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Mercati: "L'impresa deve essere un sistema vivente"

Il giovane amministratore delegato di Aboca, società di San Sepolcro, che fa della natura al servizio della medicina il suo business e che ha chiuso il 2018 con risultati da record, con un fatturato consolidato di 215 milioni di euro +11,7% rispetto al 2017 e con una previsione di crescita sostanziosa anche nel 2019, spiega ad Affari cosa significa per lui essere un impresa al servizio delle comunità e non solo al servizio del profitto e dei soci.

“ Essere leader come dice Paolo Di Cesare di Nativa, non significa soltanto ottenere profitti elevati, ma anche e sopratutto riuscire ad avere un impatto sociale positivo. Il modello del capitalismo, come è inteso da Friedman si è ormai esaurito, non è più sostenibile. Impresa non è una entità a se stante ma è come un sistema vivente strutturalmente accoppiata con l'ambiente e la società.”

Proprio per questo Aboca è stata una delle prime aziende a diventare società benefit e sta diventando bcorp?

“Sicuramente. Dopo l’approvazione della Legge del deputato Dal Barba, noi abbiamo subito cominciato l’iter procedurale per diventare società benefit. Anche perché noi siamo sempre stati un azienda differente, che guardava anche a tutte quelle pratiche che possono avere un impatto sociale ed ambientale positivi e non solo un azienda che mira al profitto. In questo modo abbiamo solo messo a statuto qualcosa che era già nel nostro dna.”

Ma cosa vuol dire esattamente essere una azienda benefit?

“Essere un azienda benefit sostanzialmente vuol dire mettere in pratica tutta una serie di iniziative che possano avere un impatto sociale ambientale e di conseguenza anche economico positivo sul mondo dell’impresa e sull’ambiente circostante. Molte aziende ancora oggi scaricano le loro esternalità sull’ambiente. Penso per esempio all’agricoltura tradizionale o al mondo del trasporto aereo. Secondo me il prezzo del prodotto dovrebbe invece contenere al suo interno anche queste esternalità. Le compagnie aeree low cost sono proliferate, per esempio, anche grazie a questa carenza. La stessa si può dire dell’agricoltura tradizionale, che può offrire prezzi più bassi, proprio perché le esternalità che produce, ad esempio l'inquinamento delle falde dovuto all'utilizzo di sostanze chimiche non biodegradabili, costituiscono costi sociali ed ambientali, che non si riflettono nel prezzo del prodotto finale. Ma questo chiaramente non è giusto dal punto di vista della concorrenza.”

Su questo punto in effetti anche il documento uscito dalla Buisness Roundtable, che riunisce i più importanti 500 ceo dell’economia americana, in cui si afferma che l’impresa non deve mettere più al centro solo il profitto, ma leggo testualmente “Le imprese, invece, devono anche investire nei loro dipendenti, proteggere l’ambiente, comportarsi correttamente ed eticamente con i fornitori, creare valore di lungo termine per gli azionisti”, insomma un po' quello che dovrebbe fare una impresa benefit.

“ Certo il concetto è quello che esprime molto bene in un libro che la invito a leggere, Stefano Zamagni “Economia civile”, che seguendo i concetti di Genovesi, attualizza l’idea che il mondo economico si debba nutrire anche di relazioni, motivazioni, fiducia, e che l’attività economica abbia bisogno di virtù civili, di tendere al bene comune più che alla ricerca di soddisfazioni individuali. L’economia capitalistica come abbiamo imparato a conoscerla è ormai in crisi. E il fatto che anche la comunità del business comincia a riconoscerlo è sicuramente positivo. Se infatti anche colossi come Danone stanno iniziando l’iter per diventare società benefit, vuol dire che siamo sulla strada giusta”

Qualcuno però potrebbe obiettare che tutto questo sarebbe una bella operazione di marketing delle aziende, che in questo modo si possono auto regolamentare, sfuggendo al controllo delle autorità preposte. Cosa ne pensa, solo dietrologia,o esiste questo pericolo

“Questo effettivamente è un pericolo reale. Proprio per questo appena mi parlarono della possibilità di diventare società benefit ebbi dei dubbi. Ma a questo problema si dovrebbe fare fronte con una serie di controlli da parte dell’ente garante. Perchè essere società benefit deve essere un modus operandi, che attraversa tutti i processi produttivi ed organizzativi dell’azienda, come avviene da noi, ma sicuramente occorre anche una serie di controlli che possano scoraggiare comportamenti non consoni. Anche perché a mio avviso la stortura non è che ci siano le società benefit, ma quella che esistano società che ancora non lo sono.”

Anche perché come si vede dai vostri conti alla fine essere società benefit sembra sia conveniente anche dal punto di vista dei conti economici dell’azienda.

“Certo,  le faccio un semplice esempio della nostra azienda per spiegarle come può essere anche redditizio avere un comportamento piu' sostenibile. Noi abbiamo un enorme spreco di acqua per il lavaggio. Con un piccolo investimento siamo riusciti a riutilizzare gran parte di questa acqua e ad avere un impatto altamente positivo sui nostri conti. Ma penso anche a tutta quelle serie di iniziative, come la prossima mostra di Leonardo che organizziamo a Firenze, che non promuovono direttamente l’azienda ma i valori che ne sono alla base: e ciò ci consente di creare una relazione di fiducia che è l'unica alla base di una crescita non solo nel breve periodo." 

Ma quindi  le società benefit, che fanno del bene comune il loro credo, dovrebbero essere agevolate dal legislatore, per promuovere la loro diffusione, invece al di là di qualche proposta  sporadica, non sia stato fatto ancora molto di concreto in questo senso. Lei cosa ne pensa..?

“Questo è sicuramente un punto importante della questione, perché attualmente si fa molta confusione per esempio sulla deducibilità dei costi. Se io per esempio creo un asilo nido aziendale, attualmente questo è un costo che non posso dedurre. Ecco allora che si potrebbe per esempio lavorare sulla deducibilità di alcuni costi aziendali che hanno un impatto positivo sulla collettività. Io credo che bisogna mettere al centro dell’agenda il concetto della sussidiarietà circolare, che consiste nella possibilità di dar corso a una inedita collaborazione per realizzare quanto nè lo Stato da solo, nè i cittadini da soli possono fare" 

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