lavoro di residenza è importantissimo per il senso del teatro stesso, unito a tutti gli altri attori del sistema teatrale. Purtroppo questo lavoro è spesso sottostimato e dato per scontato o comunque valutato in modo insufficiente da un punto di vista economico.

Lei è anche attore. Può parlarmi del suo ruolo in “Imitation of Love”?

Imitation of Love è stato ed è un altro tassello importante del Progetto Papage. Dopo anni di lavoro speso sulla residenza e sul coinvolgimento del pubblico, abdicando per scelta all'espressione artistica diretta della compagnia, con Imitation abbiamo finalmente riaperto anche l’aspetto creativo del progetto Papage. Imitation nasce dalla volontà di proporre nuovamente, insieme a Cuocolo e Bosetti, un nostro prodotto artistico. Il mio ruolo in particolare ha molto a che fare molto con me stesso e con la poetica di Renato e Roberta. Sebbene non ci sia nulla del mio vissuto in ciò che racconto al pubblico, l'assonanza e la condivisione con quel che abbiamo scritto insieme è totale e fa sì che la mia vita si sposi quasi con quella del mio personaggio, non per accadimenti ma per sentire. È un modo di stare in scena che prevede una faticosa, ma molto soddisfacente, costruzione della realtà di scena. 

Ha un attore icona al quale si ispira?

Non so bene se sia ispirazione, ma le posso rispondere che ho sempre amato e ammirato la grande capacità, il grande talento e la compostezza geniale di Roberto Herlitzca.

Il teatro di formazione per i giovani è stata la sua prima passione. Quanto il teatro può salvarci dal declino culturale della nostra società?

Non è del tutto esatto, la mia prima passione è stata la folgorazione per la professione attoriale. E' proprio stata una folgorazione. Al Teatro educazione sono arrivato ben dopo (e non definisco cosa intendo per teatro educazione perché farei notte). Ma è stata un'ulteriore folgorazione e innamoramento. Ho cominciato nella mia prima esperienza di teatro di residenza con Teatro Cargo. Non si tratta di una fabbrica futura di piccoli o grandi attori, anzi, il teatro alla fine (come lo intendiamo in modo immediato) non c'entra molto: si tratta di percorsi in cui si lavora insieme, in cui si sperimenta cosa raccontare e come raccontarlo, e se si ha davvero qualcosa da raccontare, in cui si imparano, per esercizio e non per terapia (a quella deve pensare lo psicologo), un sacco di cose di sé e degli altri, se si ha voglia di ascoltare. Sono momenti in cui si crea spesso qualcosa di artisticamente bello e dimensionato rispetto a quello che si è, qualcosa di onesto. IL teatro è il grande contenitore in cui tutto questo avviene. In un dare-avere reciproco e continuo tra ragazzi o partecipanti: formatori, insegnanti, operatori…

A volte insegna l'entusiasmo e il divertimento vero, quello che rende fieri di se, quello che sorprende gli altri e sé stessi.

L’esperienza che più l’ha entusiasmata in questi anni di “residenza artistica” fra la gente?

Sicuramente il laboratorio Cittadini in scena, un laboratorio di teatro e cittadinanza che è stato il cardine della nostra prima esperienza di residenza a Pomarance. Al centro, il cuore, la dedizione, la disponibilità, la fiducia delle persone, dal pensionato allo studente all'impiegato del comune e chi più ne ha più ne metta: grande soddisfazione e grandi risultati, come 'essere presenti nella programmazione di molte edizioni di Volterra Teatro e tanti altri appuntamenti in giro per l'Italia. Momenti importanti di confronto e condivisione.

Il nostro pubblico è diventato consapevole che c'è tanto bel teatro in Italia (e che spesso non è nelle grandi strutture), dimostra la capacità di capire e avere un'opinione, lo sviluppo di un gusto. Anche queste sono cose che ci e mi entusiasmano.                                    

Qual è il suo nuovo progetto artistico?

Se parliamo di nuove produzione, in effetti c’è un autore che ci gira in testa… un Cechov che potrebbe essere frutto di una nuova collaborazione artistica. Ma per ora mi fermo qui.

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