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Novità editoriali
Ceramica, sbagliato considerarla arte minore. Il caso della Collezione Tondolo

Di Gaetano di Thiène SCATIGNA MINGHETTI

 

È ormai, da immemorabile tempo, un consolidato luogo comune – quasi una considerazione banale – quello di ritenere i manufatti di ceramica come facenti parte di un’arte minore, espressione, frutto sì delle abili mani di espertissimi artigiani ma, da sempre, un signum artistico non proprio in grado di competere con i capolavori di un Michelangelo, di un Canova, di un Manzù; oppure, ancora, di un Nicola Pisano, di un Leonardo, dello stesso Michelangelo. Ma, questa presa di posizione, forse di matrice ideologica, risulta puntualmente smentita se soltanto, e senza prevenzioni di sorta, si rivolga lo sguardo ai “pezzi”, che fanno mostra di sé, non esclusivamente nei musei ma altresì tra le raccolte private dei collezionisti. Come pure nelle riproduzioni fotografiche che costituiscono gli apparati, le tavole di numerose pubblicazioni che si presentano, oltre tutto, come gioielli di particolare finezza dell’arte tipografica che, sin dalla propria genesi nella Germania del 1450, precisamente a Magonza, ad opera di Giovanni Gùtemberg (1400 c. – 1468), ha costituito il naturale medium per proporre al pubblico, in maniera pressoché icastica, tutto quello che, senza l’ausilio dell’immagine stampata, si sarebbe presentato come privo di corpo, facendo perdere parte del proprio fascino agli oggetti descritti. E, quindi, proposti all’attenzione critica dei fruitori. Felicemente, sulle orme del pedagogista mòravo, Comenius –latinizzazione dell’italiano Comenio– (1571 – 1670) che, per primo, nel suo Orbis rerum sensualium pictus, volle fornire consistenza alle proprie teorie educative, illustrandole con immagini di alta suggestione emotiva e di interessante didascalicità.

Tutto questo, per segnalare una emozionante avventura dell’intelletto e del cuore e una pubblicazione di recente apparsa tra le sempre più accattivanti produzioni editoriali che inondano, letteralmente, il mercato della stampa. Che possiede i suoi templi di culto nelle librerie che punteggiano con la propria luminosità di astri occhieggianti, sì da irraggiare di sapere e di bellezza le arterie urbane sulle quali prospettano le vetrine onuste di scienza e di letteratura. Emblematico risulta, per tanto, il caso de Il Gattopardo, lo strepitoso romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che, semplicemente esposto nella libreria, a Palermo, di Salvatore Fausto Flaccovio, prese dopo l’insolita “prima”, l’abbrivo deciso verso l’Italia e verso l’intero pianeta, senza una purchessia tradizionale, consueta presentazione al pubblico, divenendo il capolavoro assoluto, maggiormente seducente, dell’intera storia letteraria italiana del XX secolo. Le cui qualità intrinseche, linguistiche e di scrittura, ma in special modo per il tono narrativo ad esso connaturato, in fecondo coniugio con gli accadimenti evenemenziali narrati nelle sue pagine – le reazioni e le ragioni di un altissimo esponente dell’intera classe aristocratico-egemonica, nella Sicilia dell’Ottocento, il principe di Salina, don Fabrizio Corbèra, nel momento cruciale, decisivo della scomparsa del regime borbonico, allorchè dovette cedere, obtorto collo, il passo all’ordine istituzionale-politico della monarchia sabauda– hanno plasmato uno dei best-seller di respiro mondiale su cui possa, senza dubbio alcuno, contare la produzione in prosa dell’Italia contemporanea in una coinvolgente prospettiva, dai tratti quasi architettonici, del sapere e della bellezza.

La collezione che, per l’intelligente trasmissione dell’arte della ceramica, è stata “raccolta” nelle pagine del volume, non ha necessità alcuna di essere presentata e, definita, a sua volta, con uno spreco di sostantivi, di aggettivi, per delinearne il crisma storico-artistico. È semplicemente bastevole affermare come essa sia una clamorosa testimonianza di vita e di studio e destinata a provocare scalpore, tanta e tanto assoluta si presenta la fattura artistica dei manufatti che la innervano con formale sagacia e benevolente sapienza.

