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Culture
Christelle Delarue e il #metoo francese: "Libertà, uguaglianza, sorellanza"

di Paola Serristori

 

“Sono nata quando la parità tra uomini e donne era una promessa. Oggi è possibile che diventi realtà.”

– Che cosa è cambiato?

“Internet ha liberato la parola.”

Christelle Delarue ha appena siglato un contratto con l’UNESCO per organizzare la comunicazione sui diritti delle donne. Un incarico prestigioso, un motivo di più per esser invisa ai colleghi maschilisti che dominano il settore delle agenzie di pubblicità e comunicazione. Ma anche a quelle donne che per fare carriera hanno venduto un ideale in cambio di compromessi convenienti. Perché Christelle non è una femminista che si è aggiunta nell’ultima ora alle campagne spontanee MeToo e Balance ton porc (il movimento francese di denuncia delle molestie sessuali). La sua visione dell’uguaglianza tra uomini e donne, e poi l’impegno per il rispetto dei diritti, parte da lontano

Affari ha incontrato Christelle Delarue, 37 anni, fondatrice dell’agenzia di comunicazione Mad& Women, per capire come si diventa imprenditrice di successo restando se stessa. La sua esperienza, difficoltà comprese, possono essere di esempio. Da sei anni è a capo di un’impresa che fa tendenza.

– Si parla dell’importanza di buoni studi: sono fondamentali per riuscire?

“Nel mio caso non sono stati determinanti quanto l’educazione che ho ricevuto. I miei genitori volevano che i figli crescessero con la libertà di discutere. Quando mi si diceva No domandavo Perché? Questo ha stimolato la curiosità verso gli altri. Ho sempre amato la scuola, l’arte, la scrittura, la poesia. Ero molto creativa. Le grandi scuole sono repliche di famiglie borghesi, in cui tutti si conoscono perché il padre è andato a scuola lì, era il figlio del figlio eccetera, una sorte di lobby. Io non avevo questa eredità, i miei appartenevano a famiglie piuttosto popolari. Per il fatto che ho sempre studiato con impegno avevo la preparazione per accedere a scuole diciamo elitarie. Ero pronta per affrontarle. Ho notato che alcuni coetanei avevano più difficoltà. Esistevano dei codici, sia l’abbigliamento, sia le conoscenze in comune. Io non provenivo da quell’ambiente, ma la mia personalità era considerata interessante e le ragazze borghesi m’invitavano tra loro. Ero curiosa e frequentandole ho estratto delle chiavi di comprensione. La nostra famiglia ha sempre dato importanza più all’essere che all’apparire, che è stato il nocciolo della costruzione della personalità verso la realizzazione.”

– Com’è cominciato il suo impegno sociale?

“Posso dire a sei anni. Ero determinata a capire perché c’erano tante ingiustizie, tutti i tipi di ingiustizie. Già il sessismo, poiché ripeto che per la positiva educazione ricevuta noi figli – eravamo cinque, io la primogenita – avevamo la possibilità di esprimerci anche con scelte anticonformiste. Una femmina, ad esempio, faceva del rally se voleva. Quando mi accorgevo di qualche ingiustizia a scuola, mi alzavo, dicevo che non ero d’accordo e che volevo capire il perché.”

– La famiglia l’ha aiutata?

“È stata un punto di riferimento. I miei genitori si sono separati quando avevo nove anni e sono cresciuta in una famiglia ricomposta. Sono nata in provincia, a Colombes, abbiamo affrontato parecchi traslochi, sia nella banlieue chic di Saint-Germian-en-Laye, sia in comuni dove c’erano più problemi. Per i miei fratelli ero un po’ il capo della tribù. La mia indole mi avvicinava tanti amici, di origini, culture, religioni diverse. Le ragazze che avevano alle spalle grandi famiglie si accorgevano che in me trovavano un’amica con la quale potevano confidarsi. Ho conosciuto la violenza nascosta tra la borghesia, donne che subivano i maltrattamenti del marito. Ho scelto i miei studi, li ho pagati, come ho pagato la scuola guida, mi sono emancipata economicamente per mantenermi a Parigi, che è una città cara, facendo molti lavori per pagare il canone d’affitto.”

– Com’è arrivata alla pubblicità?

“Ho sostenuto dei colloqui di lavoro.”

– Nessun uomo ha proposto di agevolarle la carriera?

