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Culture
LAMPI DI VERITÀ, di Donato Di Poce

di Alessandra Peluso

 

La poesia di Donato Di Poce è l’esempio nobile di come attraverso oppure col verso si possa fare filosofia e capire se stesso e comunicare ciò che altrimenti resterebbe nelle pieghe della vita. Sono pochi disposti a s-piegare, o meglio a togliere le pieghe, a rendere chiaro come il poeta o il filosofo, in tal caso, come cerca di fare Donato Di Poce.

Per fortuna o meno, Di Poce affronta di petto la verità, i “lampi” sono un pretesto per illuminarla e renderla visibile agli altri. Lui sa che “essere veramente nessuno è difficile  / Ci vuole talento, applicazione / Passione senza limiti e senza confini / … / Mentre il rumore della vita / Ti sfiora e ti passa accanto / Lasciandoti solo un sussurro / Un respiro di te assente … (p. 34).

Donato Di Poce pubblica la silloge “Lampi di verità” nella collana “zeta”, a cura di Nicola Vacca, per i Quaderni del Bardo Edizioni. Le parole del poeta sono come chiodi conficcati, come cuori spezzati o croci che si portano dopo “aver attraversato l’inferno / Del sacro e del profano”, cercando il proprio Dio o continuando “a vivere tra le piaghe della realtà”, e “camminare nella neve insanguinata”. La poesia non è una bella costruzione letteraria, afferma Franco Loi, ma è l’espressione di tutto te stesso o di più, o è il momento di contatto col mistero o con Dio, per l’appunto; e il poeta - scrive Alessandro Vergari - nella Prefazione di “Lampi di verità” è colui che apre le vene e lascia colare a terra un inchiostro più denso del suo stesso sangue, è un soldato armato di parole. Non collidono ma si conciliano, forse inconsapevolmente, immagini e parole che rappresentano la profondità del poeta, del filosofo, dell’uomo.

Ed è proprio in tali profondità che emerge la filosofia delle immagini di Gaston Bachelard, “la Notte dei lampi”, ghirlandata dal silenzio di parole e di immagini e dalla poetica dello spazio; si scopre poi, la bellezza e la luce con “Lampi di Bellezza” dell’umanità e la carneficina dell’umano. È intensa la raccolta poetica di Donato Di Poce. Illumina come a voler raggiungere quell’Idea, la Verità, immaginando le emanazioni plotiniane. Le parole illuminano come sole nero, nell’oceano, “che anche i ciechi vedono abbagliante”.

Si tratta di poesia militante, intimistica, di…, ma, risulta vano definire, limitare la poesia: non ha confini, è libera, e il poeta ha la forza espressiva di stupire proprio come accade nel vedere un lampo improvviso; alle volte si resta folgorati come sulle vie di Damasco. Non è dato sapere se qualcuno si convertirà, né ci interessa. Tuttavia, se non lo è già, di sicuro, il lettore diventerà un amante della poesia, e dunque, della vita. È il privilegio del poeta, il merito di Donato Di Poce: «Nella vita come nella poesia / Bisogna essere profondi, intensi e leggeri / Bisogna imparare a volare / E a tacere per essere ascoltati / E a volte bisogna diventare invisibili / Per essere più presenti / …/ Bisogna essere visionari e fantastici / Ma soprattutto restare veri / Essere e voler restare umani» (p. 49).

Eppur tuttavia, in “Lampi di verità” oltre a cogliere la poliedricità dell’artista, l’umanità dal suo dedicare a poeti, ad amici, i suoi versi, si intuisce una ricerca spasmodica dell’anima, di una spiritualità necessaria, indispensabile a Di Poce probabilmente, ma non solo, vi è l’urgenza di capirsi, di conoscersi e di comprendere che non c’è tempo da perdere, occorre costruire ponti, “scavare silenzi / tra un mondo orrendo / e i nostri argini di solitudine / Perché la vita è una trincea / da vivere senza elmetti / senza paracadute o maschere  / Si vive per donare  / Quel poco d’amore che ci rimane”. (p. 87). 

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