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Culture
Lo Zen e l’arte di aprire una porta aperta, di Bruno Ballardini

Bruno Ballardini ha da sé acquistato coscienza sull’opportunità che lo zen abbia di giovare alla personalità dell’individuo e, sulla scorta di una personale esperienza filosofica giustappunto, e generale analisi della società, ha scritto “Lo Zen e l’arte di aprire una porta aperta”, pubblicato da Piemme.

Dal libro riaffiora l’opportunità di vedere una porta, saperla riconoscere come simbolo nella propria esistenza e attraversarla in un dato momento della propria vita; la simbologia ha interessato l’umano vivere per millenni, a differenza di oggi, dove appare tutto scontato, superfluo, ovvio.

A tal proposito, una modalità di lettura è praticare l’arte dello zen, della meditazione, un’altra potrebbe essere quella di leggere il testo e poi riporlo nella libreria, un’altra ancora, cambiare il proprio sguardo nei confronti del mondo. Quest’ultima soluzione è auspicabile per Ballardini.

Si tratta di una lettura scorrevole, semplice, priva di orpelli o dogmatismi eventuali; il libro in questione, sembra rappresenti delle linee guida, o degli esercizi su come migliorare la vita di ciascuna persona. E infatti, “avere gli occhi e non saper guardare. Sembra un paradosso, ma è la nostra condizione. Eppure ci sono almeno due modi di guardare il mondo per arrivare alla Retta Visione. Il primo è far finta che la realtà che ci circonda sia virtuale. […]. Un altro modo è vedere ogni cosa in modo simbolico” (p. 17).  

Inoltre, Bruno Ballardini non ha potuto, né per onestà intellettuale doveva, non prendere in esame la scuola pubblica, secondo il quale la scuola dopo anni di sfacelo ha comportato un livello di abbassamento dell’istruzione e la gran massa di oggi non è più in grado di riconoscere una metafora o di leggerla. Una perdita certamente, se si pensa al valore e al significato che essa possa assumere nella contemporaneità: “la metafora fu sicuramente il dono più grande che il linguaggio potesse offrire al pensiero e quindi alla filosofia, e prima ancora alla poesia”.  Così si esprimeva Hannah Arendt, e ancora, Valerio Magrelli sottolinea la meravigliosa grandezza di individuare o contemplare una figura retorica: “riconoscere una figura retorica o una costellazione dà la stessa emozione che ci coglie quando vediamo emergere di colpo, fra la folla, un volto familiare”.     

Tale sensibilità si instilla in ogni pagina del libro “Lo Zen e l’arte di aprire una porta aperta”. Eppur tuttavia, è anche tanto altro.

Bruno Ballardini insegna o forse meglio, prova ad educare il pensiero e dunque, consiglia a chiunque si accosti a tale saggio, di coltivare la compassione, di non imitare la visione degli altri, di abbandonare il narcisismo, di andare oltre, ecc. Fornisce delle ottime possibilità all’individuo di migliorarsi, di comprendersi e comprendere l’altro, di capire la realtà attraverso la parola, il suo valore intrinseco, il dialogo, lungo un sentiero dello zen che ci renderà capaci di riconoscere la nostra porta e di attraversarla. È il passaggio segreto, quel segreto simmeliano, e lo stesso saprà guidarci all’interno del proprio sé.          

 

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