“È successo, ma basta rispondere: io sono qui per un’offerta di lavoro! Quando si è molto giovani è difficile rendersi conto del sessismo. Ho visto delle colleghe ridere a battute volgari. In questo modo si partecipa al sessismo, lo si rinforza. Se una donna dice ‘Non vengo in riunione perché non conosco questo tema…’ ed il superiore risponde ‘Tu vieni lo stesso perché al cliente piace vedere una donna in riunione’, ogni volta che non c’è consenso, c’è sessismo. Nel momento in cui lei dice No e la si emargina, c’è un problema. Nelle agenzie di pubblicità si organizzano a tarda sera delle feste, in cui gli uomini tentano sedurre e di portarsi a letto le donne che lavorano lì. In quegli anni mia madre si ammalò, ha rischiato di morire. Alla fine della giornata di lavoro io rientravo a casa da lei per curarla. Anche questa è stata una lezione di vita. Esser in contatto con la malattia, vedere la forza di una donna che combatte, mi ha aiutato a diventare realista. Era quel tipo di donna l’eroina del mio quotidiano. I piccoli problemi borghesi di riuscita, di successo… mi sembravano davvero poco importanti per la società. Io ricevevo delle battute perché alle 20, chiuso il computer, non mi fermavo in agenzia. Le donne lasciano che i colleghi maschi le attirino sui divani, mettano la mano sulla coscia ed oltre… Non tutte sono d’accordo, ma tacciono. È l’inizio del non rispetto della persona. Alla stanchezza di essere donna con convinzioni non seguite si aggiungeva la stanchezza del sessismo. Ad un certo punto, nonostante avessi un buono stipendio, ho deciso di licenziarmi ed aprire la mia agenzia. È stato un momento delicato e ringrazio mio padre per non avermi fatto mancare il suo appoggio, anche se era contrario alla mia scelta.”

– Oggi che ce l’ha fatta che cosa direbbe alle colleghe che sono rimaste su quei divani?

“Che meritano di più! Per se stesse, per i loro figli, e per le altre donne che lavorano. Bisogna lottare per affermare il rispetto. Dobbiamo sconfiggere il sessismo ordinario. Il maschio ha istituito questi codici come se fosse la normalità, ma non si può dire che sia normale considerare la donna disponibile ad esser un oggetto di compagnia. Il giorno in cui le donne saranno alleate avremo vinto la battaglia per sconfiggere le personalità tossiche. Si pensi che le donne sono la maggioranza, ma una minoranza nei diritti. Gli uomini sono molto più solidali. Impariamo a dire Libertà Uguaglianza Sorellanza.”

– Ha incontrato subito il successo?

“Io amo questo lavoro poiché, se fatto bene, ha un ruolo sociale. Il primo incarico è stata la campagna pubblicitaria per un biscotto. Anziché basarci sull’aspetto vendita, abbiamo lavorato sul concetto di condivisione di un momento, consigliando all’azienda di adottare un imballaggio che potesse diventare un gioco per bambino e mamma. Ed è stato un successo.”

– Lei è una pubblicitaria affermata e ha adottato un codice di rispetto dell’immagine della donna.

“Credo che l’epoca sia matura. La parola diffusa sul web è molto forte. Siamo di fronte ad una frattura generazionale. La parità è possibile. Io mi sono esposta, prendendo pubbliche posizioni contro un sistema iniquo e sostenendo il movimento MeToo nel mondo della pubblicità. Quando ci si dichiara femminista si viene molestata. Ho ricevuto anche minacce di morte. Voi in Italia avete la mafia, nella società francese l’omertà è ovunque, in tutte le fasce sociali. Uomini e donne che hanno partecipato ai silenzi ed oggi sono in posizioni di rilievo non possono più parlare. Allorché si decide di mostrare gli scheletri, dire che quello che succede non è normale, che bisogna cambiare le cose, una moltitudine non ha alcuna voglia che l’andazzo cambi. Né accetta che sia una giovane donna a dirlo. Nella pubblicità lottare contro il sessismo è lottare contro le molesti sessuali. E le molestie sessuali sono tabù. Non si vuole vedere la realtà. Vogliono fare credere che il sessismo è una battuta. Tanto più si scherza con battute sessiste, tanto più s’installa del sessismo nella quotidianità. Nel momento in cui passa questo messaggio di sessismo ordinario, il sessismo uccide, imprigiona le donne, valorizza gli uomini misogini, e scatena un continuum di violenza. Le donne che lavorano nel campo pubblicitario non possono parlare, sanno che rischiano di perdere dall’oggi al domani il lavoro o subire le molestie. C’è un parallelo tra il sessismo nelle immagini ed il sessismo nell’industria di paillettes in cui gli uomini sono iper-forti e le donne giocano con quel tipo di uomini. La donna dolce, bella, che accompagna un uomo. Questa immagine femminile va decostruita. Quando tutti si sono già organizzati per tacere, una come me che si alza e parla dà fastidio. Non si fa chi sono gli alleati, chi i nemici. Ci si sente parecchio sole.”

Consiglierebbe di imitare il suo percorso professionale?

“Per quanto riguarda la scelta imprenditoriale, è una decisione personale che va presa considerando responsabilità e costi. Non c’è stato un giorno in cui io non mi sia preoccupata di come pagare i dipendenti. E mi sono assegnata uno stipendio solo due anni fa. Avere delle idee è bene, bisogna sapere quanto costa l’indipendenza. In Francia solo il 32 per cento degli imprenditori sono donne e hanno concentrato l’attività nei campi della salute, della bellezza, della cosmetica.”

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