"L’evoluzione dell’arte ceramica in Italia in Collezione Tondolo. Secoli XIV – XX", è il titolo del ponderoso volume che conta, nella persona di Anna Lucia Tempesta, del museo “Sigismondo Castromediano” di Lecce, l’autrice colta e consapevolmente esperta nello studio della fattura e degli stilemi delle terrecotte, secondata, nella specifica pubblicazione, dai tipi editoriali di Mario Congedo, di Galatina, in Terra d’Otranto, una cittadina del basso Salento molto nota. In special modo, per la prestigiosa presenza, nel sito urbano, della fantasmagorica basilica di Santa Caterina d’Alessandria, Vergine e Martire nel 312, eretta per volere del principe Giovanni Antonio Orsini del Balzo che, negli anni seguenti, capeggerà la cosiddetta congiura dei Baroni (1485) contro il sovrano di Napoli, il re Ferdinando I d’Aragona, detto anche Ferrante (1431 – 1494). Che, in seguito, si vendicherà del grave affronto subito, ordinando che il feudatario fellone venisse soffocato. Omicidio che avvenne nel castello di Altamura, in Terra di Bari, il 13 novembre del 1463.

La stupefacente raffinatezza dei pezzi ricompresi nella pubblicazione, accentua, se ce ne fosse ulteriore necessità, un prezioso modo di vita, una quotidianità esistenziale, che pongono al centro del vissuto delle età andate, il messaggio che proviene direttamente dall’umanesimo e dal rinascimento, le due correnti artistiche e filosofico-letterarie che, ponendo al centro dell’interesse della realtà di tutti i giorni l’uomo e la sua capacità esperienziale, che, sulle orme della civiltà classica, hanno esaltato la fons della libertà di pensiero e la contezza delle sue azioni, che riposano nel rivoluzionario messaggio evangelico contemplante, in maniera speculare, la coalescenza sinergica della tradizione latina e cristiana, coniugata, senza jato alcuno, con lo slancio vitale insito nella riflessione proveniente dalle innumeri sfaccettature dell’analisi teologico-filosofica di san Tommaso d’Aquino e, in seguito, secondata dalla somma lezione impartita da Giambattista Vico, nelle pagine dei suoi Principii di una Scienza Nova, che costituiscono l’immortale monumento, insieme con il De antiquissima Italorum sapientia, lo spartiacque dirimente tra due tipi di indagine speculativa, tra due mondi mentali spesso contrapposti e talvolta pure in conflitto.

Esaltare le articolazioni che forniscono una essenziale connessione alla collezione significa soltanto, va da sé, che colui che ha avuto la pazienza e l’intelligenza d’amore di sostanziare in un amalgama esaltante ed organico, una seducente sequenza di boccali, piatti, albarelli, acquasantiere, brocche, bacinelle, acquamanili provenienti dalle più significative botteghe italiche di maiolica: Castelli, Deruta, Faenza, Laterza, Montelupo – dal Trecento al Novecento -, componendo, “una tra le più grandi ed organiche collezioni private italiane di maioliche e ceramiche moderne” che fanno del dottore Riccardo Tondolo, questo il nome del collezionista, della città di Bari, il dominus di un intero pianeta artistico in cui mai esiste uno spazio purchessia concesso all’arbitrarietà, alla faciloneria ma soprattutto ricondotto ad un unicum che sospinge al riconoscimento della identità, all’orgoglio culturale dell’appartenenza, attraverso un percorso intellettuale mai stucchevole, mai conformistico, mai rapsodico: sempre, però, armonicamente consapevole. Sempre straordinariamente elegante. Come un disinteressato, generoso mecenate toscano perennemente catturato dalle vivide esplosioni d’arte dello stupendo mondo, rinascimentale e moderno, dell’Italia, che da sempre ha dettato cultura in un insieme di intuizioni e di saperi che l’hanno sempre posta all’attenzione di tutto l’orbe civile, passato e contemporaneo. Onore, dunque, alla meritorietà, alla virtù di Riccardo Tondolo, esponente della cultura pugliese, la cui famiglia rivendica radici senesi, che, con la propria apertura mentale, ampiamente testimoniata da questo eclatante catalogo, che può bene e a ragione, essere considerato come un eccellente bijoux dell’arte tipografica italiana – salentina, in particolare – che ha voluto consegnare con esso, a tutti i lettori, un brano squillante del suo amore per il bello e la cultura ai quali si è abbeverato; di cui, lungo il corso della sua vita di intrapresa e di azione, si è fatto interprete e signorile mallevadore.

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